Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10667 del 04/05/2010

Cassazione civile sez. III, 04/05/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 04/05/2010), n.10667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2336-2009 proposto da:

MERCANTILE LEASING S.P.A., appartenente al Gruppo bancario Banca

Italease e soggetta a direzione e coordinamento da parte di Banca

Italease S.p.A., in persona del Vice Presidente del Consiglio di

Amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 297, presso lo studio dell’avvocato MONACO ANTONIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CAMERINI RUGGERO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MERULANA

141, presso lo studio dell’avvocato VENTURINI ANTONFRANCESCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GENTILI VALTER, giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

B.L.A., B.L., elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA MERULANA 141, presso lo studio dell’avv.

ANTONFRANCESCO VENTURINI, che le rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 957/2007 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, del

16/5/07, depositata il 30/11/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 30/11/2007 la Corte d’Appello di Brescia respingeva il gravame interposto dalla società Mercantile leasing s.p.a. nei confronti della sentenza del Tribunale di Bergamo di rigetto della domanda di declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’alienazione di due unità immobiliari, site in Comune (OMISSIS), effettuate dal sig. B.M. in favore delle sigg.re L.A. e B.L., giusta contratto a rogito notaio Nossa di Calusco d’Adda trascritto in data (OMISSIS).

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Mercantile leasing s.p.a. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi.

Con il 1^ MOTIVO denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., art. 2901 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 2^, il 3^ ed il 5^ MOTIVO denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 4^ MOTIVO denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2901 c.c., art. 115 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Resiste con controricorso il B..

Il ricorso appare in parte inammissibile e in parte infondato.

Avuto anzitutto riguardo all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366- bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, va osservato come l’art. 366-bis c.p.c. disponga che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Al riguardo le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che in caso di proposizione di motivi di ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi affinchè non risulti elusa la ratio dell’art. 366-bis c.p.c. deve ritenersi che tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati, con la conseguenza che, ove il quesito o i quesiti formulati rispecchino solo parzialmente le censure proposte, debbono qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati, dovendo la decisione della Corte di cassazione essere limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l’illustrazione (v. Cass., Sez. Un., 9/3/2009, n. 5624).

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 1711/2007, n. 15949).

Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), i quesiti relativi a tutti i motivi risultano in particolare nel caso formulati in termini tali da risultare invero non riferibili alla fattispecie e comunque assolutamente generici, sforniti pertanto di collegamento tale da consentire, in base alla sola lettura dei medesimi (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr.

Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064).

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), tanto più non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza, laddove viene fatto richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito (es., il contratto di locazione finanziaria; l’atto di appello; gli atti di vendita de guibus; la vendita di beni, gravati da ipoteca volontaria;

la trascrizione della domanda revocatoria; la vendita contestuale di una pluralità di beni; le carte processuali; l’ammissione di detta società alla procedura di concordato preventivo; le visure immobiliari depositate sub doc. n. 7, 8, 9, 11, 12 e 13 del fascicolo di parte di primo grado; le esistenti e sopravvenute circostanze di fatto; le numerose ed ingenti garanzie personali prestate negli anni 1997-1998; la complessa e onerosa situazione patrimoniale, nell’aprile 1999 … (cfr. pagina 6 del rogito, doc. n. 8); la vendita dei quattro appartamenti alle quattro figlie; il valore dei beni; la relativa identificazione catastale; la prova per testimoni;

le risultanze dell’interrogatorio formale delle convenute), senza invero debitamente riportarli nel ricorso.

Quanto al vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366-bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366-bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso i motivi del ricorso non recano invero la chiara indicazione – nei termini più sopra indicati – delle ragioni dei denunziati vizi di motivazione, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza.

Non può infine sottacersi che in base a principio consolidato in giurisprudenza di legittimità la violazione dell’art. 115 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – e non anche come nella specie in termini di violazione di legge – dovendo emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (v. Cass., n. 24755 del 2007; Cass., 20/6/2006, n. 14267; Cass., 12/2/2004, n. 2707).

I motivi in questione si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che le parti hanno presentato memoria;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, non infirmate dalle osservazioni dalla ricorrente esposte nella memoria, sostanziantesi nella dedotta irrilevanza della chiara indicazione del fatto controverso là dove si lamenta vizio di motivazione e nella idoneità dei formulati quesiti di diritto e dei motivi;

considerato che, alla stregua di quanto indicato nella relazione, sia i quesiti sia la chiara indicazione delle ragioni del denunziato vizio di motivazione risultano in effetti formulati in termini strutturalmente e funzionalmente inidonei, atteso, da un canto, che i quesiti di diritto risultano non recare invero l’indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui il giudice li ha decisi e della diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso avrebbe dovuto essere viceversa asseritamente risolto, appalesandosi altresì formulati in termini generici ed astratti, privi pertanto di specifico riferimento alla fattispecie concreta in esame idoneo a consentire circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto, dovendo in particolare ribadirsi il principio secondo cui è inammissibile il ricorso (anche) allorquando il quesito posto a conclusione del motivo sia come nella specie formulato in modo implicito, sì da dovere essere ricavato per via di interpretazione dal giudice, o in modo tale da richiedere alla Corte un inammissibile accertamento di fatto, o in modo del tutto generico (cfr., in particolare, Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360); da altro canto, che anche la chiara indicazione delle “ragioni” del denunziato vizio di motivazione risulta formulata in termini difformi dal relativo schema delineato dalla giurisprudenza di legittimità e riportato nella relazione, non contenendo la sintetica e riassuntiva indicazione a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria;

atteso che – come esposto nella relazione- la mancata osservanza dello schema di relativa redazione delineato da questa Corte (in particolare v. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36) rende nel caso il quesito inidoneo a consentire, in base alla sua sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433;

Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658;

Cass., 7/4/2009, n. 8463), di evincere in termini esaustivi termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645;

Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360) e di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), non essendo d’altro canto l’art. 366 bis c.p.c. suscettibile di essere interpretato nel senso che il quesito di diritto possa (e a fortiori debba) desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258);

osservato che l’inidonea formulazione sia del quesito di diritto che della “chiara indicazione” delle “ragioni” del denunziato vizio di motivazione equivale alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide invero anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. Un., 25/11/2008. n. 28054; Cass. Sez. Un., 30/10/2008, n. 26020), (anche) in tal caso rimanendo altrimenti vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444);

ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;

considerato che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00 (di cui Euro 3.000,00 per onorari) in favore del sig. B.M., oltre a spese generali ed accessori come per legge; e complessivi Euro 3.200,00 (di cui Euro 3.000,00 per onorari) in favore delle sigg.re B.L.A. e L., oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2010

 

 

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