Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10665 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/04/2021, (ud. 28/10/2020, dep. 22/04/2021), n.10665

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14698/2013 R.G. proposto da

Logistica Umbra Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Mariani Marco,

presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma Piazza

Barberini n. 12, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Umbria n. 204/1/12, depositata il 4 dicembre 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 ottobre

2020 dal Consigliere Fuochi Tinarelli Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Logistica Umbra Srl impugna per cassazione, con due motivi, la sentenza della CTR dell’Umbria in epigrafe che, confermando la decisione della CTP di Perugia, aveva, previa riunione, rigettato i ricorsi proposti avverso gli avvisi di accertamento per Iva ed Ires per gli anni dal 2005 al 2007, con i quali l’Agenzia delle entrate, ritenute minori componenti negative di reddito, riduceva la perdita dichiarata nei singoli esercizi e il credito Iva maturato, indebitamente detratto. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

La contribuente deposita altresì memoria ex art. 380.bis.1 c.p.c.. CONSIDERATO

Che:

1. Il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione di legge sub specie del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 5, dell’art. 2697 c.c., del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Difetto di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4” con riguardo alle imposte dirette.

Il secondo motivo, dedotto immediatamente e senza soluzione di continuità, denuncia “violazione e falsa applicazione di legge sub specie del D.P.R. n. 633 del 1973, artt. 19 e 54, dell’art. 2697 c.c., del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Difetto di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, con riguardo all’Iva.

2. I motivi – ovvero l’unica complessiva doglianza attesa l’unicità sostanziale delle censure, formulate sulla medesima questione della inerenza per le imposte dirette e per l’Iva – sono inammissibili e per più ragioni.

2.1. Va sottolineato, in primis, che il ricorso fa seguire un’unica e indistinta disamina cumulativa del complesso delle censure, con argomentazioni che attingono, al contempo, a violazioni di legge (in ordine sparso e per i più vari profili: inerenza, requisiti D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 21, deducibilità dei costi, onere della prova), alla sufficienza e congruità della motivazione, all’asserito error in procedendo per difetto della motivazione stessa (denunciato in rubrica ma articolato solo come “scarsa”), con un intreccio inestricabile e tale, dunque, da costituire, da un lato, una negazione della regola della chiarezza e, dall’altro, da richiedere un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (v. ex multis Cass. n. 18021 del 14/09/2016).

2.2. Le censure, in secondo luogo, sono del tutto carenti in punto di autosufficienza, nulla avendo il ricorrente riprodotto quanto alla documentazione asseritamente rilevante.

2.3. Quanto alla denunciata insufficienza motivazionale, inoltre, la censura è comunque inammissibile, non essendo più proponibile ex art. 360 c.p.c., n. 5, ratione temporis applicabile, trattandosi di decisione pubblicata in data 4 dicembre 2012.

2.4. Le doglianze, infine, neppure attingono al fondamento della decisione.

Invero, la CTR, con una dettagliata e puntuale analisi sulle singole fatture, spese e costi (spesso neppure documentati dal contribuente), ha sì concluso che essi erano palesemente estranei all’attività d’impresa ed obbiettivamente non riferibili alla stessa.

Prima ancora, tuttavia, il giudice d’appello aveva evidenziato che non era neppure chiaro quale fosse l’attività della società (ancorchè essa, stando alle affermazioni dei responsabili, “si occuperebbe della gestione delle merci per conto terzi”), sottolineando l’inconsistenza delle attività del triennio (una sola fattura attiva di Euro 125,00; mentre per le passività vi erano fatture “per consulenze non specificate nè supportate da altra documentazione precontrattuale, nè lettere di intenti, nè altre corrispondenze”).

Orbene, la complessiva censura si limita a una lunga, e astratta, esposizione sul principio di inerenza, senza neppure porre in discussione, tuttavia, l’accertata indeterminatezza e opacità della stessa attività dell’impresa, parametro necessario ai fini della stessa formulazione del giudizio di inerenza.

3. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Le spese sono liquidate, come in dispositivo, per soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna Logistica Umbra SrI al pagamento delle spese a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in complessive Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

 

 

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