Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10665 del 03/05/2010

Cassazione civile sez. I, 03/05/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 03/05/2010), n.10665

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – rel. Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via

Celimontana n. 38, presso l’avv. PANARITI Paolo, che unitamente

all’avv. Carmine Aiello lo rappresenta e difende per procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del ministro in carica,

elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente ricorrente incidentale –

avverso il decreto della Corte d’Appello di Roma n. 3704 cron.

pubblicato il 26 aprile 2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 13

aprile 2010 dal Relatore Pres. Dott. Ugo VITRONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 13 novembre 2006 – 26 aprile 2007 la Corte d’Appello di Roma condannava il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 7.500,00 in favore di I.F. a titolo di equa riparazione per la non ragionevole durata del processo da lui promosso dinanzi al Tribunale di Napoli con atto di citazione del 30 aprile 1988, concluso in primo grado con sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, cui la causa era stata trasferita, in data 4 settembre 2001, e in appello con sentenza del 24 giugno 2004, contro la quale pendeva ricorso per cassazione.

Contro il decreto ricorre per cassazione I.F. con quattro motivi.

Resiste il Ministero della Giustizia con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a tre motivi.

Il ricorrente, e per esso defunto l’erede universale L.A. M., ha depositato controricorso per resistere al ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va disposta preliminarmente la riunione dei ricorsi proposti contro il medesimo decreto.

Dev’essere quindi esaminato con priorità il ricorso incidentale in considerazione della natura delle censure proposte dall’Amministrazione.

Il ricorrente principale ne ha eccepito la inammissibilità sotto vari profili.

Rileva, innanzi tutto, la carenza del requisito di autosufficienza mancando l’esposizione sommaria dei fatti di causa e l’indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda;

l’omessa indicazione delle parti del provvedimento cui si riferirebbero le violazioni di legge denunciate; osserva, poi, che le censure contenute nel terzo motivo di ricorso riguarderebbero mere argomentazioni in fatto; che manca l’indicazione del fatto controverso nel quesito relativo al denunciato vizio di motivazione di cui al seconde motivo ed è stato formulato un duplice quesito di diritto al termine del terzo motivo.

Le eccezioni sono destituite di fondamento.

Va considerato, innanzi tutto, che contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente principale, le osservazioni formulate dall’Amministrazione sono precedute da una sintetica esposizione dei fatti di causa (pag. 2 del controricorso) che appare sufficiente alla comprensione della vicenda sottoposta all’esame del giudice tenuto conto della sua modesta portata; inoltre l’indicazione degli atti processuali e dei documenti non costituisce un requisito imposto in via astratta e meramente formale sicchè la sua carenza non rileva tutte le volte che il ricorso, come nella specie, investa il provvedimento impugnato nella sua totalità e non si fondi su particolari documenti il cui esame sia indispensabile ai fini del decidere. Del pari irrilevante appare la mancata precisazione delle parti del provvedimento cui si riferiscono le denunciate violazioni di legge, non ingenerandosi nella specie alcuna incertezza in ordine alla portata delle censure mosse contro l’impugnato provvedimento.

L’esame delle ulteriori eccezioni, relative al secondo e terzo motivo del ricorso incidentale sarà effettuato unitamente a quello dei corrispondenti motivi.

Ciò premesso, con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 132 e 161 cod. proc. civ. e art. 119 disp. att. cod. proc. civ., in relazione al l’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, e si sostiene la nullità del provvedimento impugnato in quanto sotto scritto dal solo presidente del collegio nonostante la natura decisoria da esso rivestita.

La censura non ha fondamento poichè il decreto emesso a norma della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 6, sebbene abbia forma collegiale e natura decisoria, dev’essere sottoscritto dal solo presidente del collegio, senza che sia necessaria la firma del relatore (in senso conforme: Cass. 10 febbraio 2006, n. 2969 e, amplius: Cass. 30 dicembre 2009 n. 27719; vedi anche: Cass. 3 marzo 2000, n. 2381, con riferimento ai decreti in materia di revisione dell’assegno di divorzio).

Col secondo e il terzo motivo, suscettibili di trattazione congiunta, si denuncia il vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia consistente nell’eccezione di prescrizione formulata nel giudizio di merito e della quale manca ogni trattazione nel provvedimento impugnato e, rispettivamente la violazione degli artt. 2934 e 2946 cod. civ. in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3.

Occorre innanzi tutto sgombrare il campo dalle ulteriori eccezioni di inammissibilità relative alla formulazione dei quesiti poichè i due quesiti, ancorchè collocati in calce al terzo motivo, si riferiscono l’una al secondo e l’altra al terzo motivo del ricorso incidentale e non manca l’esatta individuazione del fatto controverso cui si riferisce il dedotto vizio di motivazione.

Va altresì precisato che col secondo motivo si denuncia il vizio di omesso esame in ordine all’eccezione di prescrizione formulata nel giudizio di merito e deve perciò ritenersi del tutto irrilevante, e frutto di mero errore di scrittura, l’indicazione del n. 5 invece che del n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ., come parametro di riferimento della censura in esame.

Superate tutte le questioni attinenti a vizi di forma, il motivo in esame non può trovare accoglimento poichè l’accezione di prescrizione deve ritenersi implicitamente disattesa in considerazione del fatto che la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto non consente la decorrenza del relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo articolo per la proposizione della domanda. Ciò sia per l’incompatibilità tra gli istituti della prescrizione e della decadenza se riferiti al medesimo atto, sia per la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, sia, infine, per il frazionamento della pretesa indennitaria e la conseguente proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte nel caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (Cass. 30 dicembre 2009, n. 27719).

Passando all’esame del ricorso principale con il primo motivo si sostiene che il decreto impugnato avrebbe erroneamente determinato l’eccesso di durata del processo presupposto prendendo in considerazione separatamente le singole fasi in cui esso si è articolato.

La censura, pur formalmente corretta, non può però trovare accoglimento per la sua astrattezza poichè la legge non tutela l’interesse alla mera correttezza formale procedimento e, nella specie, il ricorrente non ha provveduto a indicare il concreto pregiudizio che a lui sarebbe derivato con particolare riferimento ai tempi decorsi dal passaggio dall’uno all’altro grado di giudizio.

Col secondo motivo viene censurata l’esiguità dell’equa riparazione riconosciuta con riferimento alla palese divergenza dai parametri assunti dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo:

La censura merita accoglimento poichè per una eccedenza temporale di dieci anni va liquidata un’e qua riparazione non inferiore ad Euro 9.250,00 in adesione ai criteri adottati dalla giurisprudenza di questa Corte.

Con il terzo motivo si contesta la statuizione di rigetto dell’indennizzo del danno patrimoniale denunciato dal ricorrente e identificato con l’aggravio delle spese legali conseguente alla non ragionevole durata del processo presupposto.

La censura non può trovare accoglimento in quanto le spese di giustizia del processo presupposto trovano specifica disciplina nell’ambito del procedimento cui accedono e non possono essere fatte valere con autonoma ragione di danno nell’ambito del giudizio di equa riparazione.

Con il quarto ed ultimo motivo viene denunziata la decorrenza degli interessi sulla somma liquidata a titolo di equa riparazione che erroneamente sarebbe stata fissata con riferimento alla data del decreto impugnato.

Il motivo in esame merita accoglimento in adesione al principio generale secondo cui la durata del processo non può comportare un pregiudizio per colui che agisce a tutela delle proprie ragioni (Cass. 8 luglio 2009, n. 16086).

In conclusione, previo rigetto dell’appello incidentale, e del primo e terzo motivo del ricorso principale vanno accolti il secondo e il quarto motivo e, conseguentemente, il decreto impugnato dev’essere cassato nei limiti meglio indicati in motivazione; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto può procedersi alla pronunzia nel merito con l’accoglimento della domanda nei limiti suddetti.

Le spese giudiziali seguono la soccombenza e vanno distratte in favore del procuratore antistatario.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso incidentale e il primo e il terzo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo e il quarto motivo, cassa il decreto impugnato e, pronunciando nel merito, accoglie la domanda nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della maggior somma di Euro 9.250,00 a titolo di equa riparazione con gli interessi dalla domanda e al pagamento delle spese giudiziali che liquida in complessivi Euro 1.850,00. di cui Euro 600,00 per diritto ed Euro 1,200.00 per onorari e in ulteriori Euro 1.550,00, di cui Euro 1450,00 per onorari per il giudizio di cassazione, oltre al rimborso delle spese generali ed accessori di legge e ne dispone la distrazione in favore del procuratore antistatario.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2010

 

 

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