Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10664 del 02/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 02/05/2017, (ud. 24/02/2017, dep.02/05/2017),  n. 10664

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27883/2015 proposto da:

T.F., in proprio nella qualità di accomandatario di GUERRA

FRUIT SAS, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato BERNARDINO

PASANISI;

– ricorrente –

e contro

M.S., V.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 181/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE

SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 20/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/02/2017 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. M.S. e V.A., accomandatari di Guerra Fruit S.a.S., hanno agito in via monitoria nei confronti di T.F., parimenti accomandataria della medesima società, come gli attori per la quota del 33%, chiedendo ingiungersi alla medesima il pagamento della complessiva somma di Euro 32.868,36, assumendo di aver pagato debiti della società nei confronti di due banche, Banco di Napoli e Banca di Taranto, nonchè di Gastaldelli S.r.l. e Alta Frutta S.r.l., per l’importo totale di Euro 98.605,08: e ciò sia in virtù della qualità di accomandataria della T., sia in virtù della sua posizione di confideius sore.

Successivamente M. e V. hanno depositato una memoria con la quale hanno ridotto la loro pretesa a Euro 19.124,36.

Il decreto ingiuntivo è stato rilasciato per tale importo.

2. – La T. ha proposto opposizione deducendo, per quanto rileva, l’insussistenza di un vincolo di confideiussione. Ha anche chiesto ordinarsi alle controparti il rendiconto.

3. – Il Tribunale di Taranto, nel contraddittorio delle parti, ha accolto in parte l’opposizione, escludendo la sussistenza del vincolo di confideiussione per quanto concernente i debiti della società nei confronti dei due istituti di credito. Nondimeno ha condannato la T. al pagamento, in favore di M. e V., della minor somma di Euro 13.744,00, pari alla quota a carico della stessa T. del debito sociale nei confronti di Gastaldelli S.r.l. e Alta Frutta S.r.l..

4. – Interposto appello da parte della T., la quale, con riguardo a quanto ancora interessa, ha sostenuto che l’iniziale domanda, spiegata in dipendenza del pagamento dei debiti in favore di Gastaldelli S.r.l. e Alta Frutta S.r.l., era stata oggetto di rinuncia da parte dei ricorrenti in monitorio, a mezzo della memoria poc’anzi richiamata, esso è stato respinto dalla Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 20 aprile 2015.

La Corte di merito, nella contumacia degli appellati, ha ritenuto che “all’evidenza, e al contrario di quanto ritenuto dall’appellante, la memoria integrativa del 23/6/2010 dei ricorrenti M. e V. (contenente menzione di avvenuta richiesta di “integrazione” del ricorso per decreto ingiuntivo) non reca alcuna rinuncia al pagamento di somme riguardanti estinzione di debiti nei confronti delle due cennate società”, ossia di Gastaldelli S.r.l. e Alta Frutta S.r.l..

5. – Contro la sentenza la T. ha proposto ricorso per due mezzi, con i quali ha lamentato:

– a) Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 5. Omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. b) Nullità del procedimento e violazione di legge ex art. 360, nn. 4 e 3, in relazione all’art. 132 c.p.c., art. 111 Cost. e art. 115 c.p.c.;

Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1362 e 1363 c.c..

Ha in breve sostenuto la T. che la Corte territoriale avrebbe addotto a fondamento della decisione pronunciata, in ordine alla riferibilità della rinuncia, di cui alla citata memoria, al ricorso monitorio concernente la posizione delle due banche e non delle due società a responsabilità limitata, una motivazione inesistente, o comunque soltanto apparente, o comunque palesemente insostenibile, o comunque adottata senza considerare l’intervenuta rinuncia, o comunque fondata sull’erronea interpretazione del contenuto dell’atto di rinuncia.

6. – Il ricorso è palesemente fondato.

Occorre premettere che: “L’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che era stata avanzata, tale statuizione, ancorchè in ipotesi erronea, non può essere censurata per ultrapetizione, atteso che il suddetto difetto non è logicamente verificabile prima di avere accertato l’erroneità della relativa motivazione, sicchè detto errore può concretizzare solo una carenza nell’interpretazione di un atto processuale, ossia un vizio sindacabile in sede di legittimità unicamente sotto il profilo del vizio motivazionale” (Cass. 31 luglio 2006, n. 17451; Cass. 27 ottobre 2015, n. 21874; Cass. 27 gennaio 2016, n. 1545).

Vizio motivazionale in questo caso in effetti evidente pur nel quadro di applicazione del vigente dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Ed infatti.

M. e V. hanno inizialmente richiesto, con il ricorso per decreto ingiuntivo, la complessiva somma di Euro 98.605,08, così composta: a) Euro 16.373,08 in favore del Banco di Napoli; b) Euro 41.000,00 in favore della Banca di Taranto; c) Euro 27.000,00 in favore di Gastaldelli S.r.l.; d) Euro 14.232,00 in favore di Alta Frutta S.r.l..

Con memoria successiva hanno richiesto che il decreto ingiuntivo fosse emesso per la minor somma di Euro 19.124,36 con la seguente motivazione: “Si sottolinea, infine, che il credito della società Guastaldelli S.r.l. e Alta Frutta Filippi S.r.l. non è assistito da fideiussione, e che quindi l’importo di cui si richiede l’ingiunzione di pagamento è pari a Euro 19.124,36”.

Orbene, al di là dell’univocità di significato di detta dichiarazione – la quale si risolve in ciò, che, non ricoprendo la T. la posizione di fideiussore, in relazione a detti debiti, neppure poteva spiegarsi nei suoi confronti l’azione di regresso introdotta contro di lei -, sarebbe bastato, a riprova del piano ed univoco significato illustrato, fare un’elementare calcolo, e cioè verificare che la somma infine domandata, pari a Euro 19.124,36, corrispondeva ad un terzo della somma dei debiti estinti nei confronti delle due banche, ossia Euro 16.373,08 in favore del Banco di Napoli e Euro 41.000,00 in favore della Banca di Taranto, per un totale (parziale) di Euro 57.373,08, che, divisi per tre danno per l’appunto l’importo richiesto a seguito della riduzione operata.

E’ cioè incontrovertibile che M. e V., con la memoria poc’anzi richiamata, hanno rinunciato alla pretesa nei confronti di Gastaldelli S.r.l. e Alta Frutta S.r.l., riducendo conseguentemente la propria pretesa: ne discende che erroneamente la Corte d’appello ha confermato la sentenza del Tribunale, laddove aveva condannato la T. al pagamento di Euro 13.744,00, relativa alla quota di sua pertinenza del debito della società nei confronti di Gastaldelli S.r.l. e Alta Frutta S.r.l., essendo intervenuta rinuncia (già nella fase monitoria) alla relativa domanda. La Corte d’appello, in definitiva, ha pronunciato una condanna cui gli stessi originari ricorrenti avevano rinunciato.

La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti e, potendosi decidere nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., la domanda spiegata in via monitoria da M. e V. nei confronti della T. è respinta.

7. – Il complessivo esito del giudizio, tenuto conto della controdomanda di rendiconto della T. definitivamente respinta, e considerata altresì la condotta processuale degli iniziali attori in monitorio, che non hanno resistito alle impugnazioni, giustifica compensazione integrale delle spese di lite.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda spiegata in via monitoria da M. e V. nei confronti della T., compensando integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2017

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