Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10661 del 03/05/2010

Cassazione civile sez. I, 03/05/2010, (ud. 07/04/2010, dep. 03/05/2010), n.10661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12490/2006 proposto da:

D.M.C. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 1, presso l’avvocato DE PAOLA

Gabriele, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositato il

28/02/2005, n. 1067/04 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/04/2010 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RICCARDO FUZIO che chiede che la Corte, in Camera di consiglio,

accolga il ricorso per manifesta fondatezza, con le conseguenze di

legge.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Genova, con decreto emesso il 28 febbraio 2005, rigettò la domanda di equo indennizzo che il sig. D.M.C. aveva proposto lamentando l’eccessiva durata di un giudizio da lui intrapreso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana al fine di vedersi riconosciuta un’ indennità pensionabile.

La corte genovese, pur avendo riconosciuto eccessiva la durata del processo svoltosi davanti al giudice amministrativo, protrattosi per circa otto armi, ritenne non sussistessero le condizioni per l’indennizzo preteso dal ricorrente, in quanto costui aveva agito unitamente ad altri attori nell’ambito di un’iniziativa presumibilmente patrocinata da organizzazioni sindacali, aveva avanzato una domanda di assai dubbia fondatezza e non aveva comunque offerto prova alcuna del lamentato danno non patrimoniale.

Per la cassazione di tale provvedimento il sig. D.M. ha proposto ricorso, articolato in tre motivi, ai quali l’amministrazione intimata ha resistito con controricorso.

Il Procuratore generale, ritenendo il ricorso manifestamente fondato, ne ha chiesto l’accoglimento con procedura camerale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Nei tre motivi di ricorso, che possono esser esaminati congiuntamente, oltre alla denuncia di vizi di motivazione dell’impugnato decreto, si lamenta la violazione dell’art. 6, paragrafo 1 della Convenzione sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e della L. n. 89 del 2001, art. 2.

Il ricorso è manifestamente fondato e va pertanto accolto.

E’ ormai acquisito il principio per il quale dalla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo deriva come conseguenza normale il danno non patrimoniale, indennizzabile ai sensi della citata L. n. 89 del 2001, senza che perciò il ricorrente sia gravato da un più specifico e determinato onere di prova a tal riguardo (Sez. un. 26 gennaio 2004, n. 1338).

E’ del pari indiscutibile che sul diritto all’indennizzo per l’eccessiva durata di un processo non incide la maggiore o minore fondatezza delle tesi fatte valere in quel processo dalla parte, a meno che non sia configurabile una vera e propria situazione di male fede processuale, o comunque una piena e dimostrata consapevolezza nella parte dell’infondatezza dell’assunto da essa sostenuto in giudizio. La sola circostanza che tale assunto possa essere considerato, a posteriori, manifestamente infondato non basta dunque ad escludere il diritto all’indennizzo per la durata irragionevole del processo.

Il fatto, poi, che la causa della cui durata di discute sia stata promossa dal ricorrente unitamente ad altri soggetti e che la sua promozione possa esser stata patrocinata da organizzazioni volte alla tutela di interessi collettivi non vale certo a mettere in discussione il diritto di ciascun singolo attore a che la causa stessa sia definita in tempi ragionevoli, nè quindi può essere addotto per negare l’indennizzabilità del danno non patrimoniale sofferto in conseguenza della compressione di tale diritto.

L’impugnato decreto deve pertanto essere cassato, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, che deciderà adeguandosi ai principi sopra enunciati e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, demandandole di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2010

 

 

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