Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1066 del 17/01/2019

Cassazione civile sez. III, 17/01/2019, (ud. 20/07/2018, dep. 17/01/2019), n.1066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8338/2017 proposto da:

B.P.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

EUGENIO CISTERNA 44, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO ALESSIO,

che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

REPUBBLICA ITALIANA, in persona del Presidente del Consiglio dei

Ministri pro tempore, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI in

persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore,

domiciliate ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono rappresentate e

difese per legge;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 6132/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/07/2018 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

B.D. conveniva in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, esponendo di essersi laureata in medicina e chirurgia per poi specializzarsi in reumatologia, presso l’Università la Sapienza di Roma, tra il 1980 e il 1984. Chiedeva la condanna della controparte al pagamento di una somma equivalente alla giusta retribuzione non percepita per il periodo di frequenza della scuola di specializzazione riconosciuta dalla normativa dell’unione Europea, quale infine prevista dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, in tardiva e incompleta attuazione delle direttive CEE n. 75/362, 75/363, 82/76, 93/16, ovvero, in subordine, della stessa somma a titolo di indebito arricchimento;

il tribunale rigettava la domanda accogliendo l’eccezione di prescrizione quinquennale sollevata dai convenuti, con pronuncia riformata sul punto dalla corte di appello che richiamava la giurisprudenza di legittimità secondo cui la prescrizione era decennale – da inadempimento di una specifica obbligazione “ex lege” di natura indennitaria stante l’antigiuridicità alla stregua del solo ordinamento comunitario – decorrente dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore della L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, che aveva solo parzialmente colmato la lacuna determinando la borsa di studio spettante ai soli beneficiari, anteriori al recepimento dell'”acquis communautaire”, che fossero stati riconosciuti tali delle sentenze irrevocabili del giudice amministrativo. La corte territoriale, però, disattendeva le domande nel merito, rilevando che nessun obbligo risarcitorio poteva spettare alla ricorrente in quanto aveva iniziato il corso, da valutare nella sua unitarietà, anteriormente al 31 dicembre 1982, termine ultimo per il recepimento della normativa dell’Unione Europea in parola;

avverso questa decisione ricorre per cassazione B.D., formulando due motivi;

resiste con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha depositato altresì memoria;

Rilevato che:

con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione del primato del diritto comunitario, costituito dalle direttive CEE n. 75/362, 75/363, 82/76, 93/16, e la violazione del principio di applicazione della normativa sopravvenuta al rapporto giuridico non ancora esaurito, poichè la corte di appello, rilevando il descritto discrimine temporale, avrebbe indebitamente limitato l’applicazione della normativa Eurounitaria;

con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,345 c.p.c., poichè la corte di appello avrebbe rilevato d’ufficio la questione dell’immatricolazione precedente al termine di recepimento delle direttive, in violazione del principio dispositivo;

Rilevato che:

il secondo motivo, da scrutinare prioritariamente per ragioni logiche, è infondato, discutendosi di un elemento costitutivo della fondatezza della domanda, la cui carenza è quindi rilevabile dal giudice (cfr. Cass., 11/02/2013, n. 3218, punto 6.2);

il primo motivo è infondato, atteso quanto segue;

come noto, la (allora) Comunità Europea nel 1975 volle dettare norme uniformi per “agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di medico”, e lo fece con due direttive coeve: la direttiva 75/362/CEE e la direttiva 75/363/CEE, ambedue del 16.6.1975;

la prima sancì l’obbligo per gli Stati membri di riconoscere l’efficacia giuridica dei diplomi rilasciati dagli altri Stati membri per l’esercizio della professione di medico; la seconda dettò i requisiti minimi necessari affinchè il suddetto riconoscimento potesse avvenire, tra i quali la durata minima del corso di laurea e la frequentazione a tempo pieno di una “formazione specializzata”;

l’una e l’altra di tali direttive vennero modificate qualche anno dopo dalla Direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982;

l’art. 13 di tale ultima direttiva aggiunse alla Direttiva 75/363/CEE un “Allegato”, contenente le “caratteristiche della formazione a tempo pieno (…) dei medici specialisti”;

l’art. 1, comma terzo, ultimo periodo, di tale allegato sancì il principio per cui la formazione professionale “forma oggetto di una adeguata rimunerazione”;

la direttiva 82/76/CEE venne approvata dal Consiglio il 26.1.1982; venne notificata agli Stati membri (e quindi entrò in vigore) il 29.1.1982, e venne pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. L43 del 15.2.1982; l’art. 16 della medesima direttiva imponeva agli Stati membri di conformarvisi “entro e non oltre il 31 dicembre 1982”;

pertanto:

(a) l’ordinamento comunitario attribuì ai medici specializzandi il diritto alla retribuzione a far data dal 29.1.1982;

(b) gli stati membri avevano tempo sino al 31.12.1982 dello stesso anno per dare attuazione al precetto comunitario;

ne consegue che “qualsiasi formazione a tempo pieno come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata”, così come stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, con sentenza 24 gennaio 2018, in causa C-616/16, Presidenza del Consiglio c. Pantuso;

la medesima sentenza ha precisato che, per coloro che hanno iniziato i corsi di specializzazione durante l’anno 1982, la remunerazione adeguata deve essere corrisposta per il periodo di formazione a partire dal 1 gennaio 1983 fino alla conclusione, dal momento che prima di tale data gli Stati membri avevano la facoltà di dare o non dare attuazione alla direttiva;

la Corte di giustizia – nella sentenza appena ricordata, che ha valenza di “ius superveniens” rilevabile come tale pure in sede di rinvio (Cass., 12/09/2014, n. 19301, Cass., 09/10/1998, n. 10035) – ha dunque distinto tre categorie di specializzandi:

1) quelli che hanno iniziato la specializzazione prima del 29 gennaio 1982 (data di entrata in vigore della direttiva 82 del 1976), i quali non hanno diritto ad alcuna remunerazione;

2) quelli che hanno iniziato la specializzazione nel corso dell’anno 1982, i quali hanno diritto alla remunerazione a partire dal 1 gennaio 1983;

3) quelli che hanno iniziato la specializzazione dopo il 1 gennaio 1983, i quali hanno diritto alla remunerazione per l’intera durata del ricorso (Cass., sez. 3, ordinanza n. 13761 del 31/05/2018; ordinanza n. 13762 del 31/05/2018; sez. 3, ordinanza n. 13763 del 31/05/2018);

ciò è coerente, invero, con la correlazione tra compenso e organizzazione nonchè frequenza dei corsi secondo i canoni stabiliti, presente nella e dalla direttiva del 1982, entrata in vigore nel gennaio dello stesso anno (cfr. punto 30 della citata sentenza della Corte di giustizia);

ciò è coerente, cioè, con il generalissimo principio di ultrattività della previsioni normative che costituiscano nuovi diritti rapportati a un nuovo regime che li giustifichi (ed è opportuno precisare che, sebbene i casi sottesi al rinvio pregiudiziale di questa Corte siano stati indicati dalla stessa Corte di giustizia come di medici specializzati tra il 1982 e 1990, il quesito del rinvio medesimo è stato ampio e volto a quindi chiarire compiutamente ogni perimetro – cfr. punti 17 e 24 della sentenza della Corte di giustizia – sicchè il reiterato riferimento ai corsi iniziati nel 1982, fatto dal Collegio sovranazionale, anche nel corpo della motivazione del provvedimento in parola, è univocamente concludente in tal senso);

nel caso di specie in cui è la stessa parte ricorrente a indicare di aver iniziato il corso di specializzazione nel 1980, sicchè ne consegue il rigetto, così precisandosi la motivazione della sentenza gravata;

le spese vanno compensate attese le progressive precisazioni della giurisprudenza anche sopranazionale.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2019

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