Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10658 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/06/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 05/06/2020), n.10658

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3962-2018 proposto da:

V.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DANTE DE

BLASI 98 SC. A INT. 7, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE

MARRONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUISA MARRONE giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS);

– intimato –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di AVELLINO, depositata il

13/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/12/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

L’avvocato V.A., assumendo di avere svolto l’incarico di difensore di fiducia di C.C., S.S. e L.R.S., tutti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, nel procedimento penale svoltosi dinanzi al Tribunale di Avellino e conclusosi con sentenza n. 1555/2003 depositata il 20 aprile 2004, formulava domanda di liquidazione dei compensi dovutigli, che però era respinta con decreto del 21 marzo 2017.

A seguito di opposizione il Tribunale con ordinanza del 14/12/2017 confermava il provvedimento impugnato, ritenendo di dover rilevare d’ufficio la prescrizione presuntiva del credito azionato, atteso che il procedimento per il quale era chiesto il compenso si era concluso tra il 2004 ed il 2005, mentre le uniche richieste di pagamento formulate dal richiedente, che risultavano effettivamente depositate in cancelleria recavano la data del 6 dicembre 2006 e del 10 marzo 2016.

In tal senso, il provvedimento riteneva di poter appunto rilevare d’ufficio la prescrizione presuntiva del credito vantato dal difensore della parte ammessa a patrocinio a spese dello Stato, in quanto trattasi di credito rientrante nel novero delle obbligazioni pubbliche (o di diritto pubblico) nelle quali il rapporto assume rilievo non solo tra le parti ma anche nei confronti dell’intera collettività, dovendosi far fronte al pagamento con denaro dei contribuenti.

Ne consegue che al giudice al quale è demandata la liquidazione, è affidato il compito anche di verificare la ricorrenza ed attualità dei presupposti del diritto vantato, tra cui rientra anche quello della maturata prescrizione, dovendosi altresì escludere che il Ministero, che non è parte del procedimento di liquidazione, possa sollevare la relativa eccezione.

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione V.A. sulla base di tre motivi.

Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese in questa fase. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2946 e 2956 c.c., nella parte in cui il Tribunale ha reputato applicabile l’istituto della prescrizione presuntiva anche nei confronti dei crediti invocati verso lo Stato, trattandosi di soluzione del tutto incompatibile con le regole di contabilità pubblica.

Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2938 c.c., laddove la detta prescrizione presuntiva è stata reputata rilevabile d’ufficio, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità che reputa anche in tal caso necessaria l’eccezione di parte.

Il terzo motivo denuncia la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82, degli artt. 2946, 2954 c.c. e ss., avendo il giudice dell’opposizione ritenuto che fossero venuti meno i presupposti che legittimano il provvedimento richiesto dal ricorrente.

I tre motivi che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione sono fondati.

Rileva il ricorrente che erroneamente è stata rilevata d’ufficio la prescrizione presuntiva del credito vantato dall’opponente, in spregio di quanto previsto per la prescrizione dall’art. 2938 c.c., che prevede che trattasi di eccezione in senso stretto, con una disposizione ritenuta applicabile anche alla prescrizione presuntiva.

Inoltre la mancata prescrizione, diversamente da quanto opinato dal Tribunale, non è un fatto costitutivo del credito ma un successivo fatto estintivo, il cui rilievo è rimesso al monopolio del convenuto.

Inoltre non deve trascurarsi che la ratio delle prescrizioni presuntive, che risiede nel fatto che in relazione a determinati rapporti quotidiani, il pagamento avvenga nell’immediato, potendosi quindi presumere l’avvenuto pagamento per il decorso del tempo, non si estende alle obbligazioni dello Stato, che, pur quando non sia previsto un contratto in forma scritta, sono assoggettate a determinate formalità, anche per quanto attiene alla fase del pagamento.

Rileva il Collegio che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui anche le prescrizioni presuntive sono sottoposte al divieto del rilievo d’ufficio da parte del giudice (cfr. Cass. n. 5959/1996), essendosi altresì precisato che l’eccezione debba essere specifica, non potendosi a tal fine estendere l’eccezione di prescrizione estintiva alla diversa ipotesi della prescrizione presuntiva (cfr. Cass. n. 16486/2017).

La natura pubblica del debitore non appare quindi idonea ad incidere su tale regola, dovendosi quindi ritenere erronea la soluzione alla quale è pervenuto il giudice di merito, occorrendo altresì rilevare che quanto alla deducibilità dell’eccezione da parte del debitore, inizialmente non partecipe del procedimento di liquidazione, la stessa sia assicurata tramite il rimedio dell’opposizione, una volta che il decreto di liquidazione sia stato portato a conoscenza del debitore per l’esecuzione.

Del pari meritevoli di accoglimento appaiono le deduzioni del ricorrente quanto all’incompatibilità a monte tra l’eccezione di prescrizione presuntiva ed il credito oggetto di causa.

Ed, infatti, come già rilevato da questa Corte nella pronuncia n. 30539/2017, avente ad oggetto la richiesta di un avvocato che aveva svolto la propria attività professionale a favore di un collaboratore di giustizia, con i relativi oneri a carico del Ministero dell’Interno, l’istituto de quo è inapplicabile nei casi in cui il credito sia vantato nei confronti di un’amministrazione dello Stato e più precisamente nei confronti di un Ministero.

A tal fine, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che (cfr. Cass. n. 1304/1995) la presunzione di pagamento prevista dagli artt. 2954, 2955 e 2956 c.c., va applicata solo a quei rapporti che si svolgono senza formalità, in relazione ai quali il pagamento suole avvenire senza dilazione nè rilascio di quietanza scritta e non opera quando il diritto, di cui si chiede il pagamento, scaturisce da un contratto stipulato per iscritto. Di conseguenza esula dalla previsione della norma di cui all’art. 2956 c.c., n. 2, il credito verso un Comune nascente da contratto scritto, atteso che detto ente, a norma del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 324 e 325, può effettuare pagamenti soltanto mediante mandati, tramite il proprio tesoriere, che esige quietanza per ogni pagamento (conf. Cass. n. 244/1971). Nella fattispecie, essendo il credito vantato nei confronti del Ministero, sottoposto all’applicazione delle regole di contabilità pubblica di cui al R.D. n. 2440 del 1923, art. 55, e del regolamento di contabilità di cui al R.D. n. 827 del 1924, ciò implica che i pagamenti debbano essere improntati ad un rigido formalismo, e che pertanto anche il pagamento in oggetto, in quanto previsto dal D.L. n. 8 del 1991, come posto a carico del Ministero convenuto, non poteva prescindere dalla formale emissione di un mandato di pagamento.

Il rigore formale imposto dalla normativa richiamata costituisce quindi elemento idoneo ad escludere l’invocabilità della previsione di cui all’art. 2956 c.c., la cui ratio si presenta come incompatibile rispetto alle puntuali ed inderogabili prescrizioni di legge in materia di pagamento di debiti dello Stato.

Va pertanto affermato il seguente principio di diritto: In caso di crediti vantati nei confronti dell’Amministrazione dello Stato, attesa la necessità di fare applicazione delle regole di contabilità pubblica anche in relazione ai pagamenti, dovendosi a tal fine provvedere mediante appositi mandati di pagamento, non è possibile invocare la prescrizione presuntiva.

Il provvedimento impugnato deve pertanto essere cassato per effetto dell’accoglimento del ricorso, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Avellino in composizione monocratica, ed in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e cassa il provvedimento impugnato, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Avellino in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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