Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10654 del 03/05/2010

Cassazione civile sez. I, 03/05/2010, (ud. 09/03/2010, dep. 03/05/2010), n.10654

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.G. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA DEI PONTEFICI 3, presso l’avvocato CAPECE MINUTOLO DEL

SASSO VALENTINO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

BORELLI GIORGIO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

B.O.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1117/2007 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 16/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2010 dal Consigliere Dott. RORDORF Renato;

udito per il ricorrente, l’Avvocato BORELLI, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il sig. T.G., in proprio e nella qualita’ di liquidatore della Renn Sport s.n.c., con atto notificato il 23 febbraio 2004 cito’ in giudizio dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia la sig.ra B.O. per sentir dichiarare la nullita’ parziale del lodo con cui gli arbitri irrituali designati dalle parti avevano definito una controversia riguardante l’esclusione della medesima sig.ra B. dalla predetta societa’ ed avevano determinato l’entita’ della quota di liquidazione a lei spettante.

Instauratosi il contraddittorio nelle forme previste dal D.Lgs. n. 5 del 2003 (c.d. rito societario), le parti si scambiarono plurime memorie, all’ultima delle quali, notificata dall’attore alla convenuta il 30 settembre 2004 con fissazione di un termine per eventuale replica entro il 20 ottobre 2004, non fu data risposta.

L’attore quindi, il 10 novembre 2004, notifico’ alla controparte l’istanza di fissazione di udienza contemplata dal citato D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 8.

La convenuta eccepi’ pero’ la tardivita’ dell’istanza di fissazione d’udienza, siccome notificata oltre la scadenza del termine prescritto dal comma 4 dell’articolo da ultimo menzionato, e l’eccezione fu accolta dal tribunale che dichiaro’ estinto il giudizio.

Investita del gravame proposto dal sig. T., la Corte d’appello di Bologna, con sentenza resa il 16 ottobre 2007, confermo’ la decisione del primo giudice, poiche’ anch’essa ritenne che il termine di venti giorni per la notifica dell’istanza di fissazione d’udienza fosse scaduto il 9 novembre 2004, avendo preso a decorrere, per l’attore, dalla scadenza del precedente termine entro cui la convenuta avrebbe potuto replicare all’ultima memoria di controparte.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il sig. T., nella duplice veste sopra indicata.

Nessuna difesa ha svolto in questa sede l’intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La questione che il collegio e’ chiamato a decidere non ha precedenti nella giurisprudenza di questa corte di legittimita’; e’ stata pero’ gia’ ripetute volte esaminata sia dai giudici di merito sia dalla dottrina, non senza contrasti, ma con prevalenza dell’orientamento assunto nel presente caso dalla Corte d’appello di Bologna.

Si tratta d’individuare, nell’ambito del procedimento previsto per le controversie societarie dal D.Lgs. n. 5 del 2003 (applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame), il dies a quo della decorrenza del termine di venti giorni entro cui la parte interessata – in questo caso l’attore – e’ tenuta a notificare l’istanza di fissazione d’udienza alla controparte, una volta conclusasi la fase dello scambio degli atti difensivi destinati a fissare il thema decidendum ed il thema probandum della causa; termine decorso inutilmente il quale il processo si estingue.

Viene qui in rilievo il citato D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 8, come vigente nel momento in cui l’istanza di fissazione d’udienza fu notificata (dopo le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 37 del 2004, ma prima delle ulteriori variazioni introdotte dal D.Lgs. n. 310 del 2004).

Il comma 1 di detto articolo prevede che l’attore possa notificare l’istanza di fissazione d’udienza alle altre parti entro venti giorni decorrenti, a seconda dei casi: “a) dalla data di notifica della comparsa di risposta del convenuto cui non intende replicare, ovvero dalla scadenza del termine per la notifica della comparsa di risposta; b) in caso di chiamata di terzo da parte del convenuto, dalla data di notifica della comparsa di risposta del terzo chiamato ovvero dalla scadenza del termine per la notifica della comparsa stessa; c) dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare”.

Il comma 2 ed il comma 3 si occupano della decorrenza del termine qualora siano, rispettivamente, il convenuto oppure l’eventuale terzo chiamato (ovvero l’intervenuto) a chiedere la fissazione dell’udienza.

Nel comma 4 e’ espressamente stabilito che “la mancata notifica dell’istanza di fissazione di udienza nei venti giorni successivi alla scadenza dei termini di cui ai commi precedenti o del termine per il deposito della memoria di controreplica del convenuto di cui all’art. 7, comma 2, ovvero dalla scadenza del termine massimo di cui all’art. 7, comma 3, determina l’estinzione del processo rilevabile anche d’ufficio” (altre disposizioni contenute nel medesimo comma 4 ed in quello successivo non interessano ai fini della presente causa).

I dubbi interpretativi che la norma ha generato si sono soprattutto addensati sul dettato del quarto comma, nella parte in cui fa dipendere l’estinzione del processo dalla mancata notifica dell’istanza nei venti giorni successivi alla scadenza dei termini di cui ai commi precedenti, e sul modo in cui esso e’ destinato a coordinarsi con la previsione di decorrenza del termine espressa nell’incipit del comma 1.

Secondo la lettura privilegiata a tutt’oggi dalla maggioranza degli interpreti (e condivisa dalla corte bolognese nella sentenza qui impugnata), nel caso in cui il convenuto abbia interrotto lo scambio delle memorie lasciando vanamente trascorrere il termine per replicare all’ultima memoria notificatagli dall’attore, i venti giorni dei quali quest’ultimo dispone per notificare l’istanza di fissazione d’udienza, se non vuole che il processo si estingua, decorrono da quando e’ spirato il precedente termine entro cui il convenuto avrebbe potuto replicare o avrebbe potuto a propria volta avanzare istanza di fissazione dell’udienza.

Viceversa, i sostenitori dell’opposta tesi (seguita dalla difesa del ricorrente) sostengono che dopo l’esaurimento dell’anzidetto termine di venti giorni, decorrente dall’inutile spirare del lasso di tempo entro il quale il convenuto avrebbe potuto replicare all’ultima memoria, prenderebbe a decorrere l’ulteriore termine di venti giorni contemplato nel comma 4 a pena di estinzione del processo. Quello del comma 4 sarebbe, cioe’, un termine ben distinto dai precedenti – e percio’ il legislatore avrebbe fatto riferimento ai venti giorni “successivi” – essendo destinato ad operare allo stesso modo per tutte le parti dopo il completo esaurimento di tutti i termini previsti dai primi tre commi.

2. Il collegio reputa che sia da preferire la prima delle due tesi dianzi richiamate.

Non puo’ esser condivisa l’impostazione del ricorrente che, richiamandosi al disposto dell’art. 12 preleggi, invoca come risolutivo il dato letterale e ne sostiene l’insuperabilita’.

Le disposizioni di cui si sta parlando sono, quanto alla loro formulazione letterale, tutt’altro che chiare ed univoche. Assai ambiguo, in particolare, risulta il gia’ menzionato riferimento del comma 4 alla “scadenza dei termini di cui ai commi precedenti” :

suscettibile di diversa lettura a seconda che lo si ancori a ciascuno dei termini indicati nelle singole lettere in cui quei commi sono articolati, oppure lo si interpreti in modo unitario, come sinonimo del momento a partire dal quale l’insieme di quei termini si e’ esaurito.

D’altro canto, se e’ vero che l’uso dell’aggettivo “successivi”, riferito ai giorni da cui e’ composto il termine in questione, potrebbe suggerire che si tratti di un termine destinato ad operare dopo la scadenza dell’altro, appare evidente l’assoluta incongruenza della fissazione, per il compimento del medesimo atto, di due termini in sequenza solo al mancato rispetto del secondo dei quali si ricollegherebbe un significativo effetto processuale. Ne’ una diversa conclusione potrebbe giustificarsi sol perche’, nei primi tre commi del citato art. 8, il legislatore, riferendosi alla notifica dell’istanza di fissazione d’udienza da eseguirsi entro i termini ivi specificati, ha adoperato il verbo “puo'”: giacche’ tale scelta linguistica trova adeguata spiegazione nell’essere l’adempimento in questione null’altro che un onere per la parte, la quale resta ovviamente arbitra del decidere se, all’esito della preliminare fase di scambio di memorie, provocare o meno l’apertura del processo apud iudicem.

S’impone percio’ la scelta di una soluzione coerente con la logica complessiva del sistema processuale in discorso, tale per cui, esaurita per l’attore la fase cosiddetta assertiva, che precede il momento propriamente giurisdizionale, e non essendo piu’ possibile nemmeno per il convenuto riaprirla, l’attore medesimo e’ subito onerato del rispetto del termine di venti giorni per notificare l’atto dal quale l’anzidetto momento giurisdizionale deve potersi sviluppare.

I contrari argomenti di carattere sistematico che il ricorrente vorrebbe dedurre dallo stesso art. 8, commi 5 e 5 bis oltre che dal successivo art. 11, risultano del tutto inconferenti.

Va solo aggiunto che la conclusione cui si e’ pervenuti appare applicabile anche con riguardo ad una vicenda processuale, come quella qui in esame, svoltasi in epoca anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 310 del 2004, art. 8, comma 1, lett. c) dal citato art. 8, cui sono state aggiunte, in fine, le parole: “ovvero dalla scadenza del relativo termine”. Anche prima di siffatte modifiche, per le ragioni di ordine logico – sistematico cui s’e’ accennato, doveva reputarsi che, in caso di mancata replica del convenuto all’ultima memoria notificatagli dall’attore, il termine indicato decorresse dal momento in cui si era inutilmente esaurito il periodo temporale entro cui il convenuto avrebbe potuto voler continuare nello scambio inter partes di atti difensivi ma non lo ha fatto, nulla ormai piu’ giustificando un’ulteriore mora nel passaggio alla fase apud iudicem.

3. Il ricorso va quindi rigettato e dev’essere enunciato il principio di diritto secondo cui, nei procedimenti ai quali risultano applicabili le disposizioni dettate dal D.Lgs. n. 5 del 2003, qualora nella fase preliminare l’attore abbia notificato al convenuto uno scritto difensivo assegnandogli un termine per replicare ed il convenuto non se ne sia avvalso, decorrono dalla scadenza di detto termine i venti giorni entro i quali l’attore, a norma dell’art. 8, comma 4 ha l’onere di notificare l’istanza di fissazione d’udienza, pena l’estinzione del processo.

4. La novita’ della questione induce a compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimita’.

Cosi’ deciso in Roma, il 9 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2010

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