Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10653 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/06/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 05/06/2020), n.10653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7912-2018 proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 19, presso lo

studio dell’avvocato LUCA GIRALDI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARISTIDE

LEONORI 67, presso lo studio dell’avvocato GIAMPAOLO GIRARDI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FEDERICA MONTECCHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1097/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata l’01/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA

FALASCHI.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione, notificato in data 12 novembre 2007, la curatela del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. – (OMISSIS) (dichiarato con sentenza del Tribunale di Roma il (OMISSIS)), evocava, dinanzi al Tribunale di Macerata, M.A. per sentirlo condannare al pagamento della somma di 30.593,61 Euro dovuta per l’esecuzione di opere di recupero e risanamento conservativo, riparazione danni e miglioramento sismico dell’immobile di proprietà del convenuto.

Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del M., il quale eccepiva l’esistenza di una clausola sospensiva espressamente prevista nel contratto di appalto in virtù della quale il pagamento del saldo dei lavori era subordinato all’erogazione del finanziamento pubblico da parte della Regione Marche, di cui deduceva la non erogazione per l’omessa presentazione da parte prima dell'(OMISSIS), e poi della curatela fallimentare, della documentazione attestante il regolare adempimento degli obblighi previdenziali da parte della ditta appaltatrice; svolgeva, pertanto, domanda riconvenzionale per la condanna dell’attrice al risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento, il Tribunale adito, con sentenza del 3.11.2010, rigettava entrambe le domande ritenendo che nel contratto di appalto era stata espressamente prevista una condizione sospensiva, ossia l’erogazione del contributo pubblico per il saldo del compenso, circostanza non avverata e del mancato avveramento non era stata data prova che fosse imputabile al M., dichiarata improcedibile la domanda riconvenzionale di risarcimento proposta nei confronti del fallimento.

In virtù di appello interposto dal Fallimento la Corte di appello di Ancona, nella resistenza dell’appellato, confermava la decisione del primo giudice seppure con diversa motivazione e per l’effetto rigettava il gravame.

Avverso la sentenza della Corte d’appello il Fallimento (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, fondato su tre motivi, cui resiste il M. con controricorso.

Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Atteso che:

con il primo motivo parte ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.L. n. 6 del 1998, art. 14, comma 12, conv. con modif. in L. n. 61 del 1998, in relazione al D.M. lavoro 30 gennaio 2015, art. 5, e alla L. Fall., artt. 52 e 111, (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), per aver ritenuto la Corte di appello applicabile al fallimento la normativa in materia di regolarità contributiva, previdenziale e assicurativa.

Ad avviso del ricorrente la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere che la normativa applicabile al caso di specie fosse quella prevista dalla L. n. 61 del 1998, art. 14, poichè la stessa non disciplinerebbe il caso in cui l’imprenditore venga dichiarato fallito, con la conseguenza che al fallimento era da applicare il D.M. lavoro 30 gennaio 2015, in particolare l’art. 5, al quale è rimessa la disciplina delle regole sul rilascio del DURC in presenza di procedure concorsuali, comunque non prevista per la (OMISSIS) alcuna continuazione dell’impresa.

Il motivo è infondato.

Preliminarmente occorre rilevare come la normativa in materia di contributi in favore delle zone terremotate delle regioni Marche e Umbria, alla L. n. 61 del 1998, art. 14, comma 12, prevede che le Regioni, nel disciplinare i meccanismi di erogazione dei contributi ai privati, stabiliscano una ritenuta di garanzia, da liquidarsi solo a lavori ultimati, previa presentazione dei certificati liberatori rilasciati dagli organi competenti alla verifica della regolarità dei versamenti contributivi, previdenziali ed assicurativi dell’impresa appaltata.

In altri termini la conditio sine qua non per l’erogazione del saldo finale del finanziamento da parte della Regione è costituita dalla presentazione della documentazione sopra descritta sinteticamente definita DURC.

La produzione della certificazione attestante la regolarità contributiva dell’impresa rispetto agli adempimenti nei confronti di INPS, INAIL e Cassa edile, la cui mancanza comporta una presunzione iuris et de iure di gravità delle violazioni previdenziali (le cui verifiche sono demandate agli istituti di previdenza), come la dimostrazione del rispetto di tali requisiti, che devono sussistere dal momento dell’inizio lavori e permanere fino al momento della conclusione del rapporto, non può mai essere sostituito da un’autocertificazione dell’impresa, nè dalla produzione di qualsivoglia documentazione attestante il versamento delle contribuzioni, come definitivamente chiarito dall’interpello Min. Lavoro n. 6/2009.

Posto ciò, diversamente da quanto dedotto dal fallimento, il giudice di merito ha fatto corretta applicazione della normativa, per avere le parti del contratto di appalto espressamente subordinato il pagamento del saldo del corrispettivo all’avverarsi della condizione sospensiva di erogazione del finanziamento pubblico da parte della Regione Marche, che il giudice di merito ha accertato non essersi avverata per il fatto colposo dello stesso appaltatore, sul quale gravava l’onere delle produzioni documentali, per essere le stesse esclusivamente nella sua disponibilità.

Nè può trovare applicazione la disciplina del D.M. 30 gennaio 2015, art. 5, come propone il ricorrente e ciò per diverse ragioni.

In primis, per orientamento consolidato di questa Corte nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini e accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno ove si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass. n. 25319 del 2017).

Il ricorrente, infatti, non ha sollevato dinanzi al giudice di merito la questione relativa all’applicazione della normativa sopra citata al caso di specie, deducendolo siffatta difesa solo in sede di legittimità.

Inoltre il D.M. 30 gennaio 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 30 giugno 2015, n. 125, ed entrato in vigore il 1 luglio 2015, non era vigente all’epoca dei fatti, dunque, non può essere richiamato per escludere l’applicabilità della disciplina vigente all’epoca dei fatti in materia di DURC nel caso di impresa poi assoggettata a fallimento, anche perchè al momento della conclusione dei lavori l’impresa sembrerebbe essere stata ancora in bonis (v. verbale chiusura lavori del (OMISSIS)). Con la conseguenza che la condotta pretesa dall’appaltatore di pagamento delle posizioni contributive dei suoi dipendenti era esigibile, perchè occorsa ben prima del fallimento.

Per maggior completezza occorre poi chiarire che il D.M. cit., art. 5, diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, ha lo scopo di rendere possibile la continuazione delle attività di imprese in crisi introducendo particolari disposizioni in merito all’emissione del DURC a favore delle imprese soggette a procedure concorsuali; in altri termini, la normativa non esclude il DURC alle imprese sottoposte alle procedure concorsuali, ma prevede delle agevolazioni per regolarizzare le situazioni contributive e previdenziali al fine di emettere il DURC, benefici che possono consistere in deroghe temporali per sanare situazioni debitorie nei confronti di qualche Ente, come specificato anche dalla circolare n. 19/2015 pure nelle ipotesi di fallimento;

– con il secondo e terzo motivo il fallimento deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio per non aver la Corte di appello preso in considerazione la responsabilità del committente allegata dall’appaltatore, che avrebbe giustificato l’applicazione dell’art. 1359 c.c.. Il ricorrente sostiene che la corte di appello avrebbe errato nel ritenere che costituisse obbligo dell'(OMISSIS), e poi del curatore fallimentare, fornire le liberatorie, poichè con la procedura fallimentare sono venute meno le ragioni che ne giustificavano il rilascio. In particolare, il ricorrente lamenta la violazione dei principi di correttezza e buona fede nella condotta tenuta dal committente.

Le censure sono da esaminarsi congiuntamente alla luce della loro stretta connessione e sono inammissibili sotto un duplice profilo.

Preliminarmente occorre rilevare che per orientamento consolidato di questa Corte il ricorso per cassazione esige che l’illustrazione del singolo motivo, deve contenere oltre all’esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata, anche l’analitica precisazione delle considerazioni che dovrebbero giustificare la cassazione della sentenza (Cass. n. 22499 del 2006).

In altri termini, devono ritenersi inammissibili quei motivi che non precisino in alcuna maniera in che cosa consista la violazione di legge che avrebbe portato alla pronuncia di merito che si sostiene errata o che si limitino ad una affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione (Cass. n. 15263 del 2007).

Orbene, nella specie, il ricorrente denuncia l’omessa applicazione da parte della corte distrettuale dei principi di buona fede e correttezza in capo al committente senza indicare le condotte a sostegno di detto giudizio.

Infatti, il Fallimento continua ad insistere nel sostenere la colposità della condotta del committente nel mancato avveramento della condizione relativa al finanziamento pubblico sebbene il giudice del merito abbia escluso siffatta colpevolezza riferendo l’obbligo della produzione per l’avveramento allo stesso ricorrente interessato, per quanto esposto nel primo motivo.

In altri termini, il giudice di appello, con accertamento di merito non sindacabile in sede di legittimità, ha ravvisato il fatto impeditivo dell’avveramento della condizione esclusivamente nella violazione dell’obbligo assunto con il verbale di cantiere (OMISSIS) e la censura non si confronta specificamente con detta argomentazione.

Nè si può prospettare la questione sotto il profilo di pagamento che ove eseguito sarebbe avvenuto al di fuori delle regole della disciplina fallimentare, piuttosto di fare avverare la condizione relativa alla regolarità contributiva dei dipendenti al maturare delle stesse contribuzioni.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore del controricorrente, dichiaratasi antistataria.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del fallimento ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge, con distrazione in favore dell’avvocato Federica Montecchi, dichiaratasi antistataria.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del fallimento ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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