Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10651 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/04/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 22/04/2021), n.10651

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14100-2018 proposto da:

L.B., R.M., V.M., M.M.,

D.P., F.S., MO.DO., C.R.,

LU.EL., elettivamente domiciliati in ROMA, SALITA DI SAN

NICOLA DA TOLENTINO 1/B, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO

NASO, rappresentati e difesi dall’avvocato CRISTIANO DALLA TORRE;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA, (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

contro

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO,

UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE DI TREVISO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 495/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 31/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/03/2021 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza pubblicata in data 31/10/2017, la Corte d’appello di Venezia ha accolto l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale tra l’appellante e L.B. più altri litisconsorti, ha rigettato le domande proposte dagli appellati, collaboratori scolastici o docenti, aventi ad oggetto il risarcimento del danno derivante dalla illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato stipulati con il Ministero.

A fondamento del decisum la Corte territoriale ha ritenuto che indipendentemente dalla individuazione dei singoli periodi in cui ciascuno dei dipendenti aveva svolto supplenze su posti di organico di diritto e/o di organico di fatto – era assorbente il rilievo che essi fossero stati stabilizzati attraverso l’operare degli strumenti selettivi e concorsuali, ovvero ai sensi della L. n. 107 del 2015, art. 1; che, in forza dei principi espressi da questa Corte nella sentenza n. 27563/2016 (punti 118-125), e nelle numerose altre pure citate, l’intervenuta stabilizzazione era idonea a sanzionare debitamente l’abuso e a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’unione, e, quindi, a riparare tutti i danni riferibili all’illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato, in difetto di specifiche allegazioni circa l’esistenza di danni ulteriori, diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo, nonchè circa il ricorso, da parte del Ministero, ad un uso improprio o distorto delle assunzioni a termine. La Corte ha poi ritenuto insussistenti le condizioni per riconoscere l’anzianità di servizio e le differenze retributive maturate, non essendo stata censurata la sentenza di primo grado nella parte in cui non le aveva riconosciute. Al riguardo ha sottolineato “da mancanza di domanda volta ad ottenere il riconoscimento dell’anzianità di servizio sulla base della clausola 4 dell’accordo quadro”.

Contro la sentenza, L.B., C.R., Mo.Do., M.M., V.M., D.P., Lu.El., F.S. e R.M. hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di una pluralità di motivi; ha resistito il Ministero con controricorso, mentre gli uffici scolastici regionale e provinciale non hanno svolto attività difensiva.

La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

In prossimità dell’adunanza, i ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo, parte ricorrente deduce l’estinzione del procedimento di appello per il mancato tempestivo deposito dell’atto di riassunzione del processo dopo che esso era stato sospeso dal giudice in attesa della pronuncia della Corte costituzionale: si osserva che, dopo la pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale, l’Avvocatura distrettuale dello Stato aveva depositato l’atto di riassunzione in modalità cartacea, in violazione di quanto disposto dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16 bis, comma 9 ter, convertito con modificazioni nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, a norma del quale l’atto, avendo natura endoprocedimentale, deve essere depositato esclusivamente in via telematica.

2.- Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte ricorrente deduce “Violazione, falsa ed erronea applicazione delle norme di legge in tema di diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza della Corte di Cassazione Sez. Un. 5072/2016 in favore dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario in ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratisi a far data dal 10 luglio 2001. – Violazione falsa ed erronea applicazione del “principio di equivalenza” e del “principio di effettività della tutela””.

3.- Il terzo motivo è incentrato “Sulla questione pregiudiziale Europea circa la conformità alla Dir. Europea 1999/70/CE dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie”.

4.- Con il quarto motivo, parte ricorrente deduce la “Illegittimità costituzionale dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie: ai sensi dell’art. 3 Cost. (principio di eguaglianza), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione alla Clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro allegato alla Dir. Europea 1999/70/CE, (principio di equivalenza – principio di effettività), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione alla Carta Europea dei diritti dell’Uomo, art. 6, paragrafo 1”.

5.-Con il quinto motivo, a sua volta ripartito in cinque punti, si denuncia a) la violazione, la falsa ed erronea applicazione delle norme di legge riguardanti al) il diritto all’integrale risarcimento dei danni, l’accertamento e la liquidazione del danno (art. 115 c.p.c., art. 2727 c.c.), a2) l’interpretazione della domanda e l’onere della prova (artt. 112 e 115 c.p.c.), b) la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per motivazione apparente con riferimento al (negato) diritto al riconoscimento delle differenze retributive e contributive, c) l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, d) l’illegittima esclusione del risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli risarciti con la stabilizzazione.

6.- Con il sesto motivo, si censura la sentenza per “violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 112 c.p.c. e degli art. 1362 e ss. c.c., per aver illegittimamente escluso il diritto al pagamento delle differenze retributive, contributive e delle indennità dovute a causa ed in conseguenza dei continui contratti a termine”.

7. Il primo motivo è manifestamente infondato. La difformità rispetto al modello legale dell’atto di riassunzione del Ministero si risolve in una mera irregolarità che non comporta nullità in mancanza di espressa comminatoria ex art. 156 c.p.c., comma 1.

Al riguardo si richiamano i principi già espressi da questa Corte nelle numerose ordinanze in cui è stato prospettato lo stesso motivo di estinzione (per tutte, Cass. 11/2/2021, n. 3417). Nella memoria difensiva ex art. 380 bis c.p.c. la parte richiama Cass. 23 luglio 2020, n. 15771/2020, ma il richiamo è inconferente stante l’oggettiva diversità delle fattispecie, considerato che la difformità dal modello legale riguardava, in quella vicenda, un atto di impugnazione ritenuto tardivo perchè eseguito con modalità telematiche, nella specie non applicabili e comunque non rispettose delle formalità prescritte dalla legge (punto 2.3. e 2.4. della sentenza), laddove nel presente giudizio si discute di un atto endoprocedimentale del quale, peraltro, i ricorrenti non specificano quale loro interesse difensivo avrebbe leso.

8. Il secondo, il terzo e quarto motivo di ricorso appaiono inammissibili ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, avendo la Corte territoriale deciso la questione in diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non induce ad un suo mutamento, nè ad una nuova rimessione delle questioni alla Corte costituzionale ovvero alla Corte di giustizia. Al riguardo si richiamano i principi già espressi da questa Corte (da ultimo, n. 3417/2021) ai quali si intende dare continuità ed alle cui motivazione si rinvia, anche ai sensi dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c..

9. Anche il quinto motivo è inammissibile.

Esso è stato oggetto di esame da parte di questa Corte da ultimo con la citata ordinanza n. 3417/2021 cit. (che a sua volta richiama Cass. n. 489/2021), alla quale si rinvia integralmente non ravvisandosi negli atti difensivi dei ricorrenti elementi idonei a determinare un mutamento dei principi in essa affermati.

9.1.- Nel caso in esame, al pari di quello esaminato nell’ordinanza citata, la Corte ha ritenuto generiche e comunque non provate le allegazioni dei ricorrenti circa i danni ulteriori rispetto a quelli riparati dall’intervenuta stabilizzazione; ha altresì escluso che vi sia stata allegazione di un uso improprio o distorto, da parte del Ministero, della tipologia delle supplenze su organico di fatto temporanee.

9.2. Il motivo è nella sua complessità inidoneo a scalfire queste affermazioni, presentando evidenti profili di inammissibilità oltre che di infondatezza, sia per la promiscuità e la mescolanza dei motivi, sia con riguardo alla violazione di legge prospettata con riferimento ad una pluralità di norme, senza che risultino indicate con chiarezza le affermazioni della sentenza in contrasto con le norme di legge indicate. è inconferente il richiamo all’art. 112 c.p.c., giacchè non vi è stata alcuna omessa pronuncia (o extra o ultra petizione), ma solo una interpretazione della domanda, non denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (Cass. 11/10/2019, n. 25690).

9.3.- Quanto al vizio di omesso esame di fatti decisivi, anch’esso è inammissibile, non risultando indicato quale sia il fatto – principale o secondario – di cui si predica la decisività e la cui valutazione sarebbe stata del tutto omessa, non potendo rientrare nella nozione di “fatto” la valutazione compiuta dal giudice degli atti processuali.

9.4. La ritenuta genericità delle allegazioni assorbe ogni ulteriore valutazione circa la presunta violazione dell’art. 1226 c.c., giacchè il ricorso alla liquidazione in via equitativa presuppone già assolto l’onere della parte di dimostrare sia la sussistenza sia l’entità materiale del danno (Cass. n. 16202 del 2002; Cass. n. 13288 del 2007; Cass. n. 28742/2018). Onere nella specie non assolto.

9.5. Neppure è ravvisabile un’ipotesi di nullità della sentenza perchè la motivazione è fisicamente (oltre che logicamente ed esaustivamente) esistente, non presenta alcuna incongruenza o illogicità, peraltro neppure indicata dai ricorrenti (cfr. Cass. Sez.Un. 8053/2014).

10. Il sesto motivo è del pari inammissibile.

I ricorrenti assumono di aver proposto fin dal primo grado la domanda avente ad oggetto il pagamento delle retribuzioni e delle indennità spettanti ai lavoratori a tempo determinato in forza del principio di non discriminazione e che su tale domanda il tribunale aveva omesso ogni pronuncia.

Il motivo difetta di autosufficienza, dal momento che la parte non trascrive il ricorso introduttivo del giudizio nella sua interezza, e ciò in violazione dell’onere prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, così come non trascrive la sentenza del tribunale e la memoria difensiva in appello: tale omissione, da un lato, non consente di valutare ex ante la veridicità dell’assunto circa l’effettiva proposizione ed il contenuto della domanda e i termini della sua riproposizione al giudice del gravame, dall’altro, impedisce a questa Corte di valutare la natura, l’ampiezza e l’autonomia della domanda, nel senso della sua ricollegabilità ad una causa petendi autonoma rispetto alla domanda avente ad oggetto la conversione del rapporto a tempo indeterminato. L’adempimento di tale onere di specificità si imponeva con più forte ragione, dal momento che nella sentenza impugnata si è espressamente escluso che fosse stata proposta dinanzi al giudice di primo grado una domanda avente ad oggetto le differenze retributive fondata sul principio di non discriminazione (pag. 9 della sentenza).

10.- In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. La complessità della questione giuridica, risolta sulla base della pronuncia della Corte di Giustizia intervenuta in corso di causa, giustifica la integrale compensazione delle spese dell’intero processo.

La parte ricorrente è comunque tenuta al versamento dell’ulteriore importo pari al contributo unificato versato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

 

 

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