Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1065 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 21/01/2021), n.1065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32298-2018 proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona dei Curatori,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI PIELUIGI DA

PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato FABIO FRANCESCO

FRANCO, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLA LANZARA;

– ricorrente –

contro

F.F. domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa da se medesima e

dall’avvocato FILIPPO CASTALDI;

– contro ricorrente e ricorrente incidentale –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE, depositata il

20/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/10/2020 dal Consigliere Relatore, Dott. Paola

Vella.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Nocera Inferiore ha accolto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione, proposta dall’avv. F.F. contro il provvedimento con cui il Giudice delegato, dopo aver disposto l’acquisizione, ex art. 25 L.Fall., dei valori contenuti nella cassetta di sicurezza n. 37/2 rinvenuta nel caveau della società fallita, dissequestrati e restituiti dal Pubblico ministero alla predetta titolare, ed aver dichiarato inammissibile il reclamo di quest’ultima ex art. 26 L.Fall., aveva respinto la domanda di rivendica dei beni in questione in quanto essi “non si trovavano in possesso del fallimento e non erano stati dallo stesso inventariati”;

1.1. in particolare, respinta l’eccezione di tardività della domanda -stante la decorrenza del termine ex art. 101 L.Fall., dal deposito in cancelleria, in via telematica, del secondo decreto di esecutività dello stato passivo – il Tribunale ha accertato la proprietà dei beni per cui è causa in capo all’opponente in forza di prova presuntiva ai sensi dell’art. 621 c.p.c., anche con riguardo al denaro, in quanto “chiaramente separato rispetto al patrimonio del fallito”, trattandosi comunque di rivendica del contenuto complessivo della cassetta di sicurezza;

1.2. il Fallimento ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, corredato da memoria, cui la F. ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del secondo motivo e riproponendo, in caso di accoglimento del terzo, una questione asseritamente rimasta assorbita;

2. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2.1. con il primo mezzo si lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 95-97, 99,101 L.Fall., nonchè omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., n. 5, per avere il Tribunale fatto decorrere il termine annuale di cui all’art. 101 L.Fall. non già del deposito del decreto di esecutività dello stato passivo del 13/02/2015, bensì dal successivo provvedimento del 26/03/2015;

2.2. il secondo mezzo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 103 L.Fall., e dell’art. 2729 c.c., in uno all’omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., n. 5), e “difetto di motivazione”, per avere il Tribunale accertato la proprietà dei beni rivendicati sulla base di elementi indiziari, sebbene l’art. 621 c.p.c. – applicabile alle domande ex art. 103 L.Fall. – escluda la prova per testimoni o presunzioni, “tranne che l’esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore”;

2.3. il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 52 e 103 L.Fall., in quanto non sarebbe ammissibile una domanda di rivendica di beni non acquisiti nè inventariati dalla curatela;

2.4. con il quarto mezzo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 103 L.Fall. nonchè omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., n. 5, essendo inammissibile una domanda di rivendica avente ad oggetto un bene fungibile, quale la somma di denaro posta nella cassetta di sicurezza rinvenuta nelle casseforti della società fallita, come tale “divenuta automaticamente parte della massa fallimentare”.

3. tutte le censure motivazionali sono inammissibili perchè, oltre ad essere confusamente veicolate con le violazioni di legge – in contrasto col principio di tassatività dei mezzi di ricorso per cassazione e con l’orientamento di questa Corte per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Cass. 11222/2018, 2954/2018, 27458/2017, 16657/2017, 19133/2016) – non rispettano i canoni del novellato art. 360 c.p.c., n. 5), che onerano il ricorrente di indicare, nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato” testuale o extratestuale da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8053/2014, 8054/2014, 1241/2015; Cass. 19987/2017, 7472/2017, 27415/2018, 6383/2020, 6485/2020, 6735/2020), restando comunque esclusa la possibilità di denunziare in questa sede la mera insufficienza della motivazione (Cass. Sez. U, 33017/2018);

4. il primo motivo è altresì inammissibile perchè non censura (senza che a tal fine possa rilevare la generica e tardiva contestazione mossa in memoria) la ratio decidendi per cui, quand’anche si ritenesse la natura meramente ricognitiva del secondo decreto di deposito (telematico) in cancelleria dello stato passivo, “d’emissione di due decreti di identico contenuto” avrebbe comunque “generato nell’opponente l’incolpevole affidamento in ordine alla decorrenza del termine di opposizione a far data dal deposito del secondo decreto”, con conseguente esclusione dell’ultra-tardività;

5. il secondo mezzo, oltre ad essere inammissibile anche perchè afferente valutazioni di merito sugli elementi indiziari indicati a pag. 56 della sentenza impugnata, è comunque infondato, stante l’ammissibilità della prova presuntiva alle condizioni indicate dall’art. 621 c.p.c. (Cass. 20191/2017, 13884/2015, 23215/2012), avendo la stessa ricorrente dato atto, a pag. 18-19 del ricorso, che “la cassetta di sicurezza era posta all’interno del caveau di proprietà della (OMISSIS)” ed avendo il Tribunale al riguardo evidenziato che “la società fallita esercitava attività di vigilanza e custodia di valori ed a tal fine disponeva, presso i propri locali, di caveaux nei quali sono collocate cassette di sicurezza”, dovendosi perciò ritenere sussistente l’ipotesi in cui il diritto di proprietà è reso “verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore”;

6. il terzo motivo è infondato, risultando pacifico che il Giudice delegato aveva emesso decreto di acquisizione ex art. 25 L.Fall. dei beni contenuti nella cassetta di sicurezza (evidentemente in vista del loro inventario) e che la curatela fallimentare non aveva fatto acquiescenza al decreto di dissequestro in favore dell’opponente (la quale si era vista respingere anche il reclamo ex art. 26 L.Fall.); d’altro canto è la stessa curatela ad affermare, a pag. 20 del ricorso, che “la cassetta di sicurezza n. 37/2 sia stata rinvenuta nelle casseforti della società fallita, presso la sede della stessa (…) divenendo quindi automaticamente parte della massa fallimentare”;

7. il quarto motivo è anche infondato, vertendosi nel caso di specie in tema di rivendicazione e restituzione ex art. 103 L.Fall. non già di semplice denaro – come tale effettivamente inammissibile, in quanto bene fungibile da cui origina semmai un diritto di credito (Cass. 1891/2018, 30894/2017) – bensì dello specifico contenuto di una cassetta di sicurezza, composto da valori, preziosi e denaro, oggetto di inventario in sede di sequestro preventivo, riguardo al quale può dunque ritenersi “intervenuto un fatto che ne abbia determinato l’individuazione e, quindi, impedito la confusione nel patrimonio del fallito” (Cass. 4813/2011);

8. l’esame del ricorso incidentale condizionato resta assorbito dal rigetto del ricorso principale;

9. al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo;

10. sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U, 4315/2020).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 100,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

 

 

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