Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10649 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/06/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 05/06/2020), n.10649

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32469-2018 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SALARIA

292, presso lo studio dell’avvocato PIETRO ROCCASALVA, rappresentato

e difeso dall’avvocato CARMELO RUTA;

– ricorrente –

contro

CA.GI., nella qualità di titolare della ditta individuale

“L’IPPOCAMPO DI G. CA.”, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE RUSSOTTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2121/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 12/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA

GIANNACCARI.

Fatto

RILEVATO

che:

– il giudizio trae origine dall’atto di opposizione a decreto ingiuntivo proposto da C.G., innanzi al Tribunale di Ragusa, che gli aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 49.299,99 in favore di ca.gi. relativa ad una fornitura e posa in opera di doghe di alluminio;

– instauratosi il contraddittorio, il Tribunale adito accoglieva l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo opposto e regolava le spese di lite secondo il principio della soccombenza;

– la Corte d’appello di Catania, con sentenza del 12.10.2006, accoglieva parzialmente l’appello proposto dal Ca. e condannava il C. al pagamento della minor somma di Euro 9.283,52 rispetto a quella richiesta di Euro 49.299,99; regolava le spese del doppio grado di giudizio secondo il principio della soccombenza.

– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso C.G. sulla base di un unico motivo;

Ca.Gi. ha resistito con controricorso;

il relatore ha formulato proposta di manifesta infondatezza del ricorso;

in prossimità dell’udienza, il ricorrente ha depositato memorie illustrative.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e la carenza di motivazione in ordine alla soccombenza; osserva il ricorrente che il giudice d’appello aveva solo parzialmente accolto la domanda del Ca. ed aveva ridimensionato la pretesa originaria in quanto, mentre il decreto ingiuntivo era stato chiesto ed emesso per l’importo di Euro 49.299,99, all’esito del giudizio d’appello era stata riconosciuta alla controparte la somma inferiore di Euro 9.283,52. Conseguentemente, il Ca. non sarebbe totalmente vittorioso in quanto la sua pretesa era stata ridimensionata nel quantum e, sulla base del principio di causalità, non avrebbe dovuto sopportare le spese per resistere a pretese infondate;

– il motivo è infondato.

– la L. n. 263 del 2005, – in vigore del 1 marzo 2006 – ha modificato l’art. 92 c.p.c., stabilendo che se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti;

– secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la compensazione non può essere disposta in considerazione dell’esiguità della pretesa riconosciuta in giudizio, che integra un normale esito dell’attività valutativa del giudice; anche quando l’importo delle spese è tale da superare quello del pregiudizio economico che la parte avesse inteso evitare agendo in giudizio per fare valere il proprio diritto, tale statuizione si tradurrebbe in una sostanziale soccombenza di fatto della parte vittoriosa, con lesione del principio costituzionale di cui all’art. 24 Cost., nonchè della regola generale dell’art. 91 c.p.c., (Cassazione civile sez. VI, 01/06/2015, n. lCass. Civ., sez. 03, del 15/07/2008, n. 19456, Cass. Civ., sez. 06, del 10/06/2011, n. 12893, Cass. Civ., sez. 06, del 10/02/2014, n. 2883, Cass. Civ., sez. 06, del 11/07/2014, n. 160371301);

– ne consegue che la parte, la quale, all’esito finale della lite, risulti vittoriosa per effetto dell’accoglimento anche non integrale della sua domanda, non può subire la condanna al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte soccombente, salva l’ipotesi della trasgressione al dovere di lealtà e probità di cui all’art. 88 c.p.c., (Cassazione civile sez. lav., 20/12/2018, n. 33027; Cass. n. 6860 del 2015);

– la corte di merito ha correttamente applicato il principio della soccombenza, in quanto, all’esito del giudizio d’appello – in totale riforma della sentenza di primo grado, che aveva accolto l’opposizione del C. – ha accolto le pretese del creditore Ca., sia pur per una somma inferiore a quella richiesta con decreto ingiuntivo;

– il riconoscimento del diritto del Ca., sia pur attraverso un ridimensionamento della pretesa, esclude in radice la sua soccombenza, sicchè la compensazione delle spese poteva essere disposta per gravi ed eccezionali ragioni;

– non sussiste, pertanto, la dedotta violazione di legge, censurabile in sede di legittimità, in quanto il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio della soccombenza, secondo il quale soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese;

– l’ulteriore previsione normativa che coniuga il principio della soccombenza con quello della causalità va individuata nell’art. 6, comma 1, quarto periodo, della tariffa forense, approvata con D.M. n. 55 del 2014, secondo cui, nei giudizi civili per pagamento di somme di denaro, la liquidazione degli onorari a carico del soccombente deve effettuarsi avendo riguardo alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata;

– questa Corte ha precisato che detta disposizione si riferisce all’accoglimento, anche parziale, della domanda medesima, laddove, nell’ipotesi di rigetto, il valore della controversia è quello corrispondente alla somma domandata dall’attore (Cassazione civile sez. VI, 12/06/2019, n. 15857);

– il giudice di merito ha correttamente liquidato le spese sulla base della minor somma riconosciuta in giudizio e non su quella oggetto della pretesa originaria, nè il ricorrente ha dedotto la violazione dei massimi tariffari;

– non va, inoltre, ravvisato il vizio motivazionale, configurabile nell’ipotesi di omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio e non nella valutazione del presupposto per l’applicazione del principio della soccombenza (Cass. Cassazione civile sez. un., 07/04/2014, n. 8053);

– l’art. 360 c.p.c., commi 1 e 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive o di censure proposte e tale fatto deve avere carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia (Cassazione civile sez. un., 26/07/2019, n. 20399);

– il ricorso va, pertanto, rigettato;

– le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-2 della Corte Suprema di cassazione, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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