Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10641 del 04/06/2020
Cassazione civile sez. I, 04/06/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 04/06/2020), n.10641
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8967/2019 proposto da:
C.A., elettivamente domiciliato in Roma presso la Corte di
cassazione difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
avverso la sentenza n. 2684/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,
depositata il 27/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27/02/2020 da Dott. DI MARZIO MAURO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. – C.A.A. alias C.A.A. ricorre per un mezzo, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 27 novembre 2018, con cui la Corte d’appello di Ancona ha respinto il suo appello avverso ordinanza del locale Tribunale di rigetto, in conformità al provvedimento della competente Commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.
2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi attribuire ad un “atto di costituzione” depositato per i fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – L’unico motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ovvero per violazione o falsa applicazione di norme di diritto laddove l’atto impugnato non ritiene applicabile al caso la tutela della particolare vulnerabilità del ricorrente come emersa dalla sua storia personale, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la sentenza impugnata perviene alle conclusioni contestate senza i dovuti approfondimenti istruttori richiesti dalla particolarità del caso e tesi ad indagare compiutamente le ragioni di vulnerabilità che giustificano la protezione umanitaria.
2. – Il ricorso è inammissibile.
Esso non ha difatti nulla a che vedere con una censura di violazione di legge giacchè non mette affatto in discussione il significato e la portata applicativa delle norme richiamate in rubrica, ma consiste in una mera narrazione della vicenda del richiedente, che sarebbe stato trattato come uno schiavo dallo zio, ed avrebbe nel complesso subito esperienze umane devastanti.
Il tutto senza tenere in alcun conto le motivazioni addotte dal giudice di merito, il quale ha sottolineato che un contratto di lavoro di pochi mesi non è sufficiente ad evidenziare un livello di integrazione in Italia tale per cui, in caso di rimpatrio, possa verificarsi un’effettiva ed incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali.
3. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 27 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2020