Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1064 del 17/01/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 17/01/2018, (ud. 04/12/2017, dep.17/01/2018),  n. 1064

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che, con ricorso affidato a quattro motivi, T.G. ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Trento, in data 19 ottobre 2016, che ne aveva rigettato il gravame proposto avverso la decisione del Tribunale della medesima città, sezione distaccata di Cavalese, che, a sua volta, aveva respinto la domanda avanzata dalla medesima T. nei confronti del Comune di Pozza di Fassa (che chiamava in causa a fini di manleva la ditta appaltatrice F.lli P. s.n.c.), per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti a causa di una caduta, occorsa la mattina del 18 dicembre 2008 nel territorio di detto Comune, dovuta alla presenza di ghiaccio sul marciapiede antistante al Palazzo Comunale;

che resistono con controricorso il Comune di Pozza di Fassa e la F.lli P. s.n.c. di P.M. & C.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata ai difensori delle anzidette parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quali la ricorrente e la controricorrente F.lli P. s.n.c. hanno depositato memoria;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Considerato che:

a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione ed erronea applicazione degli artt. 2051 e 2697 c.c., per “travisamento dell’oggetto della prova” e “lesione del principio di divisione della prova”, per aver la Corte territoriale “disatteso e distorto” le risultanze probatorie sulla dinamica dell’evento lesivo, invertendo anche l’onere probatorio sulla sussistenza del caso fortuito, ex art. 2051 c.c., addossandolo ad essa danneggiata.

b) con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione ed erronea applicazione dell’art. 2051 c.c., art. 1227 c.c., comma 2 e art. 2697 c.c., per “travisamento dell’oggetto della prova e violazione del principio della divisione del relativo onere sotto ulteriore profilo”, per aver la Corte territoriale erroneamente escluso la sussistenza del nesso causale tra la cosa e il danno, addossando ad essa danneggiata il relativo onere probatorio, anche in punto di concorso colposo ai sensi dell’art. 1227 c.c., quale norma attinente, peraltro, solo al profilo del quantum debeatur e non dell’an.

c) con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione ed erronea applicazione dell’art. 2051 c.c., artt. 112,115 e 116 c.p.c., “travisamento delle risultanze della prova e lesione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato”, per aver la Corte territoriale travisato la prova raggiunta sulla mancata tempestiva pulizia del marciapiede, violato “il principio di valutazione delle prove, escludendo la sussistenza del nesso causale”, essere “andata filtra ed extra petita presumendo… una mancata diligenza della T., la cui prova incombeva sul custode della strada”.

A1.-b1.-c.1) che i motivi – da doversi scrutinare congiuntamente – sono in parte manifestamente infondati e in parte inammissibili;

che il giudice di appello – in forza dell’accertamento fattuale secondo cui la situazione di pericolosità determinata dalla lastra di ghiaccio sul marciapiede era, per le circostanze di tempo e di luogo, “sicuramente visibile” e non già tale da rendere “molto probabile se non inevitabile l’evento”, anche in ragione del difetto di ordinaria diligenza che avrebbe dovuto tenere in dette circostanze la stessa T. (là dove, peraltro, era emerso – in contrasto con quanto dedotto dall’attrice – che essa “era scivolata mentre dal marciapiede scendeva attraverso due scalini”) – fatto corretta applicazione del principio, consolidato (cui il Collegio intende dare continuità), per cui: “in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonchè di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato” (così Cass. n. 11526/2017; analogamente: Cass. n. 2660/2013, Cass. n. 6306/2013, Cass. n. 21212/2015, Cass. n. 12895/2016);

che, dunque, sono manifestamente infondate le doglianze di errores in indicando investenti l’applicazione dell’art. 2051 c.c., dell’art. 1227 c.c. (quanto al concorso del danneggiato nella causazione dell’evento – primo comma -, con portata anche elidente del nesso causale) e dell’art. 2697 c.c. (sul riparto dell’onere probatorio in riferimento alla fattispecie di cui al citato art. 2051, correttamente operato, là dove, poi, la ricorrente confonde con esso la formazione del convincimento della Corte territoriale in base all’intero compendio delle risultanze probatorie in forza del principio di c.d. acquisizione, per cui il giudice è tenuto ad utilizzare le prove raccolte indipendentemente dalla provenienza delle stesse dalla parte gravata dell’onere probatorio: tra le tante, Cass., S.U., n. 28498/2005, Cass. n. 27231//2014), nè essendo altresì riscontrabile alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c. (avendo il giudice del gravame deciso soltanto sulla domanda risarcitoria proposta dall’attrice, là dove l’applicazione del primo comma dell’art. 1227 c.c., quanto all’accertamento dell’elisione del nesso causale, è rimessa alla valutazione officiosa del giudice e non costituisce eccezione in senso stretto: Cass. n. 6529/2011);

che sono, poi, inammissibili, le restanti doglianze, volte a criticare l’accertamento fattuale operato dal giudice del merito in base alla valutazione delle prove ed ad esso esclusivamente riservato, senza neppure introdurre una idonea specifica e congruente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., vigente n. 5;

d) con il quarto mezzo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 333,342 e 112 c.p.c., per “lesione del principio della forma dell’appello incidentale, della corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, della natura personale, non reale, dell’appello”, per aver la Corte territoriale erroneamente interpretato la comparsa di costituzione della F.lli P. s.n.c. come appello incidentale sulla statuizione del primo giudice relativa alle spese processuali, nonchè errato nel condannare essa appellante al pagamento delle spese del doppio grado in favore della parte chiamata in causa dal Comune a fini di manleva, senza esserne “costretto… dal comportamento processuale dell’attrice”;

d.1.) che il motivo – premesso che, contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente, è consolidato principio quello per cui “in tema di liquidazione delle spese di giudizio, le spese sostenute dal terzo chiamato in garanzia, nella specie impropria, una volta che sia stata rigettata la domanda principale, vanno poste a carico della parte che, rimasta soccombente, abbia provocato e giustificato la chiamata in garanzia, trovando tale statuizione adeguata giustificazione nel principio di causalità, che governa la regolamentazione delle spese di lite” (Cass. n. 2492/2008, Cass. n. 23552/2011, Cass. n. 2492/2016) è inammissibile, non avendo la ricorrente fornito alcuna contezza dei contenuti specifici della comparsa di costituzione in appello della F.lli P. s.n.c. su cui si fonda la doglianza (nè avendo provveduto alla relativa localizzazione processuale ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), così da non consentire neppure l’ingresso della delibazione rimessa a questa Corte come giudice del “fatto processuale” (tra le tante, Cass. n. 2771/2017);

che la memoria depositata dalla ricorrente non offre argomenti tali, e diversi da quelli già spesi con il ricorso, da consentire di superare i rilievi che precedono;

che il ricorso va, quindi, rigettato e la ricorrente condannata al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00, per compensi, in favore del Comune di Pozza di Fassa, e in Euro 5.000,00, per compensi, in favore della F.lli P. s.n.c., oltre, in favore di ciascuna parte controricorrente, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 4 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2018

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