Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10638 del 03/05/2010
Cassazione civile sez. I, 03/05/2010, (ud. 06/10/2009, dep. 03/05/2010), n.10638
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – est. Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.C. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA, PIAZZA
CAVOUR, presso la Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso L’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il
17/01/2006; n. 151/05 R.G.A.D.;
Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO
Libertino Alberto che chiede che la Corte di Cassazione, in Camera di
consiglio accolga per quanto di ragione il ricorso per manifesta
fondatezza.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso L. n. 89 del 2001, ex artt. 2 e 3 S.C. conveniva in giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli il Ministero della Giustizia chiedendo un’equa riparazione per la irragionevole durata di un giudizio dinanzi al giudice del lavoro (che aveva avuto una durata di anni uno e mesi dieci in primo grado e di anni tre e mesi sette in secondo grado) volto ad ottenere gli interessi e la rivalutazione monetaria sulla indennita’ di mobilita’ corrisposta in ritardo.
La Corte adita, rilevato che la pretesa nel processo presupposto era modesta, essendo stata quantificata in L. 1.863.311, che dovevano ritenersi quale durata irragionevole anni due, che la pretesa del S., peraltro, si era rivelata infondata, condannava l’amministrazione convenuta al pagamento a favore del S., per il ristoro dei danni non patrimoniali, della somma di Euro 800,00, con gli interessi legali a decorrere dal 2.3.2005, nonche’ delle spese processuali liquidate in Euro 17,04 per spese, Euro 60,00 per diritti ed Euro 120,00 per onorari da distrarsi a favore dell’avvocato antistatario.
Avverso detta sentenza S.C. ha proposto ricorso per Cassazione. Il Ministero della giustizia ha resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il ricorso per Cassazione il ricorrente denuncia violazione dell’art. 6 par. 1 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e della L. n. 89 del 2001, deducendo: che una volta accertata, come avvenuto nel caso di specie, la violazione del termine di ragionevole durata del processo il risarcimento va riconosciuto per ogni anno di durata e non per il solo ritardo e la liquidazione del danno per ogni anno di durata del processo non dovrebbe essere inferiore ad Euro 1.500,00 annui, cui dovrebbe essere aggiunta, trattandosi di causa di lavoro, la ulteriore somma di Euro 2.000,00;
che la modesta entita’ della somma richiesta nel giudizio presupposto e l’esito dello stesso, non sono ragioni che consentano di scendere al di sotto dei parametri indicati dalla CEDU, potendo il patema d’animo, che legittima l’indennizzo, sussistere anche se il valore del giudizio presupposto e’ modesto e se la pretesa risulti infondata, specie quando trattasi, come nel caso di specie, di cause di lavoro o previdenziali. Il ricorrente lamenta, altresi’, la violazione, nella liquidazione delle spese processuali, delle tariffe professionali. Il ricorso e’ fondato nei limiti di seguito precisati.
Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte di Cassazione il giudice nazionale deve tener conto dei criteri di determinazione della riparazione fissati dalla CEDU, ma il margine di valutazione, di cui il giudice conserva tuttavia il potere, gli consente di discostarsi, purche’ in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte Europea.
Cio’ posto, al fine di determinare l’entita’ del risarcimento, vengono in considerazione: la durata eccessiva del processo presupposto, che, nel caso di specie,e’ stata determinata dal giudice a quo, con motivazione ineccepibile, in anni due; i parametri minimi sanciti dalla CEDU di quantificazione dell’equo indennizzo, indicati in Euro 1.000,00 – 1.500,00 per ogni anno di ritardo, parametri che, come detto, non possono essere ignorati dal giudice nazionale, pur conservando questo un margine di valutazione che gli consente di discostarsi, purche’ in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate da quella Corte (cfr. per tutte cass. sez.un. n. 1340 del 2004). Nel caso che ne occupa il giudice a quo si e’ discostato eccessivamente dai parametri indicati dalla CEDU, non potendo ritenersi ragionevole una liquidazione di Euro 400,00 per ogni anno di ritardo, atteso che non puo’ ritenersi in armonia con i criteri CEDU un indennizzo inferiore ad Euro 750,00 annui per i primi tre anni e 1.000,00 per gli anni ulteriori (in considerazione del fatto che normalmente il patema cresce con il progredire della durata irragionevole del processo).
In base alle esposte considerazioni deve ritenersi che il giudice a quo ha ingiustamente liquidato al ricorrente, a titolo di danno morale per due anni di durata da ritenersi irragionevole, la somma di Euro 800,00, non essendogli consentito di scendere sotto Euro 1.500,00, che tenuto conto della modestia della posta in gioco, vanno ritenuti adeguati per compensare il danno patito nel caso di specie, senza che possa ritenersi fondata, per la stessa ragione, l’ulteriore richiesta del bonus di Euro 2000,00. Ne’ va presa in considerazione, al fine della liquidazione del danno, l’intera durata del processo, come invece vorrebbe il ricorrente, atteso che il giudice nazionale e’ tenuto ad applicare le norme dello Stato e, quindi, il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a, il quale prevede che, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, deve aversi riguardo al solo periodo eccedente il termine ragionevole di durata e non all’intero periodo di durata del processo presupposto (cfr. in tal senso Cass. 1403 del 2008; Cass. n. 1354 del 2008).
Fondata e’, altresi’, la censura relativa alla liquidazione delle spese giudiziali, non essendosi il giudice a quo attenuto a quanto previsto dalla tariffa giudiziale. Per quanto precede il ricorso deve essere accolto nei limiti su precisati, la sentenza deve essere cassata, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, condannando il Ministero della Giustizia a pagare a S.C., a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale, la somma di Euro 1.500,00, con gli interessi legali dalla domanda, nonche’, a titolo di rimborso spese processuali del giudizio dinanzi alla Corte d’Appello, la somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 310,00 per diritti ed Euro 480,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
L’accoglimento del ricorso nei limiti su indicati comporta il pagamento a favore del ricorrente anche delle spese del giudizio di legittimita’, che appare giusto compensare nella misura di un mezzo, gravando l’amministrazione del residuo mezzo, spese che per l’intero determina in Euro 600,00, di cui Euro 70,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte, sia per il giudizio di merito che per quello di legittimita’, a favore del difensore avv. Marra antistatario.
P.Q.M.
LA CORTE Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 1.500,00, per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio: che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 310,00 per diritti ed Euro 480,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte a favore dell’avv. A. L. Marra antistatario;
che compensa in misura di un mezzo per il giudizio di legittimita’, gravando l’amministrazione del residuo mezzo e che determina per l’intero in Euro 600,00, di cui Euro 70,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore dell’avv. A. L. Marra antistatario.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2010