Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10636 del 04/06/2020

Cassazione civile sez. I, 04/06/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 04/06/2020), n.10636

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5552/2019 proposto da:

M.Y., elettivamente domiciliato in Roma presso la Corte di

cassazione, difeso dall’avvocato Mariani Stefania;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– resistente –

avverso la sentenza n. 2151/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 12/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/02/2020 da Dott. DI MARZIO MAURO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – M.Y., cittadino del (OMISSIS), ricorre per tre mezzi, nei confronti del Ministero degli interni, contro la sentenza del 12 ottobre 2018, con cui la Corte d’appello di Ancona ha respinto l’appello avverso ordinanza del locale Tribunale di rigetto, in conformità alla decisione della competente Commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi riconoscere ad un “atto di costituzione”, depositato al fine della partecipazione all’udienza pubblica eventualmente fissata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia violazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3): Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 4 della Direttiva 2011/95/UE, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 nonchè art. 10 Direttiva 2013/32/UE, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 in merito allo speciale regime probatorio vigente nella materia di che trattasi e agli ampi poteri/doveri di collaborazione posti in capo all’organo Amministrativo prima, ed al Giudice nei due gradi di giudizio poi, nell’esame della domanda di protezione internazionale.

Il secondo motivo denuncia violazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3): Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 7 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27 in relazione alla ritenuta insussistenza di esposizione a un danno grave in capo al ricorrente, nonostante questi fosse stato minacciato apertamente quanto alla propria incolumità personale e alla vita, in un contesto di violenza incontrollata da parte di privati cittadini e di corpi di polizia e/o militari e/o paramilitari.

Il terzo motivo denuncia violazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3): Violazione o falsa applicazione dell’art. 4 della Direttiva 2011/95/UE, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 nonchè art. 10 Direttiva 2013/32/UE, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 e art. 2 Cost., in merito alla ritenuta insussistenza dei seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato per l’accoglimento dell’istanza di rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari.

2. – Il ricorso è inammissibile.

2.1. – E’ inammissibile il primo motivo.

Esso difatti, evidentemente frutto di una inappropriata operazione di taglia-incolla, non ha nulla a che vedere con la motivazione posta a sostegno del provvedimento impugnato, giacchè la Corte d’appello ha confermato il rigetto della domanda di protezione internazionale non già perchè il richiedente non ne avesse provato i presupposti, e tanto meno perchè egli non fosse credibile, bensì perchè, esclusa la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento dell’asilo, quanto alle ipotesi di protezione sussidiaria contemplate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) la vicenda da lui narrata aveva carattere strettamente privato (sarebbe stato costretto dagli zii sin da bambino a svolgere lavori usuranti, e in seguito avrebbe subito una rapina), e non risultava neppure allegato il tentativo di ottenere protezione dalle autorità del (OMISSIS).

Nulla del reale contenuto del provvedimento impugnato è presa in considerazione dal motivo.

Nel corpo di esso inoltre si richiamano, in modo evidentemente non pertinente rispetto al nucleo della censura, fonti diverse da quelle utilizzate in sede di merito (fonti dalle quali peraltro neppure risulta una situazione di conflitto armato generalizzato): il che evidenzia ulteriormente l’inammissibile tentativo di ribaltare il giudizio di merito al riguardo svolto dalla Corte territoriale.

2.2. – E’ inammissibile il secondo motivo.

Anche in questo caso la censura si disinteressa della motivazione svolta dalla Corte d’appello.

Il ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto “accertare se le autorità (OMISSIS) fossero effettivamente in grado di (o realmente volessero) offrire adeguata protezione al ricorrente in relazione a tali soprusi”.

Anzitutto, quali siano stati tali soprusi, come si è accennato, alla lettura del ricorso, non si sa, giacchè il ricorrente non ha ritenuto di spiegare alla Corte con qualche dettaglio che cosa lo avrebbe spinto a lasciare il suo paese, se non limitandosi alla generica affermazione che “gli zii sfruttavano il suo lavoro come contadino”, e ad un riferimento ad una non meglio identificata rapina che avrebbe subito, non si sa neppure quando ed in quale paese: di guisa che l’inammissibilità discende al riguardo in primo luogo dalla circostanza che il ricorso è totalmente privo di autosufficienza, mancando dei requisiti di cui all’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6.

Al di là di ciò, la Corte d’appello ha per l’appunto accertato, sulla base di un giudizio di merito non sindacabile in questa sede, giacchè effettuato nel rispetto del dovere di individuazione e citazione delle pertinenti fonti, che in (OMISSIS) l’esecutivo guidato dal presidente A.B. si è impegnato ad emendare una serie di leggi repressive, a riformare le forze di sicurezza, ad avviare un processo di giustizia, nonchè a migliorare le condizioni delle carceri, con conseguente insussistenza del pericolo che il ricorrente, in caso di ritorno nel Paese di origine, possa essere esposto ad un rischio riconducibile al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Quanto all’ipotesi contemplata dalla lett. c), la Corte territoriale ha aggiunto che il (OMISSIS), pur presentando criticità, non è attualmente interessato da eventi bellici e da situazioni di violenza generalizzata.

2.3. – Il terzo motivo è inammissibile.

Si tratta della stereotipata riproposizione, da pagina 14 a pagina 21, di considerazioni di ordine generale sulla protezione umanitaria, senza che neppure una riga sia dedicata alla specifica condizione individuale di vulnerabilità di M.Y., quantunque questa Corte abbia già affermato che la natura residuale ed atipica della protezione umanitaria se da un lato implica che il suo riconoscimento debba essere frutto di valutazione autonoma, caso per caso, e che il suo rigetto non possa conseguire automaticamente al rigetto delle altre forme tipiche di protezione, dall’altro comporta che chi invochi tale forma di tutela debba allegare in giudizio fatti ulteriori e diversi da quelli posti a fondamento delle altre due domande di protezione c.d. maggiore (Cass. 7 agosto 2019, n. 21123).

Si fa ad un certo punto soltanto riferimento alla “integrazione lavorativa in Italia del richiedente”, ma non una parola è detta sulle concrete ragioni, non si sa dove dedotte in giudizio, che militerebbero nel senso di detta integrazione.

3. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2020

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