Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10636 del 03/05/2010

Cassazione civile sez. I, 03/05/2010, (ud. 04/02/2010, dep. 03/05/2010), n.10636

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

A.J., elettivamente domiciliato in Roma, via Chisimaio

42, presso lo studio Ferrara – Guardata, rappresentato e difeso

dall’avv. Ferrara Silvio giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI CASERTA, in persona del Prefetto pro tempore;

– intimata –

avverso il decreto del Giudice di Pace di Caserta in data 14 ottobre

2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 4

febbraio 2010 dal relatore, cons. Dott. SCHIRO’ Stefano;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott.ssa CARESTIA Antonietta, che nulla ha

osservato.

LA CORTE:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

CHE:

1. A.J., nato il (OMISSIS), ha proposto ricorso per Cassazione, sulla base di quattro motivi, avverso il decreto in data 14 ottobre 2008, con il quale il Giudice di pace di Caserta ha respinto l’opposizione dello straniero al decreto di espulsione emesso il 26 settembre 2007 dal Prefetto di Caserta;

la Prefettura di Caserta non ha svolto attivita’ difensiva;

2. il Giudice di Pace ha respinto il ricorso di A.J., rilevando che questi, titolare di permesso di soggiorno per richiesto asilo politico, aveva inoltrato istanza di riconoscimento dello status di rifugiato e che tuttavia la competente Commissione con provvedimento del 23 settembre 2004 non aveva riconosciuto all’interessato tale status, con la conseguenza che lo straniero non risultava essere in possesso di alcun valido permesso di soggiorno;

3. con il primo motivo il ricorrente deduce che il Giudice di Pace non ha esercitato i suoi poteri istruttori per accertare il pericolo di persecuzioni a cui egli sarebbe potuto andare incontro in caso di rimpatrio nel suo paese di origine; formula al riguardo quesito di diritto, chiedendo se il Giudice di Pace debba esercitare i poteri istruttori e di indagine propri del processo di cognizione, al fine di accertare e verificare la sussistenza di situazioni ostative all’espulsione dello straniero ai sensi e per gli effetti di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19;

con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., per non essersi il Giudice di Pace pronunciato sul concreto pericolo, prospettato dall’opponente, di essere sottoposto a persecuzione o a trattamenti inumani e/o degradanti in caso di espulsione nel paese di origine; formula sul punto il seguente quesito di diritto: “costituisce vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. la totale assenza di decisione del Giudice di Pace nel procedimento D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 13 bis sul motivo di ricorso di violazione del principio del non refoulement D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 19?”;

con il terzo motivo si denuncia che il Giudice di Pace non ha preso in considerazione la critica sollevata dall’opponente, per non avere il Prefetto comunicato il provvedimento di espulsione in una lingua conosciuta dall’interessato; formula il quesito di diritto, chiedendo se l’impossibilita’ di traduzione del decreto di espulsione in una delle tre lingue veicolari previste dalla legge richieda una motivazione specifica e circostanziata, che dia conto dell’effettiva ignoranza della lingua italiana da parte dello straniero e della concreta impossibilita’ di rinvenire un interprete, o se sia sufficiente l’adozione di formule stereotipate e generiche che celino eventuali carenze operative della Prefettura;

con il quarto motivo il ricorrente si duole che il Giudice di Pace non abbia concretamente verificato la verosimiglianza dei timori e delle minacce da lui denunciate in caso di rimpatrio in (OMISSIS);

formula il quesito di diritto, chiedendo se il Giudice di Pace debba verificare se il Questore, in sede di emissione dell’ordine di allontanamento dal territorio nazionale, abbia concretamente valutato i pericoli di vita denunciati in caso di rimpatrio nel paese di provenienza e la concreta possibilita’ di ottemperanza da parte del destinatario, dandone adeguata e ragionevole motivazione; e’ stata depositata in cancelleria relazione ex art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata al difensore del ricorrente.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

4. il primo, il secondo e il quarto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto attinenti a questioni strettamente connesse, sono fondati nei termini qui di seguito precisati;

Il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 1, dispone che “in nessun caso puo’ disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”; a tale riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 2009/13393), con orientamento che il collegio condivide e a cui intende dare continuita’, hanno affermato che “La situazione giuridica soggettiva dello straniero che richieda il permesso di soggiorno per motivi umanitari… gode quanto meno della garanzia costituzionale di cui all’art. 2 Cost., sulla base della quale, anche ad ammettere, sul piano generale, la possibilita’ di bilanciamento con altre situazioni giuridiche costituzionalmente tutelate (che, sulla base della giurisprudenza della corte di Strasburgo, dovrebbe escludersi nell’ipotesi in cui venga in considerazione il divieto di cui all’art. 27 Cost., comma 3, sostanzialmente corrispondente all’art. 3 CEDU), esclude che tale bilanciamento possa essere rimesso al potere discrezionale della pubblica amministrazione, potendo eventualmente essere effettuato solo dal legislatore, nel rispetto dei limiti costituzionali.

A tali conclusioni e’ pervenuta la giurisprudenza di questa Corte rispetto alle analoghe situazioni del diritto di asilo e di quello al riconoscimento dello status di rifugiato rispetto alle quali il provvedimento giurisdizionale non ha natura costitutiva, ma dichiarativa (Cass. n. 4764/1997, 907/1999, 5055/2002, 8423 e 11441/2004).

L’identita’ di natura giuridica del diritto alla protezione umanitaria, del diritto allo status di rifugiato e del diritto costituzionale di asilo, in quanto situazioni tutte riconducibili alla categoria dei diritti umani fondamentali, trova riscontro nell’espressa disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, il quale individua la situazione che impone il divieto di espulsione e respingimento (e che pertanto legittima il diritto al soggiorno per un motivo che non puo’ non definirsi di natura umanitaria) con riferimento alla possibilita’ che lo straniero subisca persecuzioni per le ragioni dalla norma indicate, con formulazione solo marginalmente diversa da quella utilizzata dalla convenzione di Ginevra per descrivere i presupposti per la concessione dello status di rifugiato. Ne’ contraddice tali rilievi la circostanza che, secondo un orientamento di questa corte (Cass., n. 4725/2007, 3732/2004), la disposizione dell’art. 19 dovrebbe essere letta in connessione con il successivo art. 20, il quale prevede, come limite all’apprezzamento del giudice l’avvenuta adozione del decreto del presidente del consiglio dei ministri, d’intesa con tutti i ministri interessati, di misure temporanee da adottarsi, anche in deroga della disciplina generale dell’immigrazione, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravita’.

Infatti, tale orientamento non appare univocamente seguito (v.

infatti Cass. n. 16417/2007, che ha ritenuto del tutto autonomo l’accertamento della sussistenza del fatto persecutorio) e ha formato oggetto di persuasivi rilievi da parte della dottrina la quale ha evidenziato che l’art. 20 riguarda situazioni collettive ed autorizza deroghe alla ordinaria disciplina dell’immigrazione in favore della generalita’ di soggetti nei cui confronti si siano verificati gli eventi indicati nella disposizione, mentre l’art. 19 ha ad oggetto situazioni meramente individuali.

L’identita’ della natura giuridica di tutte le situazioni soggettive inquadrabili nella categoria dei diritti umani fondamentali, che deve essere affermata sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina interna vigente ancor prima del 20 aprile 2005, ha, inoltre, trovato espressa conferma nelle norme interne di attuazione delle direttive 2004/83/CE e 2005/85/CE, di cui, rispettivamente, al D.Lgs. n. 251 del 2007 e D.Lgs. n. 25 del 2008 (parzialmente modificato con il D.Lgs. n. 159 del 2008). L’art. 32 del primo testo normativo ha attribuito le valutazioni relative ai presupposti per la concessione dei permessi di soggiorno umanitari alle stesse commissioni territoriali competenti per l’accertamento dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato e la concessione della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, lett. e), mentre art. 34, ha stabilito l’equivalenza degli effetti delle dette misure di “protezione sussidiaria” e dei permessi di soggiorno per ragioni umanitarie. Appare evidente che la ratio di entrambe le norme e’ individuabile proprio nell’accettata identita’ di natura delle situazioni giuridiche e che la nuova disciplina appare, sul punto, avere piu’ una funzione ricognitiva e chiarificatrice che innovativa. In conclusione, la situazione giuridica dello straniero che richieda il rilascio di permesso per ragioni umanitarie ha consistenza di diritto soggettivo, da annoverare tra i diritti umani fondamentali garantiti dall’art. 2 Cost.”;

5. il decreto del Giudice di Pace di Caserta in questa sede impugnato – nell’affermare che il ricorrente aveva inoltrato istanza di riconoscimento dello status rifugiato, ottenendo permesso di soggiorno per richiesto asilo politico, e che tuttavia la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato con provvedimento del 23 settembre 2004 non aveva riconosciuto al richiedente tale stato, traendone la conseguenza che il decreto di espulsione era stato regolarmente emesso, in quanto lo straniero non era risultato essere in possesso di alcun permesso di soggiorno, e nel l’omettere di pronunciarsi sul concreto pericolo, prospettato dall’opponente, di essere sottoposto a persecuzione o a trattamenti inumani e/o degradanti in caso di espulsione nel paese di origine, pericolo concreto che, se accertato, avrebbe comportato una situazione ostativa all’espulsione dello straniero – non si e’ uniformato al disposto del citato D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 1, e ai principi di diritto in precedenza enunciati, atteso che l’istituto del divieto di espulsione o di respingimento previsto dalla richiamata disposizione costituisce una misura di protezione umanitaria ed a carattere negativo, che non conferisce, di per se’, al beneficiario alcun titolo di soggiorno in (OMISSIS), ma solo il diritto di non vedersi nuovamente immesso in un contesto di elevato rischio personale, spettando al giudice di valutare in concreto la sussistenza delle allegate condizioni ostative all’espulsione o al respingimento (Cass. 2004/8423; 2006/3845);

6. il terzo motivo e’ invece inammissibile in quanto il quesito formulato risulta del tutto generico e tautologico, ipotizzando apoditticamente e in modo non dimostrato che la Prefettura abbia adottato formule “stereotipate” e generiche per celare sue carenze operative;

7. le considerazioni che precedono conducono alla dichiarazione d’inammissibilita’ del terzo motivo di ricorso e all’accoglimento, nei termini sopra enunciati, delle censure formulate nel primo, secondo e quarto motivo, con conseguentemente annullamento del decreto impugnato in ordine alle doglianze di cui ai motivi accolti;

poiche’ sono necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa deve essere rinviata ad altro giudice, che si individua nel Giudice di Pace di Caserta in persona di diverso giudice, che riesaminera’ il ricorso e provvedera’ anche a regolare le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il terzo motivo del ricorso e accoglie, nei termini di cui in motivazione, gli altri motivi. Cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Giudice di Pace di Caserta, in persona di diverso giudice.

Cosi’ deciso in Roma, il 4 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2010

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