Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10632 del 04/06/2020

Cassazione civile sez. I, 04/06/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 04/06/2020), n.10632

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36828/2018 proposto da:

A.N., elettivamente domiciliato in Roma Via Del Casale

Strozzi, 31, presso lo studio dell’avvocato Barberio Laura che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2193/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 16/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/02/2020 da Dott. DI MARZIO MAURO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – A.N., cittadino (OMISSIS), ricorre per tre mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 16 ottobre 2018 con cui la Corte d’appello di Ancona ha respinto il suo appello avverso ordinanza del locale Tribunale di rigetto, in conformità al provvedimento della competente Commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – Non svolge difese l’amministrazione intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia error in iudicando in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2000, art. 3, commi 3 e 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7, art. 8, comma 3, relativi all’obbligo di cooperazione istruttoria incombente sul giudice della protezione internazionale, omessa audizione e omesso esame dei documenti prodotti in giudizio.

Il secondo motivo denuncia error in iudicando in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), artt. 3, 4, art. 5, comma 2, art. 14, lett. b), relativi ai presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria nelle forme del rischio di trattamenti inumani e degradanti ad opera di bande criminali in Edo State e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), relativamente alla situazione di grave violenza indiscriminata nell’Edo State.

Il terzo motivo denuncia error in iudicando in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, del Testo Unico Immigrazione e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, relativo ai presupposti per il riconoscimento di protezione umanitaria.

2. – Il ricorso va accolto nei limiti che seguono.

2.1. – Il primo motivo è infondato.

La Corte d’appello ha così motivato in punto di non credibilità della narrazione del richiedente: “L’appellante ha dedotto di avere un fratello che è stato rapito nel gennaio 2015, mentre si trovavano all’interno della loro abitazione, da quattro persone sconosciute, armate, che però non hanno usato loro violenza, e da allora non ha avuto più sue notizie; ha denunciato l’accaduto alle Autorità ma non è stato possibile individuare i responsabili perchè non è stato in grado di descrivere i rapitori nè il veicolo con cui sono fuggiti. Nel marzo dello stesso anno, mentre era all’università, hanno tentato di aggredirlo persone che presume facessero parte del gruppo che aveva rapito il fratello, perchè pronunciavano ripetutamente il suo nome, ma è riuscito a fuggire; presume altresì che volessero rapirlo per il fatto che aveva sporto denuncia alla Polizia sul rapimento del fratello. Teme di tornare in Nigeria perchè ha paura di subire la stessa sorte del fratello. Il riesame delle dichiarazioni rese dall’odierno appellante consente di evincere che i fatti narrati, oltre ad essere sprovvisti di riscontri oggettivi, sono caratterizzati da estrema vaghezza, specie con riferimento ai motivi per i quali il fratello sarebbe stato rapito, per nulla accennati neppure in via presuntiva oppure in termini di rivalità tra gruppi di diversa etnia, come dedotto dal suo difensore, oppure con riferimento alle ragioni per le quali presume di essere stato aggredito dalle stesse persone per il fatto di aver denunciato il rapimento del fratello”.

Per un verso, occorre osservare, il giudizio di non credibilità del richiedente è assistito da una motivazione che eccede la soglia del minimo costituzionale, essendo effettivamente implausibile che egli non si fosse rappresentato un qualche motivo tale da giustificare una condotta così efferata, quale il rapimento di una persona che, a quanto par di comprendere, non avrebbe poi più neppure fatto ritorno; per altro verso si deve aggiungere che siffatta valutazione rientra senz’altro nell’ambito del consentito del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, richiedendo esso sia che il richiedente abbia compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda, ovvero abbia offerto una idonea motivazione dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi, sia che le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, e solo allora, ovviamente, che non siano in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone.

A fronte di ciò il ricorrente ha lamentato la violazione del dovere di cooperazione istruttoria che discende dall’applicazione di tale disposizione, ma, a parte il fatto che non è dato comprendere qual è il parametro normativo, volto a procedimentalizzare il giudizio di credibilità, che il giudice di merito non avrebbe osservato, la giurisprudenza di questa Corte è univoca nell’affermare che il dovere di cooperazione istruttoria non sussiste se il richiedente non sia credibile, per quanto attiene alle ipotesi contemplate del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), (Cass. 20 dicembre 2018, n. 33096; Cass. 19 febbraio 2019, n. 4892), mentre non lo è per quanto attiene alla ipotesi della lettera c), di cui si dirà più avanti.

Con riguardo poi alla questione della mancata audizione del richiedente dinanzi al giudice d’appello, premesso che lo stesso ricorrente riconosce che detto giudice non aveva l’obbligo di disporla, a parte il fatto che non risulta neppure che essa fosse stata richiesta, è risolutivo il rilievo che il ricorso non spiega quale apporto detta audizione avrebbe mai potuto avere al fine di rendere credibile quella narrazione.

Resta da dire che nella rubrica del motivo si fa anche riferimento ad “omesso esame dei documenti prodotti in giudizio”, ma è appena il caso di osservare che, quanto a detti documenti (una relazione psicologica e un estratto della denuncia che sarebbe stata effettuata del rapimento), il ricorso non è autosufficiente, poichè, qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonchè alla specifica indicazione del luogo in cui ne è avvenuta la produzione, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza sulla base del solo ricorso, senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso (Cass. 7 marzo 2018, n. 5478).

2.2. – Il secondo motivo è fondato nei limiti che seguono.

2.2.1. – Quanto alla domanda di protezione sussidiaria spiegata in riferimento del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), si è già detto che essa è preclusa dal giudizio di non credibilità del richiedente.

2.2.2. – Quanto alla lett. c), il ricorso lamenta tra l’altro che la sentenza impugnata non abbia indicato le fonti in forza delle quali ha affermato che nella zona di provenienza del richiedente non sussista una situazione riconducibile alla previsione normativa.

In effetti l’indicazione delle fonti è totalmente omessa.

Essa è invece necessaria (p. es. Cass. 22 maggio 2019, n. 13897).

3. – Il terzo motivo è assorbito.

4. – La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione, che si atterrà a quanto dianzi indicato e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie per quanto di ragione il secondo, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2020

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