Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10630 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/04/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 22/04/2021), n.10630

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31296-2019 proposto da:

D.L.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO FEA, 9,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PAOLETTI, che la rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato CLEMENTINA PULLI,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati PATRIZIA

CIACCI, MANUELA MASSA;

– controricorrente –

avverso il decreto n. RG 2022/2018 del TRIBUNALE di VELLETRI,

depositato il 02/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Velletri, in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., con il decreto di omologa, accertato il requisito sanitario utile per l’assegno mensile di assistenza, ha condannato l’Inps al pagamento delle spese di giudizio liquidate e distratte in Euro 900,00, comprensive di spese oltre IVA e CPA, con distrazione;

per la cassazione del decreto, nella parte relativa alla statuizione sulle spese, D.L.R. ha proposto ricorso straordinario ex art. 111 Cost., affidato ad un unico motivo;

l’INPS ha resistito con controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo è denunciata – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – la violazione e la falsa applicazione dell’art. 13 c.p.c., comma 1, dell’art. 113c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nonchè dell’art. 2233 c.c., comma 2, e del D.M. n. 55 del 2014, artt. 4 e 5, e successive modifiche della allegata tabella nonchè vizio di motivazione;

è dedotta la incongruità della somma liquidata rispetto al valore della controversia, indicandosi in Euro 2.250,00 il parametro medio che l’autorità giudiziaria avrebbe dovuto considerare e in Euro 910,50 quello minimo, oltre spese forfettarie;

il motivo è fondato;

si osserva che, ai fini della individuazione degli scaglioni applicabili in ragione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali, deve applicarsi il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., comma 1, per cui se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (Cass., sez. un., n. 10455 del 2015);

applicando tali principi al caso in esame, il valore della causa va individuato tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due annualità della prestazione richiesta; i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, per il procedimento in oggetto (di istruzione preventiva), computando tre fasi, vanno individuati in Euro 911,00 (risultanti dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4);

in particolare, con riguardo alla fase istruttoria e/o di trattazione, la riduzione va operata sottraendo il 70% all’importo del parametro medio, dovendo così interpretarsi il disposto del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, che testualmente prevede una riduzione “fino al 70 per cento” dell’importo liquidato per tale fase;

avuto riguardo all’importo dianzi indicato, la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnato decreto risulta inferiore ai minimi, nè risulta alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali;

pertanto, in accoglimento del ricorso, il decreto va cassato per quanto di ragione e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito liquidando, per la fase di ATP, le spese in complessivi Euro 911,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%, con distrazione al procuratore antistatario;

le spese del giudizio di legittimità, attesa l’esiguità dello scostamento tra quanto liquidato e quanto dovuto, vanno, invece, compensate.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio per ATP in Euro 911,00 per compensi professionali oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge con distrazione al procuratore antistatario.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

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