Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10626 del 02/05/2017

Cassazione civile, sez. lav., 02/05/2017, (ud. 10/05/2016, dep.02/05/2017),  n. 10626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10960-2015 proposto da:

B.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

NICOLA RICCIOTTI 9 presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA ELENA

POVIA, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

GETRAG S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE

1, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO GHERA, rappresentata e

difesa dall’avvocato DOMENICO GAROFALO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2862/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 14/11/2014 R.G.N. 387/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito l’Avvocato POVIA MARIA TERESA;

udito l’Avvocato SCAPPATURA PATRIZIA per delega Avvocato GAROFALO

DOMENICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Bari, con sentenza pubblicata in data 14/11/2014, pronunziando sul reclamo proposto da B.R. ai sensi della L. n. 92 del 202012, nei confronti della Getrag S.p.A., avverso la sentenza emessa dal Tribunale della stessa sede (che aveva dichiarato la legittimità del licenziamento intimato al lavoratore dalla predetta società, in data 12/9/2012), respingeva il reclamo compensando le spese del grado.

La Corte territoriale osservava, per ciò che in questa sede ancora rileva, che il B., dipendente della Getrag S.p.A. da circa quattordici anni, era stato licenziato, previa contestazione di addebiti, per essersi allontanato dall’abitazione delle persone dallo stesso assistite durante alcune giornate di permesso concessogli ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 33 ed in particolare durante i turni di lavoro che avrebbe dovuto svolgere; la qual cosa era stata appurata all’esito di indagini svolte da un’agenzia investigativa all’uopo incaricata dalla datrice di lavoro; ed altresì che nel caso di specie assume particolare rilievo la condotta del dipendente, contraria alla buona fede o, comunque, lesiva della buona fede altrui, nei confronti del datore di lavoro, che, in presenza di un abuso del diritto al permesso, si vede privato ingiustamente della prestazione lavorativa del dipendente e sopporta comunque una lesione dell’affidamento riposto nel medesimo.

Per la cassazione della sentenza il B. propone ricorso articolato in tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 378 codice di rito.

La Getrag S.p.A. resiste con controricorso e deposita altresì memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del combinato disposto della L. n. 104 del 1992, artt. 33 e della L. n. 183 del 2010, art. 24 – c.d. Collegato lavoro -, che ha abrogato la L. n. 53 del 2000, art. 20, comma 1, nella parte in cui non prevede più l’obbligo della continuità e dell’esclusività dell’assistenza. In particolare, il B. assume che la Corte di merito avrebbe errato nel configurare, nella fattispecie, un’ipotesi di abuso del diritto, dal momento che non è più prevista, alla luce della nuova normativa che regola la materia, la necessità della continuità ed esclusività dell’assistenza.

2. Con il secondo motivo, formulato sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia la violazione del combinato disposto della L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 5 e dell’art. 2119 c.c., perchè la sentenza oggetto del giudizio di legittimità non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi di diritto dettati in tema di licenziamento per giusta causa, in quanto, tra l’altro, non avrebbe neppure preso in considerazione la mancanza di proporzionalità tra l’infrazione e la sanzione disciplinare, quale presupposto indicato dall’art. 2106 c.c., ai sensi del quale -l’inosservanza… può dare luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell’infrazione”.

3. Con il terzo mezzo di impugnazione viene dedotta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 115 dello stesso codice; al riguardo, si lamenta che la sentenza impugnata non avrebbe fatto corretta applicazione dei fondamentali principi di diritto in tema di disponibilità delle prove di cui all’art. 115 c.p.c., non avendo la Corte di merito posto a fondamento della decisione gli elementi di prova indicati dalle parti.

4. Il ricorso è inammissibile.

Ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 62, il ricorso per cassazione, nei casi disciplinati dal c.d. “rito Fornero”, deve essere proposto entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione della sentenza.

Nel caso di specie, come rettamente rilevato dalla controricorrente – e come emerge dagli atti -, il deposito della sentenza è stato comunicato telematicamente dalla cancelleria della Corte di Appello dalla quale la stessa è stata emessa, ad entrambi i procuratori costituiti in giudizio, in data 14/11/2014. Pertanto, il ricorso per cassazione avverso la sentenza oggetto del giudizio di legittimità avrebbe dovuto essere proposto entro il 13/1/2015, mentre è stato notificato il 24/4/2015, quindi, oltre il termine di legge (conf. Cass. n. 19177/2015 e n. 15216/2011).

5. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità da liquidare in Euro 3.100, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso Roma, il 10 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2017

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