Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10625 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/04/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 22/04/2021), n.10625

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14416-2019 proposto da:

G.I.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FRANCESCO DE SANCTIS 15, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO

COSI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, (OMISSIS), in persona del Dirigente pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo

studio dell’avvocato GIANDOMENICO CATALANO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LORELLA FRASCONA’;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato

ANTONINO SGROI, che lo rappresenta e difende unitamente agli

avvocati EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA SCIPLINO, LELIO MARITATO, CARLA

D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3970/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’1 1/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott.

GABRIELLA MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte di appello di Roma, in parziale accoglimento dell’appello interposto da G.I.M., ha dichiarato prescritti i crediti INPS e INAIL oggetto di sei cartelle esattoriali, sottese al preavviso di fermo amministrativo veicoli comunicato al ricorrente;

in relazione ad altre cartelle ed avvisi di addebito, ha confermato la decisione di rigetto;

per quanto di rilievo in questa sede, la Corte territoriale ha osservato come la qualificazione dell’azione, in termini di opposizione agli atti esecutivi, resa dal Tribunale in relazione alla parte di domanda fondata sulla nullità o sull’irritualità della notifica delle cartelle di pagamento sottostanti al preavviso di fermo D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 86, non fosse stata specificamente censurata, limitandosi la parte a dedurre di avere agito nel termine di 40 giorni;

ha, invece, giudicato fondata, in relazione a sei cartelle di pagamento, l’azione diretta a far valere la prescrizione dei crediti per essere decorso il termine di prescrizione quinquennale dopo la formazione dei titoli; per le altre cartelle e gli ulteriori avvisi di addebito, viceversa, il fermo amministrativo risultava notificato nel quinquennio;

in merito alla regolazione delle spese, la corte territoriale ha compensato, per metà, le spese dei due gradi di merito e posto a carico dell’appellante la parte residua, liquidata come da dispositivo;

avverso la decisione, ha proposto ricorso in cassazione G.I.M. con due motivi;

hanno resistito, ciascuno con controricorso, l’INAIL e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (di seguito anche ADER);

l’INPS ha depositato procura speciale;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

l’INAIL ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 83 e 171 c.p.c., nonchè del R.D. n. 1163 del 1933, art. 43, per avere la Corte territoriale giudicato ritualmente costituita l’Agenzia delle Entrate nonostante si fosse avvalsa di un avvocato del libero foro. Il vizio è prospettato per dedurre l’inutilizzabilità delle relate di notificazione prodotte da ADER e utilizzate ai fini della decisione;

il motivo è manifestamente infondato;

in disparte il rilievo di non specificità delle censure (parte ricorrente non riproduce in ricorso – nè deposita ritualmente – gli atti che assume prodotti dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione), il motivo è manifestamente infondato alla stregua del principio di diritto affermato da Cass., sez. un., n. 30008 del 2019 e intervenuto nelle more del presente giudizio: “Ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: a) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi del R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, comma 4, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, nè della delibera prevista dal citato R.D., art. 43, comma 4, – nel rispetto del D.Lgs. n. 50 del 2016, artt. 4 e 17, e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 5, conv. in L. n. 225 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. Quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità”;

con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione alla statuizione di condanna al pagamento, nella misura della metà, delle spese di lite, nonostante l’accoglimento parziale del gravame;

a tale riguardo, la parte ricorrente deduce che la Corte di appello non avrebbe potuto condannare la parte, parzialmente vittoriosa, al pagamento delle spese di lite;

il motivo è fondato;

all’esito della decisione della Corte territoriale, l’originaria opposizione del ricorrente, sia pure con riferimento soltanto ad alcune cartelle, è stata accolta e, pertanto, lo stesso è parte, parzialmente, vittoriosa;

ricorre, dunque, l’ipotesi dell’accoglimento parziale dell’unica domanda che, nel regime normativo posteriore alle modifiche introdotte all’art. 91 c.p.c., dalla L. n. 69 del 2009, ratione temporis applicabile, giustifica la condanna dell’attore solo in caso di accoglimento della domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa (v. Cass. n. 1572 del 2018; Cass. n. 26918 del 2018);

come noto, l’art. 91 c.p.c., nel testo modificato dalla L. n. 69 del 2009, e applicabile ai giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009, ha introdotto una deroga al principio generale della soccombenza, stabilendo che il giudice, “se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dall’art. 92, comma 2 “;

come è stato osservato, la previsione resta comunque espressione del principio della causalità giacchè la parte, benchè parzialmente vittoriosa nel merito, ha dato causa a quelle spese del giudizio che non si sarebbero avute ove la stessa non avesse opposto un rifiuto ingiustificato alla proposta avanzata dalla controparte a titolo conciliativo (v., in motivazione, Cass. n. 16353 del 2017, p. 10.2.);

ne consegue che il principio per cui “in caso di accoglimento parziale della domanda, il giudice può, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa ma questa non può essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte, nonostante l’esistenza di una soccombenza reciproca per la parte di domanda rigettata o per le altre domande respinte” deve, all’attualità, essere integrato dalla previsione dell’ipotesi eccezionale di condanna “consentita dall’ordinamento solo in caso di accoglimento della domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa”(Cass. n. 1572 del 2018; Cass. n. 26918 del 2018);

nel caso concreto, la Corte di appello ha errato nel condannare la ricorrente, parzialmente vincitrice, al pagamento della metà delle spese liquidate per i due gradi di merito, poichè non ricorre l’ipotesi eccezionale di cui all’art. 91 c.p.c.;

in conclusione, va accolto il secondo motivo, rigettato il primo;

la sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, perchè provveda ad una nuova regolamentazione delle spese sulla base dei suesposti principi di diritto;

al giudice di rinvio è demandata, altresì, la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

 

 

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