Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10624 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/04/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 22/04/2021), n.10624

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO CARLA – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13848-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato ESTER ADA

SCIPLINO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE;

– ricorrente –

contro

G.L.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BUCCARI

11, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI TIBURZI, rappresentato

e difeso dall’avvocato DANILO SAVA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1613/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione di primo grado che aveva dichiarato insussistente il credito di cui all’avviso di addebito notificato a G.L.V. e da quest’ultimo opposto;

nello specifico, l’Inps aveva intimato il pagamento della somma di Euro 28.606,21, a titolo di omessa contribuzione, per gli anni dal 2007 al 2011, sia in relazione ai redditi derivanti dallo svolgimento dell’attività di maestro di sci da parte di G.L.V. e del collaboratore G.A., sia per i redditi derivanti, quanto al collaboratore G.A., dalla partecipazione pro quota ad altra società a responsabilità limitata;

la Corte territoriale ha, in primo luogo, osservato che tanto G.L.V. quanto G.A. erano iscritti alla gestione commercianti per “altra” attività di lavoro, abituale, personale e prevalente. Per i redditi derivanti dall’attività di maestri di sci, la Corte ha, quindi, escluso l’obbligo previdenziale, trattandosi, per entrambi, di attività svolta in via occasionale, quali affiliati di scuole sci;

in merito alla diversa questione degli utili percepiti da G.A. in virtù della mera partecipazione, quale socio di capitale (e non lavoratore) ad una società di capitali, ha ritenuto che gli stessi non fossero qualificabili come redditi di impresa e che perciò non potessero entrare a fare parte della base contributiva;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’Inps sulla base di unico motivo;

resiste G.L.V., con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con unico motivo l’INPS deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. 14 novembre 1992, n. 438, art. 3 bis, di conv.ne con modificazioni del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, e in connessione con la L. 2 agosto 1990, n. 233;

occorre precisare che l’unica questione sviluppata nel motivo e sottoposta al vaglio di questa Corte attiene al fatto se il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in quanto svolgente un’attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per il sorgere della tutela previdenziale obbligatoria, debba parametrare o meno il proprio obbligo contributivo a tutti i redditi percepiti nell’anno di riferimento, tenendo conto anche di quelli da partecipazione a società di capitali nella quale egli non svolge attività lavorativa;

invero, la statuizione con cui la corte meneghina ha escluso l’obbligo contributivo in relazione all’attività di maestri di sci, sulla base di un accertamento di fatto, che ha condotto alla qualificazione della stessa in termini di collaborazione autonoma occasionale, non è specificamente censurata;

ciò premesso, la questione controversa è stata affrontata e risolta da Cass. n. 21540 del 2019 (seguita, tra le altre, da Cass. n. 18594 del 2020 e da Cass. n. 19001 del 2020);

il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate, condividendone le ragioni esposte, da intendere qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., atteso che il ricorrente non apporta argomenti decisivi che impongano la rimeditazione del richiamato orientamento giurisprudenziale;

nelle citate pronunce è stato rilevato che il D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 3 bis, convertito con modificazioni dalla L. 14 novembre 1992, n. 438, ha previsto che “A decorrere dall’anno 1993, l’ammontare del contributo annuo dovuto per l’soggetti di cui alla L. 2 agosto 1990, n. 233, art. 1, è rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono” e che con la nuova disposizione rileva “la totalità” dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF, non parlandosi più della sola attività che dà titolo all’iscrizione alla gestione della L. n. 233 del 1990, ex art. 1, con una formulazione che realizza un ampliamento della base imponibile contributiva;

è stato precisato, altresì, che al fine di individuare quale sia il reddito di impresa rilevante ai fini contributivi, occorre fare riferimento alle norme fiscali e, dunque, in primo luogo al testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Il suddetto D.P.R., contiene distinte disposizioni onde qualificare i redditi d’impresa rispetto ai redditi di capitale: i primi, a mente dell’art. 55 (nel testo post riforma del 2004), sono quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale mentre l’art. 44, lett. e) (nel testo post riforma del 2004), ricomprende tra i redditi di capitale gli utili da partecipazione alle società soggette ad IRPEG (ora IRES);

quindi poichè la normativa previdenziale individua, come base imponibile sulla quale calcolare i contributi, la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale e considerato che secondo il testo unico delle imposte sui redditi gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, sono inclusi tra i redditi di capitale, ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi;

in tali precedenti (v. Cass. n. 21540 cit., p. 11 e ss) è messo in evidenza anche il diverso regime dettato per i soci di società di persone e le ragioni di coerenza del sistema alla luce dei principi affermati dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 354 del 2001;

pertanto, il ricorso va rigettato;

le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

 

 

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