Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10623 del 04/06/2020
Cassazione civile sez. I, 04/06/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 04/06/2020), n.10623
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35630/2018 proposto da:
E.I.J., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso
la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e
difeso dall’avvocato Rosaria Tassinari, giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 5417/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 26/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
21/01/2020 dal Consigliere Dott. Paola Vella.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Napoli ha rigettato il ricorso proposto dal cittadino nigeriano E.I.J. avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli di diniego della protezione internazionale e – per quanto si legge a pag. 1 della sentenza – di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
2. Il ricorrente ha impugnato la decisione con ricorso affidato a quattro motivi. Il Ministero intimato non ha svolto difese.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Con il primo motivo si deduce la “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 5, D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, art. 27, comma 1 bis”, per avere la corte d’appello formato “il proprio convincimento esclusivamente sulla base della credibilità soggettiva del richiedente”, senza attivare “il potere istruttorio officioso necessario per una conoscenza adeguata della situazione socio-politico-economica” del paese di provenienza del ricorrente.
3.1. La censura è inammissibile, giacchè la decisione impugnata risulta fondata non già sulla non credibilità del ricorrente, bensì sulla infondatezza delle sue pretese, sulla base di plurime fonti qualificate (cd. COI, Country of Origin Information) sulla Nigeria, debitamente acquisite e puntualmente indicate in motivazione (rapporto Amnesty International 2016-2017 e rapporti COI aggiornati a maggio 2018).
4. Con il secondo mezzo si deduce la “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 7, 8 e 11, D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 2”, poichè, con riguardo all’invocato riconoscimento dello status di rifugiato, “dai fatti rappresentati dal ricorrente può ritenersi sussistente il suo fondato timore di subire, in caso di rimpatrio, atti di persecuzione sufficientemente gravi, per loro natura o frequenza, da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali”.
4.1. La censura è manifestamente inammissibile per la sua estrema genericità.
5. Il terzo motivo prospetta la “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c”, poichè dai reports disponibili emergerebbe che il paese di provenienza del richìedente versa in una condizione di violenza indiscriminata e diffusa, mentre la corte territoriale non avrebbe condotto un esame rigoroso ed approfondito dell’intervento delle autorità statuali sulle situazioni di violenza diffusa”.
5.1. Anche questa censura è del tutto generica, avendo del resto il giudice a quo tratto dalle fonti consultate il convincimento che nel paese di origine del richiedente non sussista una condizione di violenza indiscriminata, e ciò sulla base di una valutazione di merito di sua esclusiva pertinenza, in ossequio ai principi già espressi da questa Corte, secondo i quali lo straniero non può ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o la protezione sussidiaria per il solo fatto che vi siano nel suo paese di origine aree o regioni insicure, qualora la regione o area da cui egli provenga sia immune da rischi di persecuzione o da situazioni di violenza indiscriminata (Cass. 18540/2019, 13088/2019, 28433/2018). La doglianza si traduce perciò in una inammissibile sollecitazione del riesame del merito (conf., da ultimo, Cass. 1777/2020).
5.2. Va comunque rammentato che il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, implica, alternativamente: i) una contestualizzazione della minaccia ivi prevista, in rapporto alla specifica condizione personale del richiedente; ii) l’esistenza di un conflitto armato interno, caratterizzato dal ricorso ad una violenza indiscriminata, che raggiunga un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile, rientrato nel Paese o, se del caso, nella regione in questione, correrebbe, per la sua sola presenza su quel territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia. Ebbene, solo nel secondo caso il giudice è tenuto a verificare d’ufficio, tramite le COI, l’esistenza della situazione di violenza indiscriminata (Cass. 19716/2018), mentre nel primo non può essere chiamato a supplire ad eventuali carenze probatorie del richiedente (Cass. 14006/2018, 13858/2018); fermo restando, peraltro, l’onere del richiedente di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, in difetto non potendo attivarsi i poteri istruttori officiosi del giudice (Cass. 8908/2019, 3016/2019, 17069/2018).
6. Con il quarto mezzo ci si duole della “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6”.
6.1. La censura è inammissibile poichè la corte d’appello ha dato atto – con statuizione non censurata in questa sede – che il tribunale ha riconosciuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari.
7. Nulla sulle spese. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (Cass. Sez. U, 23535/2019).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2020