Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10621 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/04/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 22/04/2021), n.10621

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO CARLA – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 874-2020 proposto da:

ESSELUNGA SPA, in persona del procuratore generale pro tempore,

elettivamente domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dagli

Avvocati VITTORIO BECHI, STEFANO CHITI;

– ricorrente –

contro

M.M., elettivamente domiciliato presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e

difeso dall’Avvocato LUIGI MAGGIANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 755/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Don. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Lucca, pronunciando sull’opposizione, ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 51 e ss., proposta da M.M. avverso l’ordinanza che aveva respinto l’impugnativa del licenziamento intimato per giusta causa dalla ESSELUNGA S.p.A. (di seguito, per brevità, Esselunga) rigettava il ricorso;

2. la Corte di appello di Firenze, con sentenza n. 755 del 2019, accoglieva il reclamo del lavoratore e dichiarava illegittimo il licenziamento; applicava la tutela di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5, e, per l’effetto, dichiarando risolto il rapporto di lavoro con decorrenza dalla data del licenziamento, riconosceva al lavoratore un’indennità risarcitoria pari a 18 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto;

3. in estrema sintesi, a fondamento del decisum, la Corte di appello ha posto le seguenti argomentazioni: a) risultava provato il fatto posto a base del licenziamento: il lavoratore, a seguito di una discussione con un collega nel reparto macelleria, era passato alle vie di fatto; l’accadimento era visibile e/o udibile da parte degli altri colleghi e dei clienti del reparto medesimo; b) tale condotta era astrattamente riconducibile all’ipotesi sanzionata dal CCNL di settore, con il licenziamento senza preavviso; c) tuttavia, in concreto, il recesso datoriale non era proporzionato: il lavoratore aveva colpito il collega dopo essere stato schiaffeggiato; dopo la prima discussione, avvenuta nel reparto e rimasta nei limiti di un confronto verbale, il lavoratore aveva continuato a lavorare senza dare seguito al diverbio. Era stato il collega a seguire il M. nella cella frigorifera con l’intenzione di continuare il litigio e di aggredirlo (testualmente in sentenza: “mettergli le mani addosso”); il lavoratore non aveva precedenti disciplinari;

4. ha proposto ricorso per cassazione Esselunga, affidato a due motivi;

5. ha resistito, con controricorso, il lavoratore;

6. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo, è dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione per il giudizio; le censure afferiscono alla ricostruzione della vicenda concreta; si imputa alla Corte di appello l’omesso esame del contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone D. (id est: dal collega con cui il lavoratore, odierno controricorrente, ha litigato) ovvero l’utilizzazione delle stesse (v. pag. 17, punto 28 del ricorso in cassazione) per avvalorare solo alcune circostanze e non altre;

1.1. il motivo è inammissibile, non indicando, nei modi rigorosi richiesti dal vigente testo del predetto art. 360 c.p.c., n. 5 (applicabile ratione temporis), il “fatto storico”, non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo, secondo gli enunciati di Cass., sez. un., nn. 8053 e 8054 del 2014 (principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici);

1.2. in modo evidente, le censure celano la richiesta di un diverso coordinamento dei dati acquisiti, ai fini di una più appagante ricostruzione della vicenda concreta, del tutto inammissibile in questa sede di legittimità;

2. con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1175,1362,1363,1365,1366,1375,1455,2104,2105,2106 e 2119 c.c., nonchè del CCNL 18 luglio 2008, artt. 220, 225 e 229, per i dipendenti da aziende del terziario della distribuzione e dei servizi; per Esselunga, la Corte di appello non avrebbe espresso il giudizio di proporzionalità in conformità alle previsioni legali e contrattuali che regolano il licenziamento disciplinare nel settore del terziario;

2.1. anche il secondo motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità;

2.2. in disparte profili di violazione degli oneri di deduzione e specificazione imposti alla parte che ricorre in cassazione (non risulta localizzata la sede di produzione del testo “integrale” del CCNL di cui si assume la violazione), la contestazione del giudizio di proporzionalità, articolata in termini di errore di diritto, non coglie nel segno giacchè omette di considerare che il giudizio inerente alla gravità, in concreto, dell’inadempimento (cd. giudizio di proporzionalità), espresso attraverso la valutazione dei fatti di causa, costituisce un tipico accertamento riservato al giudice di merito, confinato nell’area dell’apprezzamento del fatto (ex multis, Cass. n. 26010 del 2018; Cass. n. 7426 del 2018; Cass. n. 8293 del 2012; Cass. n. 7948 del 2011), insindacabile in sede di legittimità, se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, tempo per tempo vigente. Parte ricorrente, infatti, non individua nella valutazione di illegittimità della sanzione espulsiva da parte del giudice del reclamo alcuno specifico contrasto con disposizioni normative o principi di diritto; le critiche articolate tendono, piuttosto, a contrastare tale valutazione sotto il profilo della mancata considerazione di alcuni elementi e della errata valorizzazione di circostanze che si asseriscono ininfluenti;

2.3. in ogni caso, anche a voler riqualificare il motivo in termini di vizio di motivazione, le censure soffrono dei medesimi limiti di ammissibilità già evidenziati in relazione al primo motivo di ricorso;

3. in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con le spese liquidate come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore che si è dichiarato antistatario;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con attribuzione all’avv.to Luigi Maggiani.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

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