Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10619 del 03/05/2010
Cassazione civile sez. un., 03/05/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 03/05/2010), n.10619
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –
Dott. DE LUCA Michele – Presidente di sezione –
Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. TIRELLI Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Ministero per i beni e le attività culturali, domiciliato in Roma,
Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che
lo rappresenta e difende per legge;
– ricorrente –
contro
scarl La Edificatrice, elettivamente domiciliata in Roma, Via
Alessandria 26, presso lo studio dell’avv. Andrea Cifariello,
rappresentata e difesa dall’avv. MANDRAS Amedeo per mandato in atti;
– controricorrente –
coop rl S’Imbernia;
– intimata –
avverso la sentenza n. 5643/2008, depositata dal Consiglio di Stato
in data 12/11/2008;
Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
27/4/2010 dal Relatore Cons. Dott. Francesco Tirelli;
Udito l’avvocato dello Stato Fiengo;
Sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GOLIA Aurelio, che ha concluso per la dichiarazione della
giurisdizione del giudice amministrativo.
La Corte:
Fatto
FATTO E DIRITTO
rilevato che il 22/6/2001, la scarl La Edificatrice ha venduto alla coop rl S’Imbernia un complesso immobiliare sito in Comune di Alghero;
che essendo una parte dei beni gravata da vincolo archeologico, l’alienante ha denunciato la vendita al Ministero per i beni e le attività culturali, che con decreto del Direttore Generale per i beni archeologici ha esercitato la prelazione di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 59;
che la scarl La Edificatrice ha impugnato il provvedimento davanti al TAR della Sardegna, che in accoglimento del ricorso ne ha pronunciato l’annullamento per mancata comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento;
che il Ministero ha interposto appello al Consiglio di Stato, che ha rigettato il gravame dopo aver affermato la propria giurisdizione;
che il Ministero ha censurato l’anzidetta statuizione con un unico motivo, con il quale ha dedotto la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 59, e segg., alla luce dei quali il Consiglio di Stato avrebbe dovuto riconoscere che quello attribuito all’Amministrazione e da essa in concreto esercitato non era altro che un semplice diritto potestativo di natura privatistica, di cui doveva conoscere il giudice ordinario;
che così riassunta la doglianza del ricorrente, cui ha controdedotto soltanto la scarl La Edificatrice, osserva il Collegio che in materia di beni di rilievo storico ed artistico, le norme succedutesi nel tempo e, cioè, la L. n. 1089 del 1939, il D.Lgs. n. 490 del 1999 e l’attuale D.Lgs. n. 42 del 2004, hanno sempre demandato alla PA il compito di valutare se, tenuto conto delle caratteristiche dei beni stessi, del prezzo per essi pattuito e delle risorse finanziarie a disposizione, fosse o meno utile per la generalità dei consociati acquisirne la proprietà con prelazione rispetto al terzo acquirente;
che in base alla finalità ed alla lettera delle predette norme, la PA interviene quindi come portatrice d’interessi collettivi, per la cui tutela può decidere di acquisire i beni all’esito di una valutazione altamente discrezionale, a fronte della quale le parti private si trovano in posizione di soggezione; che non varrebbe in contrario replicare che tale soggezione costituisce una caratteristica propria di tutte le ipotesi di prelazione e dei diritti potestativi in genere, perchè a differenza di quanto avviene, per esempio, in tema di locazione, successione o contratti agrari, il caso di specie esorbita dall’ambito meramente privatistico perchè non investe soltanto i singoli interessati, ma coinvolge più ampi aspetti e problematiche, consistenti anche nel verificare se, tutto sommato, sia o meno conveniente spendere in tal modo del denaro pubblico che potrebbe essere altrimenti utilizzato;
che trattasi pertanto di una vicenda di stampo pubblicistico, in cui la PA agisce in condizioni di supremazia ed emette, all’esito di una fase procedimentalizzata a garanzia sua e delle stesse parti, un provvedimento di tipo autoritativo della cui legittimità non può che conoscere il giudice amministrativo;
che in questo senso si sono d’altronde costantemente pronunciate sia le Sezioni Unite (C. Cass. 1992/8079, 1994/4386, 199671950, 200375993 e 2003/6221), che il Consiglio di Stato (di cui v., fra le più recenti, Sez. 6^, 2008/713, 2008/1419 e 2009/267) e la stessa Corte costituzionale (con la sentenza 1995/269);
che il ricorso del Ministero va pertanto rigettato; che in considerazione delle particolari caratteristiche del caso concerto e della novità degli argomenti addotti dal Ministero ricorrente, stimasi equo compensare integralmente le spese del presente giudizio fra le parti.
P.Q.M.
LA CORTE A SEZIONI UNITE dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e compensa integralmente le spese del presente giudizio fra le parti.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2010