Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10618 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/04/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 22/04/2021), n.10618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO CARLA – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23381-2019 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliata presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e

difesa dall’Avvocato MARCELLO MUROLO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE -, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA, 29, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPINA

GIANNICO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 162/2019 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA

VETERE, depositata il 21/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza n. 162 del 2019, resa in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., ha dichiarato non sussistente il requisito sanitario utile ai fini dell’assegno ordinario di invalidità ex L. n. 222 del 1984;

a fondamento del decisum, il Tribunale ha posto l’adesione alle conclusioni del consulente tecnico – da quest’ultimo ribadite anche all’esito dei disposti chiarimenti e dell’esame dell’ulteriore documentazione medica – di insussistenza delle condizioni per la prestazione invocata, avuto riguardo alla capacità lavorativa specifica (id est: alle mansioni concretamente svolte dalla ricorrente);

avverso tale decisione, G.G. ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo;

l’Inps ha depositato controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con un unico e articolato motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112 e 420 c.p.c. e della L. 12 giugno 1984, n. 222, artt. 1,4 e 9, nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti;

parte ricorrente imputa una serie di errori alla attività del CTU; deduce che l’ausiliario sarebbe incorso in contraddizioni e nell’erronea applicazione delle percentuali di cui alle tabelle ministeriali in relazione alle patologie diagnosticate; denuncia, altresì, la mancata rinnovazione della CTU richiesta dalla ricorrente e, sotto tale profilo, anche l’omessa pronuncia;

il motivo è inammissibile;

tutte le censure, anche quelle formulate sub specie di violazione di legge, schermano vizio di motivazione e si arrestano ad un rilievo di inammissibilità per difetto di specificità;

la consulenza tecnica, posta a fondamento delle censure, non è nè trascritta, nè ritualmente localizzata in atti;

tali omissioni violano, in modo evidente, gli oneri di deduzione e documentazione imposti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, e precludono la valutazione, nel merito, dei rilievi mossi;

è, infatti, principio di questa Corte che ove siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali, la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., n., di carenze motivazionali, ex art. 360 c.p.c., n. 5, o di un “error in procedendo”, ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 della medesima norma, è necessario non solo che il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale sia riprodotto in ricorso ma anche che ne venga indicata l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass., sez. un., n. 8077 del 2012; ex plurimis, Cass. n. 13713 del 2015);

in particolare, in relazione alla consulenza tecnica, la Corte afferma, in coerenza con l’indicato principio di carattere generale, che la parte che addebiti alla stessa (id est: alla relazione tecnica d’ufficio) lacune di accertamento o errori di valutazione oppure critichi gli apprezzamenti contenuti in essa (o nella sentenza che l’ha recepita) ha l’onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla (v., tra le altre, Cass. n. 16368 del 2014; in motivazione, Cass. n. 13845 del 2007; Cass. n. 2594 del 2017);

in definitiva, le critiche mosse alla consulenza ed alla sentenza devono possedere un grado di specificità tale da consentire alla Corte di legittimità di apprezzarne la decisività direttamente in base al ricorso (v., tra le altre, Cass. n. 16368 del 2014); ciò che difetta nel caso di specie;

in ultimo, con riferimento al dedotto vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è il caso di osservare come lo stesso non sia correttamente prospettato, potendosi configurare solo con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad istanze istruttorie, quale è la richiesta di consulenza tecnica, per le quali l’omissione è denunciabile soltanto nei limiti rigorosi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (in argomento, ex plurimis, Cass. n. 13716 2016);

sulla base delle argomentazioni svolte, il ricorso va dichiarato inammissibile;

la ricorrente non è tenuta alla refusione delle spese di causa, avendo reso la dichiarazione ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., come risulta dalla sentenza impugnata;

sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

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