Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10618 del 13/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 13/05/2011, (ud. 06/04/2011, dep. 13/05/2011), n.10618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21069-2007 proposto da:

C.G., C.D., C.S., nella

qualità di eredi del DOTT. C.O., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA UBALDO DEGLI UBALDI 272, presso lo studio

dell’avvocato ILARDO UMBERTO, rappresentati e difesi dall’avvocato LO

GIUDICE VINCENZO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

FONDAZIONE E.N.P.A.M. – ENTE NAZIONALE DI ASSISTENZA E PREVIDENZA

MEDICI ODONTOIATRI – in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G PACINI 25, presso

lo studio dell’avvocato PICCIONE SALVATORE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SQUILLACI VINCENZO, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 186/2007 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 26/04/2007, r.g.n. 343/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/04/2011 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato SAVATORE PICCIONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 26.4.2007, la Corte di Appello di Palermo, decidendo in sede di rinvio, ha confermato la sentenza del Pretore di Caltanissetta del 22.12.19994, con la quale era stata rigettata la domanda spiegata dai ricorrenti, quali eredi di C.O., intesa ad ottenere il riconoscimento dall’ENPAM, iure successionis, del trattamento previdenziale in conto capitale spettante al loro dante causa in luogo del trattamento pensionistico ordinario.

Nel pervenire a tale conclusione, il giudice d’appello ha rilevato – per quello che interessa in questa sede – che sia il trattamento pensionistico che la liquidazione della indennità sostitutiva presuppongono che l’iscritto all’ENPAM sia cessato dal rapporto professionale con il servizio sanitario nazionale, rapporto che poteva essere protratto sino al compimento da parte del professionista dell’età di settantanni. Dalle risultanze processuali era, però, risultato che il 5 gennaio 1990, data in cui aveva esercitato il diritto di opzione per il trattamento pensionistico da parte del dante causa degli attuali ricorrenti, il rapporto intrattenuto dal professionista con la USL non era stato risolto, per cui lo stesso versava in una condizione che gli impediva il riconoscimento dei richiesto trattamento pensionistico; dal che il rigetto della domanda dei suoi eredi.

Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione gli eredi di C.O., affidando l’impugnazione a quattro motivi.

Resiste con controricorso l’ENPAM, che ha anche depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, i ricorrenti in epigrafe deducono erronea e falsa applicazione degli artt. 329, 392 e 394 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, deducendo che l’EMPAM – nel riassumere, a seguito della decisione della Corte di Cassazione, la controversia, dopo lo scadere del termine di legge e dopo che essi ricorrenti avevano sollevato nel giudizio di rinvio l’eccezione di inammissibilità e di improponibilità dei motivo di impugnazione (volto al rigetto della loro richiesta) fatto valere dall’ENPAM – aveva, con il proprio comportamento, implicitamente rinunciato a tale eccezione.

Il motivo è infondato, atteso che, come questa Corte ha più volte affermato, l’onere della riassunzione del giudizio di rinvio, ai sensi dell’art. 392 cod. proc. civ., non comporta che a detta riassunzione debbano provvedere separatamente e distintamente tutte le parti interessate alla prosecuzione del giudizio, come si desume dal carattere non impugnatorio dell’atto di riassunzione e dal litisconsorzio necessario processuale nel giudizio di rinvio fra le stesse parti dei giudizio di cassazione, sicchè, una volta avvenuta ad opera di una delle parti la riassunzione, le altre parti possono ritualmente assumere le conclusioni di merito di cui all’art. 394 c.p.c., comma 3, anche mediante comparsa e pur dopo la scadenza per esse del termine annuale previsto dalla legge per la riassunzione stessa (cfr Cass. 19 gennaio 2009 n. 538, cui adde, al riguardo, anche Cass. 8 novembre 2001 n 13839) Ne consegue che la Corte territoriale ben ha fatto a prendere in esame tutte le deduzioni e le conclusioni che l’ENPAM aveva, nel corso del giudizio, prospettate, dal momento che – una volta che era stata da controparte riassunto il giudizio – il thema decidendum era già in precedenza determinato.

Il secondo ed il terzo motivo del ricorso, da esaminarsi congiuntamente – perchè con essi si addebita alla decisione della Corte territoriale di avere richiesto, oltre alla lettera di opzione del C., ulteriori condizioni per il riconoscimento del diritto al rivendicato trattamento pensionistico – risultano infondati. Ed invero, tali motivi – con i quali si lamenta la violazione del D.P.R. n. 119 del 1988, art. 8 e dell’art. 2729 c.c., l’omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, nonchè la violazione degli art. 7, 8 e 10 del Regolamento del FPMG approvato con D.M. 4 aprile 1985, e la violazione del D.P.R. 23 marzo 1988, n. 219, art. 8, lett. A, G e H in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – non possono trovare ingresso in questa sede, non solo per l’assorbente rilievo che la Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso incidentate dell’EMPAM, ha ritenuto fondate le questioni ora investite con il presente ricorso, ma anche perchè la decisione del giudice d’appello su tali questioni risulta adeguatamente motivata ed inoltre immune da vizi logici e giuridici, per avere dato della normativa in materia una interpretazione che, rispettosa della sua lettera e della sua ratio, non è stata censurata attraverso la indicazione di specifici e ben individuati canoni ermeneutica.

Nè va sottaciuto che i motivi ora scrutinati presentano, altresì, dei profili di inammissibilità nella parte in cui tentano di rivisitare le risultanze processuali e di accreditare il verificarsi di circostanze fattuali volte a dimostrare possibili cause di cessazione del rapporto lavorativo, quale condizione necessaria per il riconoscimento della fondatezza della domanda.

Il rigetto dei motivi precedenti portano all’assorbimento del quarto motivo, con il quale si denunzia che la Corte di appello di Palermo ha ritenuto inammissibile la domanda volta ad ottenere l’indennità prevista dall’art. 7, comma 7, del Regolamento approvato con D.M. 4 aprile 1985 (pari a tre volte la pensione annua al compimento 65simo anno), sia perchè tale richiesta deve considerarsi nuova, come sostenuto dal giudice d’appello, non risultando sul punto il ricorso rispettoso dei criterio di autosufficienza e sia perchè il riconoscimento di tale beneficio era condizionato dalla presenza degli stessi elementi che, richiesti per il trattamento previdenziale, non risultano essere stati provati.

Per concludere, il ricorso va rigettato per essere la sentenza impugnata adeguatamente motivata, priva di salti logici ed immune da vizi giuridici.

Ricorrono giusti motivi – in ragione della difficoltà che nel caso di specie ha caratterizzato l’accertamento delle condizioni di legge idonee alla concessione del beneficio – per compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2011

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