Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10610 del 30/04/2010

Cassazione civile sez. III, 30/04/2010, (ud. 14/04/2010, dep. 30/04/2010), n.10610

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3398/2006 proposto da:

J.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI GRACCHI 187, presso lo studio dell’avvocato MAGNANO DI

SAN LIO Giovanni, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MAGNANO DI SAN LIO ROSARIO giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

e contro

D.C. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 701/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

Sezione Seconda Civile, emessa il 04/07/2005, depositata il

05/08/2005 R.G.N. 117 8/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/04/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con intimazione di sfratto per finita locazione D.C. diffidava J.V. a rilasciare un immobile di sua proprietà, da lui stesso detenuto in base ad un contratto di locazione inter partes.

J.V. si costituiva in giudizio e si opponeva allo sfratto assumendo che il contratto di locazione stipulato il (OMISSIS) si era rinnovato non essendo stato disdetto nei termini di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 3. Lo stesso I. spiegava quindi domanda riconvenzionale sia in ordine alla determinazione del canone della L. n. 392 del 1978, ex art. 12, sia per il risarcimento dei danni cagionati dall’inadempienza della locatrice.

All’udienza del 18.6.2003 il G.O.T. pronunciava convalida di sfratto ex art. 663 c.p.c..

Con ricorso del 23.6.2003 l’attuale ricorrente impugnava il provvedimento di convalida sostenendo che l’ordinanza era appellabile in quanto emessa fuori dalle condizioni previste dalla legge.

Con sentenza del 4.7/5.8.2005 la Corte d’Appello rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese processuali.

Proponeva ricorso per cassazione I.V..

Non svolgeva attività difensiva parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso J.V. denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 663 c.p.c.”.

Sostiene parte ricorrente che, in presenza della sua opposizione, il provvedimento di convalida di sfratto è stato emesso in contrasto con il dettato normativo e che la Corte d’Appello avrebbe dovuto perciò sanzionare tale nullità.

Il ricorso deve essere rigettato.

La Corte d’Appello ha correttamente dichiarato ammissibile il gravame perchè il Giudice non poteva convalidare lo sfratto, ma avrebbe dovuto pronunciare ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto.

La Corte d’Appello non ha tuttavia adottato, in dispositivo, il provvedimento finale relativo alla data di scadenza del contratto.

In motivazione si sostiene che nessun rinnovo vi poteva essere alla scadenza fissata per il 2003 in quanto il contratto si era già rinnovato per accordo espresso delle parti nel 1999. Infatti la durata del rapporto contrattuale era stata fissata in otto anni, di cui quattro anni per il primo periodo ed altri quattro anni per il secondo periodo. Legittimamente quindi la locatrice inviò al conduttore una missiva di disdetta che non doveva essere motivata in quanto il contratto era già alla seconda scadenza. Tale disdetta fu ricevuta dal conduttore nei termini di legge. In motivazione perciò la Corte d’Appello ha adottato un provvedimento di cessazione della locazione con scadenza alla fine del mese di marzo del 2003. Ha altresì opinato che doveva essere tenuto fermo il termine di esecuzione dello sfratto.

Poichè il provvedimento con cui il giudice fissa il termine ha carattere ordinatorio, lo stesso non è impugnabile e l’eventuale motivo di impugnazione deve essere considerato inammissibile.

In conclusione, dalla motivazione si evince che il Giudice d’Appello ha tenuto ferma la cessazione del rapporto locativo alla data indicata nel provvedimento di convalida.

Con il secondo motivo si denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1419 c.c. e del D.L. 11 luglio 1992, n 333, art. 11, conv.

nella L. n 359 del 1992”.

Osserva il ricorrente che il rapporto locativo sorto fra le parti il 2 maggio 1995 è regolato ai sensi della L. n. 359 del 1992, art. 1, comma 2, sui c.d. “patti in deroga”. A suo avviso, nella specie, le parti, pur adottando una durata contrattuale ampia di otto anni, non hanno indicato la rinuncia espressa alla prima scadenza contrattuale, che doveva intendersi all’1.3.2003.

Il motivo deve essere rigettato.

La Corte d’Appello ha correttamente interpretato il contratto dichiarando che lo stesso aveva la durata di quattro anni, per il primo periodo, e di ulteriori quattro anni per il secondo periodo, con scadenza alla fine del mese di marzo 2003.

Tale corretta interpretazione si fonda sia sul richiamo alla disciplina legislativa, sia sulle stesse disposizioni contrattuali.

Detta interpretazione non risulta peraltro contestata dall’appellante.

Per tutte le ragioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, mentre nulla deve disporsi per le spese del processo di cassazione tenuto conto che parte intimata non ha svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e nulla dispone per le spese del processo di cassazione.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2010

 

 

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