Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10610 del 04/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 04/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 04/06/2020), n.10610

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17598/2015 proposto da:

G.M., P.R., C.M.,

M.T., CA.ST., B.S., A.G.,

C.C.E.G., AG.MA.EM., R.B.,

tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA A. MALLADRA 47/B,

presso lo studio dell’avvocato ARNALDO FAIOLA, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA USL LATINA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIVORNO 6, presso lo studio

dell’avvocato GUIDO DE SANTIS, rappresentata e difesa dall’avvocato

MASSIMO VALLERIANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9348/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/12/2014 R.G.N. 5227/2012.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza in data 14 novembre-3 dicembre 2014 n. 9348, confermava la sentenza del Tribunale di Latina, che aveva rigettato la domanda proposta dagli attuali ricorrenti e da altri litisconsorti, infermieri professionali, operatori tecnici ovvero ausiliari specializzati presso il Pronto Soccorso del presidio ospedaliero di (OMISSIS), per l’accertamento del diritto a percepire l’indennità per “rischio contagio” – prevista dalla Delib. Direttore Generale della Azienda USL di LATINA 26 aprile 1999 – nel periodo dal 30 giugno 1998 nonchè nel periodo successivo alla sospensione della sua erogazione (dall’1.9.1999).

2. La Corte territoriale premetteva che la Delib. 26 aprile 1999, attuava l’accordo decentrato intervenuto tra Azienda ed organizzazioni sindacali in data 9 marzo 1999 e che la indennità era stata sospesa dall’1 settembre 1999 secondo quanto concordato in sede di contrattazione decentrata in data 24 agosto 1999, in attesa di un nuovo accordo con le organizzazioni sindacali.

3. La Corte di Cassazione con la sentenza n. 9248/2008 aveva chiarito che l’indennità in questione – di cui all’art. 44, comma 6, lett. c) CCNL 1994/1997 comparto SANITA’- spettava solo al personale infermieristico assegnato ad una struttura specificamente preposta alla cura delle malattie infettive o equipollenti e non a qualunque infermiere esposto al rischio di contagio non adibito a tali strutture, come nel caso degli infermieri adibiti al Pronto Soccorso.

4. In base del medesimo art. 44, comma 9, in sede di contrattazione decentrata era possibile soltanto estendere la erogazione dell’emolumento al personale di altre qualifiche in servizio nelle medesime strutture e non già al personale in servizio in altri reparti.

5. Le parti sociali non avrebbero potuto prevedere la erogazione dell’emolumento al personale in servizio presso il Pronto soccorso e l’atto di sospensione dell’erogazione – peraltro concordato in data 24.8.1999 – era legittimo; non poteva trovare applicazione il principio di irriducibilità della retribuzione e di impossibilità per le organizzazioni sindacali di disporre di diritti quesiti del lavoratore per la nullità del titolo attributivo del trattamento, ex art. 40, comma tre, T.U..

6. Hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza i ricorrenti in epigrafe, articolato in due motivi, cui la Azienda USL LATINA ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e/o falsa applicazione: dell’art. 44 CCNL COMPARTO SANITA’ 1994/1997, commi 6, 8 e 9; del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40; del principio di privatizzazione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001; art. 2103 c.c. e art. 36 Cost., sotto il profilo della irriducibilità della retribuzione e del divieto per le organizzazioni sindacali di disporre di diritti acquisiti dai lavoratori.

2. Hanno assunto la erronea applicazione nella sentenza impugnata del principio di diritto enunciato da questa Corte nella sentenza n. 9248/2008, riferito ad un caso in cui la pretesa non era sorretta, contrariamente alla fattispecie di causa, dalla contrattazione decentrata.

3. Hanno dedotto la legittimità dell’accordo del 9 marzo 1999 (recepito con Delib. Direttore Generale della Azienda 26 aprile 1999), con il quale l’indennità di cui all’art. 44 CCNL SANITA’ 1994/1997 veniva estesa al personale dei SERT e del pronto Soccorso.

4. Hanno censurato la erroneità della interpretazione accolta dalla Corte territoriale, secondo la quale la contrattazione decentrata non avrebbe potuto estendere la attribuzione della indennità a reparti o servizi diversi da quelli preposti alla cura di malattie infettive.

5. Si assume, altresì: la violazione dei principi di irriducibilità della retribuzione e di carenza di legittimazione delle organizzazioni sindacali a disporre di diritti quesiti dei singoli lavoratori; l’omesso esame delle deduzioni svolte con le note autorizzate in ordine alla validità dell’accordo decentrato del 9 marzo 1999; la violazione dei principi di uguaglianza, imparzialità e buon andamento, in quanto altri dipendenti che svolgevano le medesime mansioni nel medesimo luogo di lavoro percepivano la indennità in forza di pronunce passate in giudicato.

6. Il ricorso è infondato.

7. Giova premettere che a norma dell’art. 44, comma 6, del CCNL comparto sanità 1994/1997:

“Al personale infermieristico competono, altresì, le seguenti indennità per ogni giornata di effettivo servizio prestato:

a) nelle terapie intensive e nelle sale operatorie: Lire 8.000;

b) nelle terapie sub-intensive individuate ai sensi delle disposizioni regionali e nei servizi di nefrologia e dialisi: Lire 8.000;

c) nei servizi di malattie infettive: Lire 10.000”.

8.Sulla interpretazione della disposizione si è formata una consolidata giurisprudenza di questa Corte, che in questa sede va ulteriormente ribadita, (Cass. 25 giugno 2018 n. 16701; Cass. n. 460/2015; 5566/2014; 9248/08), secondo la quale la indennità in questione non spetta al personale infermieristico addetto al Pronto Soccorso o ad altri reparti che – sebbene in concreto chiamato a svolgere attività di terapia intensiva o sub-intensiva ovvero in contatto con pazienti affetti da malattie infettive- non sia però addetto ai relativi servizi. Ciò perchè la clausola contrattuale si riferisce a specifiche articolazioni del servizio sanitario e non al tipo di patologia con la quale l’infermiere può venire in contatto, quale che sia la struttura in cui lavora.

9.La giurisprudenza richiamata ha altresì chiarito che il termine “servizio” è un termine generale idoneo a ricomprendere articolazioni del servizio sanitario denominabili in modo diverso (divisione, reparto, dipartimento, ecc.) ma comunque identificabili come parti dell’organizzazione sanitaria destinate alla cura di un certo tipo di malattie.

10. Su tale premessa deve in questa sede esaminarsi la disposizione dello stesso art. 44, comma 9, a tenore del quale:

“In contrattazione decentrata, nei limiti delle disponibilità del fondo di cui all’art. 43, comma 2, punto 2), nei servizi indicati nel comma 6, possono essere individuati altri operatori del ruolo sanitario, ai quali corrispondere l’indennità giornaliera prevista dal medesimo comma, limitatamente ai giorni in cui abbiano prestato un intero turno lavorativo nei servizi di riferimento”.

11. Questa Corte nell’arresto del 14/01/2015, n. 460, già richiamato, ha affermato che tale previsione abilita la contrattazione decentrata, entro ben definiti limiti di spesa, ad individuare altri operatori del ruolo sanitario ai quali corrispondere l’indennità, specificando che deve trattarsi di operatori che abbiano lavorato “nei servizi indicati nel comma 6” e che tale rinvio rafforza l’idea che il concetto di “servizi” utilizzato nel comma 6, è concetto unitario ed omogeneo che vale ad indicare strutture dell’organizzazione sanitaria, quali i reparti di terapia intensiva, i servizi di nefrologia, i servizi di malattie infettive, ecc…

12. La interpretazione sostenuta con il ricorso, secondo cui la norma abiliterebbe la contrattazione decentrata ad estendere la indennità al personale infermieristico operante in servizi diversi da quelli indicati nel comma 6 è in palese contrasto con il dato letterale.

13. Inoltre la interpretazione qui ribadita, contrariamente a quanto assunto dagli odierni ricorrenti, non rende la norma priva di effetto utile, in ragione dell’ampliamento soggettivo dei destinatari dell’indennità già disposto dell’art. 44, comma 8, per le figure dell’ausiliario specializzato e dell’operatore tecnico addetto all’assistenza.

14. Invero il comma 8, attribuisce alle figure dell’ausiliario specializzato e dell’operatore tecnico addetto all’assistenza “assegnati ai reparti indicati nel comma 6, lett. c)” una indennità giornaliera diversa da quella di cui al comma 6 e di importo inferiore (Lire 2.000).

15. Il comma 9 abilita, invece, la contrattazione decentrata, in una delimitata cornice di spesa, ad estendere la erogazione: sotto il profilo oggettivo, della medesima indennità di cui al comma 6; sotto il profilo soggettivo, ad altri operatori del ruolo sanitario, genericamente indicati, purchè impiegati “nei servizi indicati nel comma 6”.

16. Conforme a diritto risulta pertanto la conclusione della Corte territoriale circa la contrarietà dell’accordo sottoscritto in sede aziendale ai vincoli risultanti dal contratto collettivo nazionale.

17. In ogni caso, sarebbe nello stesso senso parimenti decisivo il rilievo dell’accordo in sede decentrata il 24.8.1999, con il quale si disponeva la sospensione dell’erogazione della indennità: tale circostanza esclude di per sè sola la invocabilità del principio di irriducibilità della retribuzione e di indisponibilità da parte delle organizzazioni sindacali dei diritti quesiti dei lavoratori, in quanto il diritto alla retribuzione è quesito solo dopo la maturazione di tutti i suoi elementi costitutivi, nella specie non configurabile per l’epoca successiva all’accordo di sospensione.

18. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – omessa pronuncia sui motivi di appello e violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91-92 c.p.c..

19. Hanno esposto che il Tribunale aveva rigettato la domanda sotto il profilo del difetto di prova di quanto dedotto. Essi avevano proposto appello lamentando la erronea interpretazione e/o applicazione degli artt. 115 e 416 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c., giacchè le circostanze di fatto allegate non erano state contestate da controparte ed erano comunque documentate; avevano inoltre richiamato altre pronunce dello stesso Tribunale di Latina favorevoli alle loro tesi,divenute definitive, con conseguente disparità di trattamento tra soggetti svolgenti le medesime mansioni nel medesimo luogo, in violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost. e del principio di buon andamento nell’organizzazione dei pubblici uffici di cui all’art. 97 Cost..

20. Hanno lamentato l’omessa pronuncia del giudice dell’appello sui motivi di impugnazioni concernenti: la violazione degli artt. 115 e 416 c.p.c.; la mancata valutazione dei documenti e delle norme di legge e della contrattazione collettiva; la violazione degli artt. 3 e 97 Cost..

21. Hanno aggiunto che l’error in procedendo aveva determinato la loro totale soccombenza, con condanna alle spese di lite mentre ove i motivi di appello fossero stati esaminati la Corte territoriale, pur rigettando la domanda nel merito, avrebbe compensato le spese, atteso che non si sarebbe determinata totale soccombenza.

22. Il motivo è infondato.

23. Per pacifica giurisprudenza di questa Corte non incorre nella violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato il giudice d’appello che, rimanendo nell’ambito del petitum e della causa petendi, confermi la decisione impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti ma non considerati o non espressamente menzionati dal primo giudice (per tutte: Cassazione civile sez. VI, 11/01/2019, n. 513 e giurisprudenza ivi citata).

24. Alla stregua del principio qui ribadito la Corte territoriale non è incorsa nel denunciato vizio di omessa pronuncia, in quanto ha esaminato le ragioni dell’appello ed ha considerato i fatti che il Tribunale aveva ritenuto sforniti di prova; tuttavia è pervenuta al rigetto della domanda di appello ritenendo quei fatti non idonei in diritto a fondare la pretesa azionata.

25.In tale evenienza, diversamente a quanto assumono i ricorrenti, non si verifica una ipotesi di soccombenza reciproca; oggetto del giudizio d’appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, non è infatti la verifica dei vizi commessi dal giudice del primo grado ma la “revisio prioris istantiae” sia pure nei limiti delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata.

26. Quanto, invece, alla denuncia di omessa pronuncia sulla questione posta in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost. – per la sperequazione retributiva determinatasi a seguito dei giudicati favorevoli ottenuti da altri lavoratori con mansioni sovrapponibili- la censura difetta di decisività.

27.Invero la formazione del giudicato favorevole ad altri lavoratori non legittimava la estensione del trattamento agli odierni ricorrenti, sulla base della sovrapponibilità delle rispettive situazioni di fatto, in quanto la estensione soggettiva del giudicato è specificamente disciplinata dall’art. 2909 c.c..

28. Il ricorso deve essere pertanto respinto.

29. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

30. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna le parti ricorrenti al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 4.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2020

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