Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1061 del 18/01/2011

Cassazione civile sez. VI, 18/01/2011, (ud. 19/11/2010, dep. 18/01/2011), n.1061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3409-2010 proposto da:

E.I. (OMISSIS), A.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PACUVIO

34, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO, rappresentati e

difesi dall’avvocato BAMBINA ANDREA, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.F. (OMISSIS), A.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZALE

FLAMINIO 9, presso lo studio dell’avvocato FOTI CARLO SEBASTIANO, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato PASQUALE TOCCO,

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 131/2009 del TRIBUNALE di TRAPANI, SEZIONE

DISTACCATA di ALCAMO del 16/10/09, depositata il 23/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito l’Avvocato Guido Romanelli, (delega avvocato Andrea Bambina),

difensore dei ricorrenti che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI che si

riporta alla relazione scritta.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Avverso la decisione indicata in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione A.G. e E.J..

Nominato, ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ., il consigliere relatore depositava la relazione di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ. ritenendo le condizioni per la decisione della causa in camera di consiglio sul rilievo che il ricorso fosse da rigettare per manifesta infondatezza.

Il Procuratore Generale rassegnava conclusioni conformi a quelle di cui alla relazione.

I ricorrenti depositavano memoria illustrativa.

OSSERVA:

Nella relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. si legge quanto segue: “1. M.F. e A.M. convenivano in giudizio dinanzi al Giudice di pace di Alcamo A. G. e E.J. per sentire dichiarare l’inosservanza delle distanze di cui all’art. 892 cod. civ. per la piantumazione degli alberi con conseguente condanna alla loro estirpazione.

I convenuti resistevano sostenendo l’esistenza di un muro divisorio e la destinazione a siepe degli alberi.

Il Giudice di pace dichiarava la cessazione della materia del contendere con la condanna dei convenuti alla rifusione delle spese processuali; il Tribunale, pronunciando sull’appello proposto dai convenuti, dichiarava: 1) fondata la domanda proposta dagli attori, in quanto al momento della proposizione della domanda era risultata la denunciata violazione 2) che, peraltro, i convenuti avevano diritto a mantenere, ai sensi dell’art. 892 cod. civ., u.c., gli alberi per effetto dell’innalzamento del muro divisorio effettuato dai medesimi nel corso del giudizio ex art. 885 cod. civ.; in virtù della soccombenza virtuale, i convenuti erano condannati al pagamento delle spese processuali.

Hanno proposto ricorso per cassazione A.G. e E. J. affidato a un unico motivo.

Hanno resistito gli intimati.

2. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., essendo manifestamente infondato.

L’unico motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113 e 91 cod. proc. civ., denuncia che il Tribunale non aveva tenuto conto del vero oggetto della causa, non essendosi pronunciato sulle domande così come formulate dalle parti posto che gli attori, in sede di precisazione del conclusioni, avevano chiesto che gli alberi, in quanto si trovavano a distanza inferiore a quella prescritta, dovessero essere estirpati, e ciò indipendentemente dall’avvenuto mutamento dello stato dei luoghi: il che avrebbe dovuto portare al rigetto delle domande proposte dagli attori perchè infondate – attesa la realizzazione del muro e la potatura degli alberi a un’altezza inferiore ad esso – e alla condanna di essi attori al pagamento delle spese processuali, in quanto parti soccombenti.

2.1. Il motivo va disatteso.

Occorre premettere che la violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato si configura quando il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (“petitum” e “causa petendi”), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell’ambito della domanda o delle richieste delle parti.

Pertanto, ai fini di stabilire se la sentenza sia incorsa o meno nel denunciato vizio di ultrapetizione, il petitum va determinato alla stregua del complessivo tenore della domanda in modo da accertare la volontà della parte in relazione allo scopo perseguito con l’azione.

Nella specie, la domanda degli attori, ribadita in sede di precisazione delle conclusioni, si fondava sulla violazione del diritto di proprietà per effetto della piantumazione degli alberi a distanza illegale ed aveva oggetto il ripristino dello stato dei luoghi con i consequenziali provvedimenti. Il Tribunale, avendo verificato che, al momento dell’instaurazione del giudizio, sussisteva la denunciata violazione, ha correttamente affermato la fondatezza della domanda, in quanto l’azione proposta dagli attori era stata resa necessaria dalla illecita condotta tenuta dai convenuti ma ha poi escluso l’adozione dei provvedimenti di ripristino avendo accertato che, per effetto del comportamento tenuto dai convenuti successivamente all’instaurazione del giudizio (innalzamento del muro comune ex art. 885 cod. civ.), non ricorreva più l’inosservanza delle distanze secondo quanto previsto dall’art. 892 c.c., u.c.. Orbene, il venir meno della illegittimità della condizione dei luoghi per effetto del comportamento posto in essere dai convenuti nel corso del procedimento non esonerava il Giudice dalla verifica in ordine alla violazione delle distanze al momento dell’instaurazione del giudizio, che era oggetto dell’accertamento di cui era stato investito con la domanda introduttiva ma assumeva rilevanza al limitato fine di escludere i (consequenziali) provvedimenti ripristinatori richiesti: il che ha per l’appunto fatto il Tribunale che ha accolto nei limiti di cui si è detto la domanda (nel più è compreso il meno). E, in considerazione proprio del mutamento dei luoghi operato dai convenuti successivamente e a seguito della proposizione della domanda, il Giudice di appello ha, nella regolamentazione delle spese processuali, fatto correttamente riferimento alla soccombenza virtuale, dovendo in tal caso tenersi conto dell’interesse della parte, sottostante alla richiesta di pronuncia di merito, che aveva reso per l’appunto necessario il ricorso all’autorità giudiziaria con la instaurazione del presente giudizio:pertanto, i convenuti sono stati esattamente individuati come parte soccombente, attesa l’accertata inosservanza delle distanze al momento della domanda introduttiva”.

Vanno condivise le argomentazioni e le conclusioni di cui alla richiamata relazione, non potendo ritenersi meritevoli di accoglimento i rilievi formulati dai ricorrenti con la memoria illustrativa, dovendo qui sottolinearsi che: a) il riferimento alla denunciata violazione di cui all’art. 112 cod. proc. civ. appare fuori luogo tenuto conto che la domanda proposta con l’atto di citazione aveva ad oggetto la violazione delle distanze legali e la sentenza ha verificato – al momento della proposizione della domanda – tale violazione, peraltro correttamente disattendendo la richiesta di provvedimenti ripristinatori per effetto dell’innalzamento del muro divisorio, avvenuto successivamente alla notificazione dell’atto di citazione; b) per quanto concerne il profilo della soccombenza virtuale, con il ricorso per cassazione la mancata condanna degli attori al pagamento delle spese processuali era stata denunciata ai sensi dell’art. 91 cod. proc. civ. per non avere il Giudice, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., rigettato la domanda di condanna alla estirpazione degli alberi ribadita dagli attori nonostante la presenza del muro divisorio: orbene, premesso che, come si è detto, la violazione della norma citata si è rivelata insussistente, i ricorrenti avrebbero dovuto piuttosto invocare l’eventuale erroneità della decisione, deducendo che, nel regolamento delle spese, la sentenza non avrebbe considerato che la prosecuzione del giudizio era avvenuta a causa e per effetto delle richieste formulate dagli attori che avevano insistito nella richiesta di condanna alla estirpazione degli alberi, dovendo qui rilevarsi che con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. si possono illustrare i motivi proposti con il ricorso ma non formularsene di nuovi.

Il ricorso va rigettato.

Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei ricorrenti, risultati soccombenti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore dei resistenti in solido delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.500,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2011

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