Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10608 del 28/04/2017


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Cassazione civile, sez. II, 28/04/2017, (ud. 05/12/2016, dep.28/04/2017),  n. 10608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28011-2012 proposto da:

Società C.G.F. in a.s. p.iva (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PIETRO CAVALLINI 24, presso lo studio dell’avvocato UNIMPRESA,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI BATTISTA FILOSA;

– ricorrente –

contro

AUTOVASSALLO s.a.s., p.iva (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CICERONE 44, presso lo studio dell’avvocato AMEDEO POMPONIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DANILO GHIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 995/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 04/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società C.G.F Falco sas, con atto di citazione del 5 maggio 2008 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Torino la società Autovassallo sas., chiedendo che fosse accertato l’inadempimento della convenuta in ordine al contratto stipulato tra le parti ed avente ad oggetto l’acquisto di un’autovettura usata effettuata il (OMISSIS), che fosse dichiarata la risoluzione del contratto e, in via subordinata, accertata l’esistenza di vizi occulti che avevano reso inidonea l’autovettura all’uso cui era destinata, la convenuta fosse condannata al risarcimento del danno.

La convenuta si costituiva e contestava la domanda attrice.

Il Tribunale di Torino, previa acquisizione dell’accertamento tecnico preventivo disposto prima dell’inizio della causa, con sentenza n. 3804 del 2010 pronunciava la risoluzione del contratto avente ad oggetto l’autovettura, condannava la convenuta a restituire all’attrice la somma di Euro 23.500,00, oltre gli interessi legali e a pagare a titolo di risarcimento la somma di Euro 3.188,43, oltre alla rivalutazione monetaria, e agli interessi, condannava l’attrice a restituire l’autovettura oggetto del contratto risolto.

La Corte di Appello di Torino, pronunciandosi su appello proposto dalla società Autovassallo sas. con contraddittorio integro, con sentenza n. 995 del 2011 accoglieva l’appello e rigettava la domanda proposta dall’appellata, dichiarava inammissibile la domanda subordinata proposta dall’appellata, condannava l’appellata a pagare all’appellante i due terzi delle spese del giudizio di primo e di secondo grado e dichiarava compensato il restante terzo. Secondo la Corte di Torino, posto che l’autovettura era stata riparata presso una concessionaria e, posto che in quella sede non era emerso il difetto di fabbrica riscontrato dal CTU, il venditore non poteva essere considerato responsabile. Posto che la macchina dopo la vendita aveva percorso circa 40.000 Km era prova che essa era assolutamente idonea all’uso e, dunque, non sussisteva la causa posta dal Tribunale a fondamento della dichiarata risoluzione contrattuale. Per le stessi ragioni era inammissibile la domanda proposta in via subordinata di riduzione del prezzo.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla società C.G.F. Falci sas. con ricorso affidato a due motivi. La società Autovassallo ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

la società C.G.F. Falco lamenta:

a) Con il primo motivo di ricorso, la violazione o errata applicazione delle norme di diritto, segnatamente degli artt. 1490, 1492 e 1494 c.c., in relazione all’errata valutazione dei criteri concernenti rispettivamente la disciplina della garanzia per vizi della cosa venduta e la disciplina del risarcimento del danno in materia di compravendita.

a) La ricorrente ritiene che la Corte distrettuale nell’esonerare il venditore dalla responsabilità per i vizi dell’autovettura oggetto della controversia non avrebbe tenuto conto che il CTU aveva accertato che i vizi erano preesistenti alla vendita ed occulti, e di essi era a conoscenza la società Autovassallo, anche se essa non era stato in grado di individuarne l’eziologia. Il fatto poi che le officine meccaniche che hanno sottoposto a controlli il veicolo non avessero rilevato il difetto che, invece, ha riscontrato il CTU non sarebbe rilevante ai fini dell’esonero della responsabilità della società Autovassallo perchè, comunque, quel vizio di fabbricazione determinava, sin dall’origine e ancor prima dell’acquisto, il mal funzionamento del veicolo e tanto bastava ai fini dell’accoglimento dell’azione ex art. 1492 c.c..

b) Avrebbe errato la Corte distrettuale, sempre secondo il ricorrente, anche, nell’aver escluso la risoluzione del contratto ritenendo che l’inadempimento, comunque, non fosse grave, in quanto l’autovettura aveva percorso oltre 37.000 Km. dal momento dell’acquisto con il semplice inconveniente di rabboccare l’olio e in quanto la riparazione era stata eseguita con un esborso inferiore di oltre un quarto rispetto al prezzo di acquisto, perchè non avrebbe tenuto conto che i vizi erano idonei a diminuire in modo apprezzabile il valore dei beni.

b) Con il secondo motivo, la violazione o falsa applicazione dell’art. 1494 c.c..

La ricorrente ritiene che, erroneamente, la Corte distrettuale avrebbe escluso: a) la responsabilità del venditore ed il richiesto risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1494 c.c., ritenendo che il venditore non poteva conoscere un vizio non emerso neppure in sede di intervento manutentivo in officina, perchè la presunzione di colpevolezza del venditore non sarebbe stata superata, posto che non sarebbe emersa la regolarità della manutenzione che, ove fosse stata approfondita, avrebbe potuto individuare il difetto di cui si dice.

1.1. = In via preliminare va evidenziato che, nonostante, la ricorrente, con la rubrica dei motivi, abbia indicato di denunciare dei vizi di diritto della sentenza impugnata (la violazione o errata applicazione delle norme di diritto, segnatamente degli artt. 1490, 1492 e 1494 c.c.), tuttavia, con l’esplicazione ed illustrazione dei motivi emerge con chiarezza che abbia denunciato un, o anche un, vizio di motivazione e sotto questo aspetto i motivi in esame sono fondati.

1.1.a) Va qui premesso che le disposizioni di cui agli artt. 1490 e 1492 c.c. (anche in relazione al successivo art. 1497), in tema di esercizio dell’azione redibitoria vanno interpretate con riferimento al principio generale sancito dall’art. 1455 c.c. in materia di risoluzione del contratto (come concretamente esperita nella fattispecie), con la conseguenza che il suo esercizio è legittimato soltanto da vizi concretanti un inadempimento di non scarsa importanza, i quali non sono distinti in base a ragioni strutturali ma solo in funzione della loro capacità di rendere la cosa inidonea all’uso cui era destinata o di diminuirne in modo apprezzabile il valore, secondo un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito (cfr. Cass. n. 914 del 1986).

In buona sostanza, il venditore è inadempiente (e deve garantire il compratore) se la cosa venduta ha vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Inidoneità all’uso prefisso e apprezzabile diminuzione del valore possono anche identificarsi, ma sono due deficienze nettamente distinte. L’inidoneità all’uso normale, per una macchina, di regola dipende da difetti di costruzione o meglio da deficienze meccaniche, deficienze di isolamento; da imperfezioni, insomma, che rendono la macchina inidonea all’uso a cui è destinata Vizi che diminuiscono in modo apprezzabile il valore sono quelli costituiti dalla mancanza di qualche ulteriore congegno o da qualche meno appariscente imperfezione per cui un’automobile, pur sembrando perfetta tuttavia presenta un difetto che non consente che il bene garantisca le stesse prestazioni garantite da una macchina dello stesso tipo.

Ora, nel caso in esame, la Corte distrettuale ha rigettato la domanda sul rilievo che i vizi non erano tali da rendere l’auto assolutamente inidonea all’uso, tuttavia, ha mancato di accertare l’incidenza di quei vizi sul valore della cosa e dunque se i vizi diminuivano in modo apprezzabile il valore della macchina. In altri termini la Corte locale ha mancato di accertare se ricorresse, nel caso concreto, la seconda ipotesi prevista dall’art. 1490 c.c.

1.1.b) Sotto altro aspetto, va qui osservato che l’art. 1494 c.c., secondo il cui “(…) il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno, se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa”, pone una presunzione di conoscenza dei vizi a carico del venditore, sul quale, appunto, grava l’onere di provare di aver ignorato senza colpa i vizi stessi. Ora, nel caso in esame, la Corte distrettuale, a fronte delle contestazioni dell’acquirente si è limitata ad affermare che, dopo la verifica sull’autovettura di che trattasi, effettuata dal concessionario (e quindi non da un meccanico qualsiasi), il venditore “(….) poteva ragionevolmente presumere che le problematiche, relativi ai vizi dell’autovettura, fossero state risolte (…)”. Epperò, tale presunzione non era in grado di acclarare che l’intervento della concessionaria avesse eliminato il difetto di fabbricazione, rilevato dalla CTP e, comunque, dal CTU, mentre, al contrario dimostrava che il venditore era a conoscenza del difetto, riscontrato dal CTU, tanto è vero che aveva provveduto a richiedere l’intervento di un meccanico. Piuttosto, la Corte distrettuale avrebbe dovuto tener conto, e non sembra lo abbia fatto, che il CTU, come pure è stato evidenziato dalla sentenza impugnata, aveva rilevato che l’autovettura aveva manifestato inconvenienti a partire dagli interventi effettuati prima della vendita, (…) e che i vizi riscontrati potevano essere attribuiti ad un difetto di fabbricazione e segnatamente ad una rottura rilevata nella sede del prigioniero della testata montata sul motore tra il terzo ed il quarto cilindro.

In definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Torino anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Torino, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 5 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017

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