Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10607 del 23/05/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10607 Anno 2016
Presidente: MIGLIUCCI EMILIO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso 20286-2011 proposto da:
FAIS

CLAUDIO

FSACLD52C01I748F,

CUCCURU

ANTONIA

CCCNTN55T44E902X, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA CALABRIA 25, presso lo studio dell’avvocato GIULIO
FAIS, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti e c/ricorrenti all’incidentale –

2016
649

contro

SOLINAS ANTONELLA SLNNNL56D47A069C, MARIANI MARIO
MRNMRA56B15E902I, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA VALLISNERI 11, presso lo studio dell’avvocato
PAOLO PACIFICI, rappresentati e difesi dagli avvocati

Data pubblicazione: 23/05/2016

ANTONIO GIUA, FABRIZIO BIONDA;
– c/ricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 441/2010 della CORTE D’APPELLO
SEZ.DIST. DI di SASSARI, depositata il 05/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ORILIA;
udito

l’Avvocato

SILVANA

FAIS,

con

delega

dell’Avvocato GIULIO FAIS difensore dei ricorrenti e
controricorrenti all’incidentale, che si è riportata
agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso e per il rigetto del
ricorso incidentale.

udienza del 23/03/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 I

coniugi Claudio Fais e Antonia Cuccuru,

proprietari di un fabbricato nel Comune di Mara, con atto
10.1.1994 convennero in giudizio davanti al Tribunale di
Sassari i confinanti coniugi Mario Mariani e Antonella

Solinas per ottenere l’arretramento del fabbricato da
costoro realizzato a distanza inferiore ai quattro metri
dal confine previsti dal piano comunale di fabbricazione.
Chiesero altresì la rimozione di una caldaia con serbatoio
realizzata in aderenza al muro di confine, nonché
l’arretramento delle vedute illegittime oltre al
risarcimento dei danni.
I convenuti si opposero alla domanda osservando di
avere edificato in base a regolare concessione e che gli
attori, nel ricostruire il muro di confine, avevano invaso
il loro fondo per una profondità di circa cinquanta
centimetri.
2

L’adito Tribunale all’esito di indagini peritali

accolse la domanda di arretramento del fabbricato a metri
quattro dal confine e quella risarcitoria, ma la Corte
d’Appello, adita dai convenuti soccombenti, fu di
tutt’altro avviso e, accogliendo parzialmente
l’impugnazione dei Mariani Solinas rigettò le domande
principali, ad eccezione di quella relativa al locale
caldaia realizzato in aderenza al muro di confine, e
3

condannò pertanto gli appellanti alla rimozione.
Secondo la Corte d’Appello:
– il confine tra i rispettivi fondi corrispondeva a
quello delineato dalle mappe catastali;
– la mancata comparizione dei difensori dei convenuti

all’udienza fissata per i chiarimenti del CTU non aveva
comportato nessuna violazione del contraddittorio;

l’articolo 5 del DPGR n. 9743/271 del 1977 si

riferisce alla costruzione che si estende
stradale o in profondità

sul fronte

per cui rimane escluso che

debbano considerarsi congiuntamente i fronti che si
estendano su due strade, dal momento che in tale ipotesi
sarebbero previste le estensioni

sul fronte e in

profondità;

– l’articolo 5 del suddetto decreto prevede la deroga
alla distanza stabilita nei piani di fabbricazione
comunale non soltanto nell’ipotesi di inutilizzazione
dell’area ma anche nell’ipotesi di soluzione tecnica
inaccettabile;
– rientrando la valutazione delle soluzioni tecniche
nella discrezionalità amministrativa non poteva esaminarsi
il merito del provvedimento con riferimento alle distanze
tra pareti finestrate o all’estensione dei fronti strada;
– appariva poco chiara la clausola apposta a penna
alla concessione edilizia

(obbligo di rispetto delle
4

distanze regolamentari a condizione che il distacco dal

confine laterale privato

con la proprietà del sig. Fais

Claudio, se inferiore a metri

4,00, avvenga nel rispetto

del DRGS n. 9743/271 del 1.8.1977 decreto Soddu),
sembrando che il Comune abbia incaricato i Mariani di

verificare se esistesse l’impossibilità di rispettare le
distanze previste dal regolamento autorizzandoli, in caso
negativo, a ridurre le distanze dal confine nei limiti di
quelle previste dal codice civile secondo le disposizioni
del decreto Soddu;
– la deroga al regime delle distanze poteva ritenersi
effettivamente concessa sulla scorta di quanto accertato
dai Carabinieri nel procedimento penale per costruzione in
difformità dalla licenza edilizia

(arretramento del

fabbricato eseguito per consentire l’allargamento della
via Chiesa e conseguente riduzione, da parte dei Mariani,
della distanza del fabbricato dal confine avvalendosi
della facoltà concessa dal decreto Soddu);
– in considerazione dell’assenza di costruzioni nel
fondo Fais a meno di un metro e mezzo dal confine, la
distanza del fabbricato Mariani dal confine rilevata dai
periti

(mt.

1,68)

era

adeguata

per

dimostrare

l’adempimento ai limiti imposti dal predetto articolo;

guanto invece al vano contenente l’impianto

riscaldamento, stante la presunzione di pericolosità di
5

cui all’art. 890 cc e la mancanza di prova contraria (che
spettava ai Mariani) ne andava disposta la rimozione dal
confine.
3

Per la cassazione della sentenza i Fais-Cuccuru

hanno proposto ricorso sulla base di un unico motivo a cui

resistono i Mariani-Solinas con controricorso contenente a
sua volta ricorso incidentale articolato in tre motivi.
ricorrenti hanno depositato controricorso per
resistere al ricorso incidentale rilevandone
preliminarmente la tardività.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cpc.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente

va

esaminata

e

rigettata

l’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale
sollevata dalla difesa dei Fais-Cuccuru.
Il ricorso principale venne notificato il 26.7.2011
mentre il controricorso contenente il ricorso incidentale
venne consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica
il giorno 20.10.2011 come risulta dal timbro apposto in
calce dall’ufficiale medesimo recante, ancorché privo di
sottoscrizione, il numero cronologico, la data e la
specifica delle spese. Sulla conformità al vero delle
risultanze di tale timbro non sorge alcuna contestazione
tra le parti.
Pertanto, il termine di cui all’art. 370 cpc (venti
6

giorni dalla scadenza del termine stabilito per il
deposito del ricorso) andava a scadere il 21.10.2011 e
risulta dunque rispettato. I ricorrenti hanno considerato
erroneamente la data in cui l’ufficiale giudiziario
effettuò la spedizione mentre avrebbero dovuto considerare

la data della precedente consegna, regolarmente
documentata.
Infatti, in tema di notificazione, il momento di
perfezionamento per il notificante, ai fini della
tempestività dell’impugnazione (nella specie, ricorso per
cassazione), è costituito dalla consegna dell’atto da
notificarsi all’ufficiale giudiziario, la cui prova può
essere ricavata dal timbro, ancorché privo di
sottoscrizione, da questi apposto sull’atto, recante il
numero cronologico, la data e la specifica delle spese,
salvo che sia in contestazione la conformità al vero di
guanto da esso desumibile, atteso che le risultanze del
registro cronologico, che egli deve tenere ai sensi
dell’art. 116, primo comma, n. l, del d.F.R. 15 dicembre
1959 n. 1229, fanno fede fino a querela di falso (cfr.
tra le tante, Sez. 5, Sentenza n. 3755 del 25/02/2015 Rv.
634563; Sez. l, Sentenza n. 13640 del 30/05/2013 Rv.
626362) Sez. 3, Sentenza n. 390 del 11/01/2007 Rv.
595600).
1 bis

Ciò chiarito, è opportuno partire dall’esame
7

del ricorso incidentale con cui si pone innanzitutto una
questione riguardante la determinazione della linea di
confine. L’accertamento del rispetto delle distanze dai
confini presuppone logicamente la previa soluzione della
controversia sul confine.

Col primo motivo si deduce ex art. 360 n. 3 e 5 cpc
la violazione dell’art. 890 cc nonché la contraddittorietà
e insufficiente motivazione in ordine alla collocazione
del confine. Ad avviso dei ricorrenti incidentali non è
dato comprendere come si possa ritenere certo il confine
dopo che si è dato credito alle affermazioni del CTU
sull’avvenuto spostamento dalla posizione originaria e
sulla impossibilità di stabilire se detto spostamento
fosse avvenuto da una parte o dall’altra. Nessuna
motivazione è stata fornita circa il perché, a fronte di
una tale incertezza, si sia potuto ritenere come certo il
confine posto dalle controparti ricorrenti in
corrispondenza del’attuale muro divisorio. Richiamano i
ricorrenti incidentali un errore materiale contenuto nella
consulenza del geometra Becciu del 17.7.2001 che aveva a
sua volta “travisato – il primo giudice, come segnalato con
l’atto di appello. Ribadiscono che dalla lettura della
consulenza si evinceva chiaramente la ricostruzione del
muro non in corrispondenza del palo della luce (come
quello preesistente) bensì cinquanta centimetri più avanti
8

verso la proprietà Mariani. Ancora – secondo i ricorrenti
incidentali sarebbe stata erroneamente valutata la
sentenza del Pretore di Alghero che aveva respinto la
domanda di reintegrazione nel possesso proposta
odierni appellanti”

(così testualmente,

ndr).

“dagli

Rilevano i

Mariano Solinas che – contrariamente a quanto affermato
dal primo giudice – per effetto della citata sentenza del
Pretore non si era formato nessun giudicato sulla
legittimità della costruzione del muro da parte dei
coniugi Fais Cuccuru.
Osservano inoltre che la perizia 25.3.2002 (a cui ha
fatto riferimento il giudice di appello) non è idonea a
smentire il dato incontrovertibile accertato nella
precedente perizia, cioè la traslazione del nuovo muro
all’interno della proprietà Mariani Solinas per circa
cinquanta centimetri. Richiamano le fotografie, la
deposizione di un teste riportata nella sentenza del
Pretore di Alghero e la relazione di CTU del 17.7.2001.
Il motivo è infondato.
In tema di regolamento di confini, il ricorso al
sistema di accertamento sussidiario costituito dalle mappe
catastali (art. 950 cod. civ.) è consentito al giudice non
soltanto in caso di mancanza assoluta ed obbiettiva di
altri elementi, ma anche nell’ipotesi in cui questi (per
la loro consistenza, o per ragioni attinenti alla loro
9

attendibilità)

risultino,

secondo

l’incensurabile

apprezzamento svolto in sede di merito, comunque inidonei
alla determinazione certa del confine, con la conseguenza
che la parte che eventualmente si dolga del ricorso, da
parte del giudicante, a tale mezzo sussidiario di prova ha

l’onere di indicare gli specifici elementi alla cui
stregua andrebbe, invece, difformemente accertata la linea
di confine controversa (Sez. 2, Sentenza n. 28103 del
30/12/2009 Rv. 610962; Sez. 2, Sentenza n. 10121 del
11/07/2002 Rv. 555670).
La Corte d’Appello nel caso di specie ha affermato,
sulla scorta delle consulenze tecniche, la corrispondenza
del confine con quello indicato nelle mappe catastali,
richiamando in particolare i chiarimenti forniti dal
consulente all’udienza del 12.4.2010. La Corte ha preso in
esame anche le fotografie degli scavi di ricostruzione del
muro dando una giustificazione alla loro irrilevanza
(assenza di dati precisi sulla prospettiva rappresentata
dalle foto).
Un tale

accertamento

del

giudice di merito,

congruamente motivato si sottrae pertanto alla critica del
ricorrente, che non solo contravviene al preciso onere di
specificità imposto dall’art. 366 n. 6 cpc laddove
richiama perizie, sentenze pretorili fotografie, senza
neppure allegarle al ricorso o (quanto alle prime)
10

trascriverne integralmente il contenuto per la parte di
rilievo, ma, attraverso la denunzia del vizio di
motivazione, sollecita in questa sede una rivisitazione
delle risultanze processuali e, in definitiva, un ennesimo
giudizio di merito in questa sede precluso.

Del resto è noto che nel giudizio di cassazione, la
deduzione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc.
civ. non consente alla parte di censurare la complessiva
valutazione delle risultanze processuali contenuta nella
sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una sua
diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione
da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di
fatto compiuti dal giudice di merito: le censure poste a
fondamento del ricorso non possono pertanto risolversi
nella sollecitazione di una lettura delle risultanze
processuali diversa da quella operata dal giudice di
merito, o investire la ricostruzione della fattispecie
concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle
prove difforme da quello dato dal giudice di merito (v.
tra le varie, Sez. l, Sentenza n.

7972 del 30/03/2007 Rv.

596019; Sez. 3, Sentenza n. 828 del 16/01/2007 Rv. 593744;
Sez. L, Sentenza n. 12467 del 25/08/2003 Rv. 566240).
2 Con la seconda censura, i ricorrenti incidentali
lamentano, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, violazione
dell’art. 176 coma 2 cpc – Nullità del procedimento e
11

della sentenza.
Osservano che all’udienza del 12.4.2010 in cui furono
resi dal CTU i chiarimenti posti a base delle decisione
sulla determinazione del confine, i propri difensori non
poterono presenziare a causa dell’omessa e comunque

tardiva comunicazione dell’ordinanza con cui era stato
disposto il richiamo a chiarimenti dell’ausiliare.
Rilevano di avere tempestivamente sollevato l’eccezione di
nullità dell’attività svolta all’udienza del 12.4.2010 e
criticano le argomentazioni utilizzate dalla Corte
d’Appello per respingere la relativa censura: ritengono
che la violazione del termine di cui all’art. 176 cpc ha
impedito alla difesa di presenziare all’udienza in
considerazione del breve lasso di tempo tra la
comunicazione dell’ordinanza (fatta il 9.4.2010) e la data
dell’udienza (12.4.2010, lunedì), tenuto conto anche dei
giorni festivi cadenti in quell’intervallo e dei pregressi
impegni già assunti dall’avv. Bionda che aveva ricevuto la
comunicazione.
Anche questa censura è infondata.
Il termine di tre giorni per la comunicazione, da
parte del cancelliere, delle ordinanze pronunciate fuori
udienza, è un termine chiaramente ordinatorio e non certo
perentorio, mancando una espressa previsione di legge in
tal senso (art. 152 cpc; v. altresì Sez. 3, Sentenza n.
12

2259 del 29/10/1970 Rv. 348421).
La Corte di merito ha accertato che l’avviso venne
dato ad uno dei difensori tre giorni prima e pertanto la
censura non coglie nel segno; inoltre, essa pecca di
mancanza di autosufficienza laddove (v. pag. 20) non

indica neppure quali sarebbero state le richieste di
chiarimenti che i difensori – se presenti – avrebbero
potuto formulare e quale la loro incidenza sull’esito
della lite.
3

Con il terzo motivo di ricorso incidentale si

denunzia infine ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 5 cpc,
violazione dell’art. 890 cc e insufficiente motivazione.
Dolendosi dell’ordine di rimozione del locale caldaia e
degli impianti ivi esistenti i coniugi Mariani ritengono
innanzitutto irrilevante il diniego di accesso al CTU nel
locale in questione, dovendo l’ausiliare misurare solo la
distanza del fabbricato dal confine. Richiamano quindi il
contenuto dell’art. 890 cc osservando che non risultava
violata alcuna distanza regolamentare in relazione al vano
che, anzi, risultava autorizzato dal Comune con
provvedimento del 19.7.1993 prodotto in giudizio. Rilevano
inoltre la mancanza di pregiudizi per la proprietà dei
vicini la cui abitazione è posta ad oltre dieci metri dal
muro di confine.
La censura è infondata.
13

Gli impianti di riscaldamento per uso domestico,
alimentati a nafta, non sono assoggettabili alla
disciplina prevista dall’art. 889 cod. civ. in tema di
distanze delle cisterne, ma a quella prevista dall’art.
890 cod. civ., il quale stabilisce il regime delle

distanze per le fabbriche e i depositi nocivi o pericolosi
in base ad una presunzione di nocività e pericolosità, che
è assoluta ove prevista da una norma del regolamento
edilizio comunale, ed è invece relativa – e, come tale,
superabile con la dimostrazione che, in relazione alla
peculiarità della fattispecie ed agli accorgimenti usati,
non esiste danno o pericolo per il fondo vicino – ove
manchi una simile norma regolamentare (Sez. 2, Sentenza n.
4286 del 22/02/2011 Rv. 617012) Sez. 2, Sentenza n. 6217
del 23/05/1992 Rv. 177355; v. anche Sez. 2, Sentenza n.
1626 del 25/01/2007 Rv. 595735; Sez. 2, Sentenza n. 7143
del 01/08/1997 Rv. 506355).
La Corte d’Appello nel caso in esame ha correttamente
individuato nell’articolo 890 cc la disciplina normativa
applicabile rilevando che trattasi di una centrale termica
contenente caldaia bruciatore e serbatoio carburante; ed
ha altrettanto correttamente applicato la giurisprudenza
in materia sulla presunzione di pericolosità di tali
macchinari. Sulla scorta di tali rilievi, e della mancanza
di prova di assenza di pericolosità (a carico dei
14

Mariani), la Corte ha ordinato la rimozione del locale
costruito in aderenza al muro.
Si rivela a questo punto del tutto superflua ogni
considerazione sulla dedotta irrilevanza del diniego di
accesso al locale caldaia manifestato dai coniugi Mariani

al CTU: la ratio decidendi era ben altra e quindi non ha
senso stabilire oggi se quel diniego si giustificasse o
meno.
La censura quindi non coglie nel segno e si rivela
ancora una volta priva di specificità laddove richiama
un’autorizzazione comunale che neppure viene allegata al
ricorso o trascritta.
L’impugnazione incidentale va dunque respinta.
4

Resta da esaminare l’unico motivo del

principale

ricorso

con cui i coniugi Fais-Cuccuru denunziano ai

sensi dell’art. 360 n. 3 cpc la violazione degli artt. 5
DPGR n. 8743/271 del 1.8.1977

(decreto Soddu),

11 Piano di

Fabbricazione del Comune di Mara, nonché 872 e 873 cc.
Osservano in particolare i ricorrenti che sia il DPGR n.
9743/271 (art. 5) che il Piano di Fabbricazione del Comune
di Mara hanno tenuto presenti, nel disciplinare la deroga
sulle distanze, solo la distanza tra pareti finestrate e
non anche la distanza dal confine: di conseguenza
ritengono che la distanza minima da osservare rispetto al
confine fosse quella di mt. 4,00, come previsto dall’art.
15

11 del PDF.
Osservano inoltre i ricorrenti che la dubbia postilla
aggiunta alla concessione edilizia oltre ad essere
irrilevante (stante la mancata previsione di deroghe con
riferimento alle distanze dai confini) sarebbe anche

bianco”

“deroga in

illegittima, in quanto conterrebbe una sorta di

che lascerebbe al richiedente l’onere di

verificare l’operatività della deroga.
Procedono quindi ad una articolata ricostruzione
dello stato dei luoghi e del contenuto dei provvedimenti
amministrativi (sottolineando seri dubbi sulla legittimità
della postilla, peraltro priva di concreti effetti) e
concludono in via principale per la cassazione senza
rinvio della sentenza impugnata con ordine di arretramento
e risarcimento del danno nella misura di C. 50.000,00 e,
solo in subordine, per la cassazione con rinvio.
Il ricorso è fondato.
In linea di principio va ribadito sul solco di una
precedente giurisprudenza (Sez. 2, Sentenza n. 6695 del
16/07/1994 Rv. 487408; Cass. 18-1-1989 n. 1359, 20-5-1991
n.5670, 11-1-1992 n. 249) che in tema di distacchi tra
costruzioni, le norme di salvaguardia dettate dalla
Regione, in attuazione del disposto di cui all’art.17 L. 6
agosto 1967 n. 765,

sono inderogabili e cogenti unicamente

in ordine al limite minimo di distanza tra edifici e
16

sostituiscono le previsioni degli strumenti urbanistici
locali quando queste siano meno restrittive. Mentre non
comportano

modificazione

delle

norme

regolamentari

edilizie preesistenti che impongono distacchi tra
costruzioni maggiori e più ampi di quel limite. In tal

caso le norme regolamentari di salvaguardia non possono
costringere il regolamento locale più rigoroso ad
adeguarsi perché ciò sarebbe palesemente contrario, alla
logica, essendo il bene protetto maggiormente tutelato.
In tale ottica va letto l’ art.1 D.P.G.R. Sardegna, l
agosto 1977, nel senso che il carattere cogente di tale
norma di salvaguardia vale unicamente in ordine
all’osservanza
costruzioni.

del
Quindi

limite minimo
l’invocata

di

norma

distanza

tra

regionale

di

salvaguardia di cui al citato D.P.G.R. 1.8.77, può
considerarsi direttamente cogente solamente quando la
corrispondente norma del regolamento locale preesistente
sia meno restrittiva, e quindi con essa in contrasto e non
quando sia invece più restrittiva.
L’articolo 5 del DPRG n. 9743~271 de 1.8.1977, tra
l’altro, così dispone:

“Nelle zone inedificate o

risultanti libere in seguito
un

a

demolizione, contenute in

tessuto urbano gi definito o consolidato, che si

estendono sul fronte stradale o in profondità per una
lunghezza inferiore a mt. 24 per i Comuni di prima I e II
17

Classe, e a mt. 20 per quelli della III e IV classe, nel
caso di impossibilità di costruire in aderenza, qualora il
rispetto delle distanze tra pareti finestrate comporti
l’inutilizzazione dell’area o una soluzione tecnica
inaccettabile, il Comune può consentire la riduzione delle

distanze, nel rispetto delle disposizioni del codice
civile”.
Dalla sentenza impugnata (ed anche dalla trascrizione
fattane nel ricorso per cassazione) risulta che il Piano
di Fabbricazione del Comune di Mara (IV classe) prevede
una distanza non inferiore a metri 8,00 tra pareti
finestrate e una distanza dai confini di mt. 4,00.
Nel caso in esame la Corte d’Appello ha esteso la
applicabilità della deroga al regime delle distanze tra
pareti finestrate (prevista nel citato art. 5 del D.P.G.R.
Sardegna, l agosto 1977) anche alle ipotesi di distacchi
dai confini che invece la citata disposizione regionale
formalmente non prevede, così come non la prevede la
analoga disposizione del PDF comunale. E lo ha fatto dando
rilievo determinante ad una mera postilla (peraltro da
essa stessa ritenuta poco chiara) aggiunta alla
concessione edilizia e ad alcuni elementi risultanti da un
rapporto dei Carabinieri (circa le ragioni
dell’arretramento del fabbricato rispetto alla via Chiesa
oggetto di allargamento). E, dal fatto che il decreto
18

Soddu
Corte

fosse menzionato nella concessione edilizia, la
d’Appello

ha

tratto

il

convincimento della

legittimità della deroga al rispetto del distacco di metri
4,00 dal confine, respingendo di conseguenza la domanda di
disapplicazione.

Un tale ragionamento è giuridicamente errato oltre
che incompleto per tre ordini di ragioni:
– perché trascura l’esame del decreto del Presidente
della Giunta Regionale Sarda del 1 agosto 1977 n.9743271
ed in particolare non considera la portata e i limiti
della deroga contenuta nell’art. 5 mentre invece si
rendeva quanto mai necessaria una adeguata attività di
interpretazione della citata disposizione;
– perché non considera i rapporti tra le norme di
salvaguardia della regione in attuazione dell’art. 17
della legge n. 765 del 1967 e quelle comunali con
particolare riferimento alle possibilità di modifica da
parte di queste ultime solo in senso più restrittivo
Sez. 2, Sentenza n. 6695/1994 cit.);
– perché non considera gli effetti della concessione
edilizia che, come è noto, sono limitati alla rimozione di
un ostacolo pubblicistico alla libera esplicazione del
diritto di edificare, fermo restando però il sindacato da
parte del giudice sull’operato di chi ha effettuato la
costruzione per quanto riguarda il concreto accertamento
19

di eventuali violazioni delle norme del regolamento
edilizio sulle distanze legali (v. Sez. 2, Sentenza n.
6695 del 16/07/1994 Rv. 487409; Sez. 2, Sentenza n. 2852
del 26/01/1983 Rv. 427766).

parte del giudice di rinvio sulla scorta di guanto sopra
esposto.
P.Q.M.

rigetta il ricorso incidentale; accoglie il ricorso
principale e cassa, in relazione al ricorso accolto, la
sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di
Cagliari che provvederà anche sulle spese.
Così deciso in Roma il 23.3.2016.

La sentenza va pertanto cassata per nuovo esame da

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