Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10604 del 23/05/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10604 Anno 2016
Presidente: PARZIALE IPPOLISTO
Relatore: SCALISI ANTONINO

Data pubblicazione: 23/05/2016

SENTENZA

sul ricorso 17808-2011 proposto da:
BARBETTI

PAOLA BRBPLA44A41A564E,

ROSSI MARCELLO

RSSMCL42P06A564T, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA DI PORTA PINCIANA 4 (ST. PERNO), presso lo studio
dell’avvocato GIAN LUCA MARUCCHI, rappresentati e
difesi dall’avvocato PIETRO PERI;
– xicorilanti –

2niR

473

contro

GUIDARELLI ROSSELLA GDRRSL56T47D6120, BONCIANI ENIO
BNCNEI4BAO7D612D, elettivamente domiciliati in ROMA,
CIRC.NE TRIONFALE 145, presso lo studio dell’avvocato

J,)

FABRIZIO

PETRARCHINI,

rappresentati

e

difesi

dall’avvocato MILVIA FALATTI;
controricorrenti e ricorrenti incidentali contro

ROSSI MARCELLO RSSMCL42P06A564T,

BARBETTI

PAOLA

VIA DT PORTA PINCIANA 4 (ST PERNO), presso lo studio
dell’avvocato GIAN LUCA MARUCCHI, rappresentati e
difesi dall’avvocato PIETRO FERI;
– controricorrenti all’incidentale –

avverso la sentenza n. 832/2010 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 25/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/03/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito l’Avvocato MARUCCHI Gian Luca, con delega
depositata in udienza dell’Avvocato FERI Pietro,
difensore dei ricorrenti e controricorrenti Q.J1vc.
incidentale, che eccepisce la tardività della memoria
ex art.378 cpc di controparte e chiede l’accoglimento
delle difese in atti;
udito l’Avvocato LEONE Luca, con delega depositata in
udienza dell’Avvocato FALATTI Milvia, difensore dei
resistenti che ha chiesto l’accoglimento delle difese
depositate;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

BRBPLA44A41A564E, elettivamente domiciliati in ROMA,

Generale Dott, ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale e per il rigetto del

ricorso incidentale.

,

Svolgimento del processo
Rossi Marcello e Barbetti Paola, coniugi in regime di comunione legale
premesso di essere ambedue comproprietari dei diritti di 4/5 di un’unità
abitativa posta in Bagno a Ripoli Frazione di Grassina; che in occasione

prospiciente

la venditrice proprietaria del terreno

l’immobile compravenduto

fino al confine della strada

provinciale, aveva concesso all’acquirente un diritto di prelazione su detto
terreno in caso di vendita, nonché si era obbligata per sè e per i suoi aventi
causa a non costruire su detto terreno per la profondità di sette metri dalla casa
verso la strada provinciale e per la lunghezza dell’intera facciata dello stabile
venduto; che l’area in questione risultava in proprietà di Bonciani Ennio ed in
parte di Cianfanelli Lucia; che a partire dal novembre 2002 il Bonciani aveva
dato corso ad opere di ristrutturazione dell’area di sua proprietà interranti,
anche la porzione gravata di servitù ed, in contrasto con il connesso divieto,
convenivano davanti al Tribunale di Firenze

Bonciani Ennio per sentire

accertare l’esistenza della servitù e condannare il Bonciani ad eliminare tutti
i manufatti realizzati all’interno della fascia

di terreno gravata con

conseguenziale pronuncia, anche in punto di spesa.
Si costituiva Bonciani , in via preliminare eccepiva il litisconsorzio necessario

con la moglie Guidarelli Rossella, chiedendo che venisse disposta la chiamata
in causa i nel merito contestava l’esistenza della servitù asseritamente non
rappresentata nel proprio atto di acquisto del 1996 garantito libero da servitù
non apparenti , eccepiva la prescrizione dell’eventuale servitù. In via
riconvenzionale, instava per l’inibizione nei confronti degli attori di una serie
di atti asseritamente emulativi, da cui esso convenuto riceveva disturbo e

_

l

dell’acquisto dal loro dante causa

segnatamente la installazione di vasi di fiori sotto i davanzali delle proprie
finestre della loro abitazione, fonte di stillicidio da innaffiature

e residui di

terra e vegetale nel resede, sciorinamento di panni da una terrazza su un altro
versante dell’abitazione, getto di sostanze nocive e tossici, sputi dalle finestre
indirizzate sull’auto posteggiata nel resede.

Integrato il contraddittorio si costituiva Guidarelli Rossella e spiegava difese
del tutto analoghe a quelle del proprio coniuge.
In recoventio reconventionis, gli attori chiedevano che venisse accertato il
onjet.i.eut
loro diritto di installare e ~eri) fioriere oltre il davanzale delle tre k’ )
“t

finestre poste al piano terreno del muro a confine con la proprietà dei
convenuti e di installare e mantenere uno stenditoio oltre la ringhiera del
terra7zo al primo piano aggettante sui convenuti.
Il Tribunale di Firenze con sentenze del 13 marzo 2008 i accertata l’esistenza
del diritto di servitù convenzionale di non edificare sul resede di proprietà dei
convenuti ed a favore dell’immobile di proprietà degli attori di cui alla
domanda degli attori stessitcondannava i convenuti ad eliminare a propria cura
e a proprie spese un muretto alto 70 cm. , un cancello di colore grigio alto due
metri,

respingeva le domande riconvenzionali avanzate dai convenuti

e

quelle ulteriori spiegate dagli attori.

Avverso questa sentenza interponevars’appello Bonciani e Guidarelli, 47chiedendo la riforma della sentenza per le ragioni già esposte in primo grado.
Si costituivano Rossi e Barbetti chiedendo il rigetto del gravame e
proponevano appello incidentale.
La Corte di Appello di Firenze con sentenza n. 832 del 2010 in parziale

,

accoglimento dell’appello principale rigettava la domanda proposta da Rossi
2

i

r

e Barbetti di eliminazione del muretto di 70 cm., e confermava il resto della
sentenza. Compensava per un terzo le spese del giudizio e poneva a carico di
Bonciani e Guidarelli la restante parte. Secondo la Corte fiorentina, la
sentenza di primo grado non andava confermata in ordine alla demolizione del

rappresenta un mero decoro architettonico del resede, di proprietà privata non
presentava le caratteristiche di costrigione, rientrante nel divieto di cui si dice.
Piuttosto, chiarisce la Corte di Firenze è ragionevole ritenere che il contenuto
del diritto alla servitù non aedificandi si concreta nel corrispondente dovere
del proprietario del fondo servente di astenersi da qualsiasi attività
edificatoria, che abbia come risultato quello di comprimere o ridurre le
condizioni di vantaggio derivanti al fondo dominante dalla costituzione di
detta servitù quale che sia in concreto l’entità di siffatta compressione o
riduzione.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Rossi e Barbetti con ricorso
affidato a cinque motivi. Bonciani e Guidarelli hanno resistito con
controricorso e formulando a loro voltekricorso incidentale. Rossi e Barbetti
hanno resistito al ricorso incidentale

con autonomo controricorso. In

prossimità dell’udienza pubblica le parti hanno depositato memorie ex art.

378 cpc. Va evidenziato, tuttavia, che la memoria di Bonciani e di Rossella
Guidarelli depositata il 26 febbraio 2016 risulta, ai sensi dell’art. 378 cpc.,
depositata fuori termine, sicché è come se non fosse stata presentata. _
Motivi della decisione
A.= Ricorso principale.
1.– Con il primo motivo del ricorso principale Rossi e Barbetti lamentano la

.
_

3

je

muretto di 70 cm. Per la ragione assorbente che, per dimensione ed aspetto

_

violazione e falsa applicazione degli artt. 1063, 1064, 1065 e 833 cc. in
relazione all’art. 360 n. 3.
Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale, nel decidere se la realizzazione dei
manufatti contestati abbia costituito o meno violazione della servitù non

1065 senza considerare che l’art. 1063 cod. civ. stabilisce una graduatoria
delle fonti regolatrici dell’estensione e dell’esercizio delle servitù, ponendo a
fonte primaria il titolo costitutivo del diritto ed i precetti dettati dai successivi
artt. 1064 e 1065 quali criteri meramente sussidiari. Con la conseguenza che,
identificata la servitù di non edificare a carico del fondo Bonciani e
Guidarelli, avrebbe dovuto accertare solo, se le richieste di demolizione
formulate dagli odierni ricorrenti costituissero o meno atti emulativi perché, al
contrario, qualsiasi altra costruzione sul fondo servente non sarebbe stata
consentita indipendentemente dalla misura della compromissione o riduzione
delle condizioni di vantaggio derivanti dal fondo dominante dalla costituzione
di detta servitù, che costruzione potrebbe determinare.
b) non avrebbe valutato se i manufatti in questione potevano o meno arrecare
disturbo al fondo dominante, ma avrebbe ritenuto, contrariamente ad
orientamenti della Corte di Cassazione, che sono violazione della servitù non

aedificandi solo i manufatti che, secondo i principi civilistici, sarebbero
definibili opera edificatoria.
c) La Corte distrettuale, pur affermando che l’unico limite della servitù non
aedificandi sarebbe costituita dal divieto di atti emulativi, non avrebbe svolto
alcuna valutazione volta ad accertare se la richiesta di demolizione degli
odierni ricorrenti fosse o meno atto emulativo.

.
_

4

aedificandi, a) avrebbe, erroneamente, applicato i criteri di cui agli artt. 1064 e

1.1.= Il motivo è infondato, dovendo considerare che la Corte distrettuale ha,
correttamente,

interpretato

il titolo costitutivo

della servitù e, con

ragionamento condivisibile, ha determinato in via generale, il contenuto della
servitù di non edificare di cui si dice; ha determinato il concetto di
costruzione, e, dunque, ha valutato se le opere di cui parte ricorrente chiedeva

la demolizione, fossero manufatti e manufatti lesivi del diritto di servitù, così
come ricostruito.
La Corte distrettuale ha correttamente accolto un principio pacifico nella
dottrina civilistica, affermato anche da questa Corte (Cass. n. 3843 del
25/06/1985) secondo cui, il semplice fatto di una innovazione apportata al
fondo servente non può essere considerato di per sè costitutivo di una
limitazione della servitù, se non costituisce anche un danno effettivo per il
fondo dominante, in quanto l’esercizio della servitù è informato al criterio del
minimo mezzo, nel senso che il titolare di essa ha il diritto di realizzare il
beneficio derivantegli dal titolo o dal possesso, senza appesantire l’onere del
fondo servente, oltre quanto sia necessario ai fini di quel beneficio.
A sua volta, la Corte distrettuale interpretando il titolo costitutivo della servitù
(compravendita del 4 maggio 1945) anche alla luce della portata e del peso
che le parti nel lontano 1945 avevano inteso costituire rispettivamente in

danno ed a favore dei terreni confinanti nonché le finalità perseguite per il
tramite del loro contratto, ha ritenuto che laddove le parti avevano concordato
che: “(…) la venditrice, per sè e per i suoi successori ed aventi causa si
obbligava a non costruire su detto terreno per la profondità di metri 7 a partire
dalla casa alla strada provinciale per la lunghezza dell’intera facciata dello
stabile venduto”, intendevano costituire una servitù non aedificandi che si

.

5

it-

_

concretava nel corrispondente dovere del proprietario del fondo servente di
astenersi da qualsiasi attività edificatoria che avesse come risultato quello di
comprimere o ridurre le condizioni di vantaggio derivanti al fondo dominate
dalla costituzione della servitù quale che fosse in concreto l’entità di siffatta

titolare del diritto, a far cessare impedimenti o turbative del medesimo
Si tratta, come è evidente: a) per un verso, di un’interpretazione di clausola
contrattuale, che in quanto possibile, condivisibile e coerente con i principi
del sistema, non è suscettibile di formare oggetto del giudizio di cassazione.
Basta qui aggiungere che per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data
del giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione
possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili
interpretazioni, sì che quando di una clausola contrattuale siano possibili due
o più interpretazioni, non è, neppure, consentito, alla parte che aveva proposto
la interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di
legittimità che sia stata privilegiata l’altra. b) per altro, di una determinazione
del contenuto della servitù di cui si dice, necessaria, considerata l’ampiezza
dell’espressione “(…) la venditrice si obbligava a non costruire su detto
terreno”, e appare, del tutto condivisibile, ritenere che nel determinare
l’estensione della servitù di cui si dice, in se generica e indeterminata, si
tenesse conto che la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il
bisogno del fondo dominante con minor aggravio del fondo servente. Senza
tener conto che il principio secondo cui l’esercizio della servitù è informato al
criterio del minimo mezzo, nel senso che il titolare di essa ha il diritto di

_

realizzare il beneficio derivantegli dal titolo o dal possesso senza appesantire
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compressione o riduzione e, indipendentemente dalla misura dell’interesse del

l’onere del fondo servente oltre quanto sia necessario ai fini di quel beneficio,
è riferibile a qualunque tipo di servitù sia esso di origine convenzionale che
legale.
2.= l ricorrenti lamentano ancora:
a) Con il secondo motivo la violazione dell’art. 873 cc in relazione all’art. 360

n. 3 do, comunque, errata definizione del concetto di opera edificatoria.
Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale avrebbe erroneamente assimilato il
concetto di opera edilizia al concetto di costruzione, così violando il disposto
di cui all’art. 873 cc. E, comunque, i Giudici fiorentini, sempre secondo il
ricorrente, pur affermando che costituisce costruzione qualsiasi opera non
completamente interrata avente i caratteri di solidità ed immobilizzazione
rispetto al suolo ivi compresa la costruzione di muri di cinta di cancellate, e
quant’altro destinato alla demarcazione dei fondi capace di incidere sugli
aspetti visibili dell’assetto territoriale esistente alterandone la fisionomia ,
tuttavia, in aperto contrasto con i principi elencati, affermano che il muretto
dell’altezza di cm. 70 sarebbe un manufatto che per dimensioni e aspetto
rappresenta mero decoro architettonico del resede di proprietà privata, al pari
di un’aiuola e di una panchina fissa che per queste sue caratteristiche non
limita in alcun modo il godimento della servitù da parte dei titolari del fondo
dominante. Piuttosto, la Corte distrettuale avrebbe errato nel concludere che
quel manufatto non violasse la servitus non aedificandi rivendicata poiché, al
contrario, si trattava di un’opera edilizia la cui costruzione costituiva
violazione della servitù in oggetto.
b) Con il terzo motivo, la contraddittorietà della motivazione della sentenza su

.

un punto controverso e decisivo della controversia (art. 360 n. 5 cpc) in
7

,(31

riferimento al contenuto del diritto

(servitus non aedificandi) rispetto ai

manufatti costruiti e riconosciuti esistenti. Secondo i ricorrenti, la Corte
distrettuale

sarebbe giunta a conclusioni incongrue ed in contrasto con le

premesse, perché da un verso ha affermato che il contenuto della servitù si

astenersi da qualsiasi attività edificatoria, per altro non avrebbe accertato se la
richiesta di demolizione dei manufatti realizzati dagli odierni convenuti nel
fondo servente configurasse un atto emulativo,

ovvero, che la richiesta di

demolizione avesse come unico scopo quello di nuocere o recare molestia ai
proprietari del fondo servente.
c) Con il quarto motivo: Insufficiente e/o contraddittoria motivazione della
sentenza su un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 cpc) quando, da
una parte si afferma che ai fini di cui è causa il concetto di costruzione
comprende qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri di
solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo e dall’altra si afferma che alla
stregua di tali principi il muretto dell’altezza di 70 cm. che corre lungo l’intera
faccia del fondo dominante non costituisce opera vietata. Secondo i ricorrenti,
la sentenza contiene ulteriori contraddizioni, posto che da un verso considera
opera edilizia qualsiasi manufatto non completamente interrato, stabilmente
infisso o comunque immobilizzato al suolo, epperò afferma che il muretto non
costituiva opera vietata.
2.1.= La Corte rileva l’infondatezza delle dette censure che, per evidenti
ragioni di ordine logico e per economia di trattazione e di motivazione,
possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed
interdipendenza riguardando tutte – o direttamente o indirettamente per gli
8

concretava nel corrispondente dovere del proprietario del fondo servente di

effetti riflessi e conseguenti – la questione (sia pure sotto profili diversi) di
accertare se, nell’ipotesi il muretto di cm 70 oggetto della controversia fosse
lesivo del diritto di servitù di non edificare costituito convenzionalmente a
vantaggio dell’immobile di proprietà degli attuali ricorrenti e a carico

Va qui, chiarito, che i vizi denunciati sono frutto, in buona misura, di una
lettura frammentaria della sentenza impugnata. Piuttosto, il ragionamento
della Corte distrettuale, appare del tutto chiaro e senza alcuna contraddizione
e/o lacuna ove si considerano le coordinate essenziali cui quel ragionamento è
affidato. La Corte distrettuale, a ben vedere:
1) ha, anzitutto, determinato il concetto di costruzione, chiarendo che la
nozione di costruzione comprende qualsiasi opera non completamente
interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo
ivi compresa la costruzione di muri di cinta, di cancellate e

quant’altro

destinato alla demarcazione dei fondi capace di incidere sugli aspetti visibili
dell’assetto territoriale esistente alterandone la fisionomia.
2) ha chiarito che la servitù di non edificare si concreta nel corrispondente
dovere del proprietario del fondo servente di astenersi

da qualsiasi attività

edificatoria.
3) Con l’ulteriore specificazione che un’innovazione può essere considerata
limitazione della servitù se comprime o riduce

le condizioni di vantaggio

derivanti al fondo dominante dalla costituzione della servitù, quale che sia in
concreto l’entità di siffatta compressione o riduzione ed indipendentemente
dalla misura dell’interesse del titolare del diritto a far cessare impedimenti e
turbative del medesimo.
.

9

dell’immobile di proprietà di Bonciani e Guidarelli.

Sono queste affermazioni che vanno ribadite e confermate perché pienamente
coerenti con i principi affermati da questa Corte con le sentenze citate dalla
stessa Corte distrettuale e condivisi dalla migliore dottrina civilistica.
2.2.= Ciò posto la Corte distrettuale ha escluso la demolizione del muro di cui
si dice avendo accertato che, nel caso concreto, alla luce dei principi, appena,

indicati, non ricorrevano due condizioni essenziali: che il muro suddetto fosse
una “costruzione” e che, comunque, integrasse gli estremi di una limitazione
del beneficio derivante al titolare dalla costituzione della servitù. Infatti,
secondo i Giudici fiorentini il muretto di cm. 70 sarebbe un manufatto che per
dimensioni e aspetto rappresenta un mero decoro architettonico del resede di
proprietà privata, al pari di un’aiuola e di una panchina fissa che per queste
sue caratteristiche non limitava in alcun modo il godimento della servitù da
parte del titolare del fondo dominante e come tale non poteva esser
considerato un’opera lesiva del diritto di servitù di che trattasi.
In ultima analisi, quel muretto pur rappresentando un’opera solida ed infissa
nel suolo, non era lesivo del diritto di servitù di cui si dice, perché per
dimensioni ed aspetto, non incideva su aspetti visibili, non alterava la
fisionomia, dell’assetto territoriale esistente, rappresentava un mero decoro e,
(soprattutto) non comprometteva i vantaggi derivanti al fondo dominate dalla
costituzione della detta servitù tenuto conto, anche, dell’effettiva intenzione
delle parti al momento in cui la servitù veniva costituita,
Si tratta, come è evidente, di una valutazione di merito e/o di un accertamento
di fatto, che in quanto plausibile e, soprattutto, coerente con la normativa in
tema di servitù, non identifica alcun vizio della sentenza emendabile con il

giudizio di cassazione. A fronte delle osservazioni della Corte distrettuale i
10

16

1

,
ricorrenti, in verità, contrappongono le proprie, ma della maggiore o minore
attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non è
certo consentito discutere in questa sede di legittimità, né può il ricorrente
pretendere il riesame del merito sol perché la valutazione delle accertate

con le loro aspettative e convinzioni.
3.= Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano: Nullità della sentenza ai sensi
dell’art. 360 n. 4 cpc., in riferimento all’art. 112 cpc., per omessa pronuncia
sull’appello incidentale con cui si chiedeva la demolizione di tutti i manufatti
esistenti sulla faccia di terreno gravata da servitù e non solo quelli che erano
state elencati esemplificativamente e, quindi, laddove non aveva ordinato
anche l’eliminazione del muro di appoggio del cancello già oggetto
dell’ordine di demolizione.
Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale avrebbe omesso di pronunciarsi in
ordine alla domanda di demolizione di tutti i manufatti esistenti sulla faccia di
terreno gravata da servitù ed in particolare in ordine alla demolizione anche
del muro su cui poggia il cancello oggetto di contestazione.
3.1.= Il motivo è infondato.
Come chiarisce la sentenza impugnata la doglianza relativa all’eliminazione

della pavimentazione in luogo del fondo a prato e ghiaia, il muro di appoggio
del cancello oggetto dell’ordine di demolizione e le fioriere, alla stregua di
quanto si è detto risulta, se pure ammissibile, infondata. E’ del tutto evidente
che la Corte distrettuale, dunque, non ha mancato di esaminare l’intera
domanda di giustizia dei sigg. Rossi e Barbetti posto che ha chiaramente

.

specificato che la doglianza (tra l’altro) relativa al muro di appoggio del
Il

circostanze di fatto, come operata dal giudice di secondo grado, non collima

cancello era infondata per tutte le ragioni che si erano già dette nella parte
precedente della sentenza. Irrilevante ed ininfluente è la circostanza
evidenziata dai ricorrenti e relativa al fatto che la Corte distrettuale abbia
ritenuto necessario aggiungere altre ed ulteriori ragioni di infondatezza della
censura relativa alla pavimentazione e alle fioriere perché ciò non priva di

significato le ragioni per le quali in via generale aveva rigettato la censura
anche relativa al muro di sostegno del cancello.
B.= Ricorso incidentale
4.= Con il primo motivo del ricorso incidentale Bonciani e Guidarelli
lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1067 cc e dell’art. 841
cc. in relazione all’art. 360. Secondo i ricorrenti incidentali la Corte
distrettuale non avrebbe dovuto disporre la rimozione del cancello dato che
nel caso di specie il cancello di cui si dice non impedisce il passaggio di aria e
luce e comunque non pregiudicherebbe il vantaggio che si è voluto conseguire
al momento della costituzione della servitù per cui è causa.
4.1.= Il motivo é infondato non solo perché si risolve nella richiesta di un
nuovo e diversa valutazione dei dati processali non proponibile nel giudizio di
cassazione se, come nel caso in esame la valutazione del giudice del merito
_
_

non presenta vizi di logicità o violazione di legge, ma, soprattutto, perché la
valutazione è pienamente coerente con i principi in materia. Come ha avuto
modo di chiarire la sentenza impugnata il cancello costituiva violazione della
servitù per cui è causa per la ragione assorbente che il divieto di edificare si
estende non solo a qualsiasi opera non completamente interrata avente i
caratteri di solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo, ma anche ai muri di
cinta e alle cancellate destinate alla demarcazione dei fondi capace di incidere

.

12

#

_
sugli

aspetti

visibili

dell’assetto

territoriale

esistente

alterandone

la

fisionomia.
Si tratta anche in questo caso di una valutazione di merito e/o di un
accertamento di fatto, che in quanto plausibile e, soprattutto, coerente con la

emendabile con il giudizio di cassazione
5.= Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali lamentano la nullità della
sentenza ai sensi dell’art. 360 n. 4 in riferimento all’ardi 2 cpc., per l’omessa
pronuncia nell’appello principale con cui si chiedeva la condanna di
controparte al pagamento, anche parziale, delle spese di lite a seguito della
riconventio riconvetionis da parte del Giudice di Prime cure. Secondo i
ricorrenti la controparte aveva proposta una reconventio reconventionis che è
stata respinta

ma, malgrado tale reiezione, il Tribunale di Firenze aveva

condannato i comparenti al pagamento totale delle spese. In sede di appello gli
odierni ricorrenti incidentali avevano chiesto

la modifica del capo della

sentenza afferente alle spese, ma la Corte distrettuale non solo non si è
pronunciata sul motivo di impugnazione, ma neppure sul punto delle spese di
lite.
5.1= Il motivo è inammissibile per mancanza di interesse considerato che la

sentenza impugnata ha provveduto a riformare la sentenza di primo grado, sia
pure parzialmente, ed ha provveduto ad una nuova statuizione delle spese
relative al primo grado, modificando la disposizione contenuta nella sentenza
di primo grado, disponendo una compensazione delle stesse in ragione di un
terzo e ponendo a carico di controparte la restante parte dei due terzi

.

In definitiva, vanno rigettati sia il ricorso principale e sia il ricorso incidentale,
13

normativa in tema di servitù, non identifica alcun vizio della sentenza

,

L3E191 soccombenza( è ragione sufficiente per compensare le spese del
laar

“‹

presente giudizio di cassazione.
Per Questi Motivi
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale. Compensa le

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile
il l . Marzo 2016.

spese

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