Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10603 del 04/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 04/06/2020, (ud. 13/03/2019, dep. 04/06/2020), n.10603

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2737/2015 proposto da:

GESTIONE TRASPORTI METROPOLITANI S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO

25-B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, rappresentata e

difesa dall’avvocato OSVALDO GALIZIA;

– ricorrente –

contro

G.P., domiciliato ope legis presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato FRANCESCA

RAMICONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 847/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 16/10/2014 R.G.N. 965/2013.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza pubblicata in data 16.10.2014, accogliendo il gravame interposto da G.P., nei confronti della S.p.A. Gestione Trasporti Metropolitani, avverso la pronunzia del Tribunale di Pescara n. 200/2013, ha dichiarato il diritto dei lavoratore al riconoscimento della indennità di autista scelto, con decorrenza 2.12.2008, pari ad Euro 8,49 al mese, e, per l’effetto, ha condannato la società datrice al pagamento, in favore del dipendente, dei ratei medio tempore maturati, oltre agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria ed alle spese di lite dei due gradi di merito;

che per la cassazione della sentenza ricorre la S.p.A. Gestione Trasporti Metropolitani articolando due motivi;

che G.P. resiste con controricorso;

che sono state comunicate memorie nell’interesse di entrambe le parti (quella nell’interesse del G. pervenuta fuori termine);

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si censura: 1) il “vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti: la mancata segnalazione, nei confronti della società datrice di lavoro, dell’errore informatico da parte del personale addetto ai periodici controlli del sistema informatico aziendale ed in particolare da parte di R.F.”, per avere la Corte di merito erroneamente mancato di valutare la omessa segnalazione del predetto errore ed avere fondato la propria decisione sul teste R., scarsamente attendibile; 2) “Erronea indicazione, nella sentenza impugnata, dell’anno in cui è stata segnalata l’anomalia informatica (anno 2002 anzichè 2009)”;

che il primo motivo è inammissibile, innanzitutto, in quanto palesemente diretto ad ottenere un nuovo esame delle risultanze processuali, non consentito in questa sede (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014), poichè “il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza spetta in via esclusiva al giudice di merito”; per la qual cosa “la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata, per omessa, errata o insufficiente valutazione delle prove, o per mancata ammissione delle stesse, non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito” (cfr., ex multis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014 citt.; Cass. n. 2056/2011); e, nella fattispecie, la Corte distrettuale è pervenuta alla decisione impugnata attraverso un iter motivazionale del tutto condivisibile dal punto di vista logico-giuridico, anche in ordine alla valutazione delle dichiarazioni dei testi addotti dalle parti;

che va, inoltre, osservato, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), che, per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Orbene, poichè la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata, come riferito in narrativa, in data 16.10.2014, nella fattispecie si applica, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5), come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ma nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica il fatto storico (Cass. n. 21152/2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare (posto che, peraltro, non si ravvisa la presunta omissione in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale: v., in particolare, al riguardo, pag. 2 della sentenza impugnata); nè, tanto meno, fa riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza “così radicale da comportare” in linea con “quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione”. E, dunque, non potendosi più censurare, dopo la riforma del 2012, la motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale del giudice di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 25229/2015) che, nella specie, è stato condotto dalla Corte territoriale, come innanzi osservato, con argomentazioni logico-giuridiche del tutto congrue poste a fondamento della decisione impugnata;

che il secondo mezzo di impugnazione, articolato in forma libera, va dichiarato inammissibile, poichè il giudizio di cassazione è vincolato dai motivi del ricorso che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate nel codice di rito. Pertanto, il motivo di ricorso deve possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica delle sentenze impugnate (cfr., tra le molte, Cass. n. 19959/2014);

che per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese – liquidate come in dispositivo e da distrarre, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., in favore del difensore del G., avv. Francesca Ramicone, dichiaratosi antistatario -, seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 13 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2020

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