Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1060 del 18/01/2011

Cassazione civile sez. VI, 18/01/2011, (ud. 28/10/2010, dep. 18/01/2011), n.1060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2633-2010 proposto da:

CIVI SRL (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro-

tempore ed inoltre F.M.L. (OMISSIS),

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA MARIO FANI 106, presso lo

studio dell’avvocato ROSSI MASSIMILIANO, che le rappresenta e difende

unitamente agli avvocati GHEZZI SAMANTHA, RAFFAELLA SALA, giusta

procura alle liti a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

G.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CASSIODORO 9, presso lo studio dell’avvocato MARIO NUZZO,

rappresentato e difeso dall’avvocato NISII LINO, giusta mandato a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 877/2008 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

2.7.08, depositata il 10/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito per le ricorrenti l’Avvocato Massimiliano Rossi che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Avverso la decisione indicata in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione F.M.L. e la CIVI s.r.l..

Ha resistito l’intimato.

Nominato, ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ., il consigliere relatore ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ. ritenendo che il ricorso fosse da rigettare per manifesta infondatezza.

Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni conformi a quelle di cui alla relazione.

OSSERVA:

Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità del controricorso che è stato notificato oltre il termine previsto dall’art. 370 cod. proc. civ., atteso che risulta ricevuto dall’ufficiale giudiziario per la notificazione il 17-3-2010 mentre dall’avviso di ricevimento in atti il ricorso risulta notificato il 26-1-2010.

Vanno condivise le argomentazioni e le conclusioni di cui alla richiamata relazione che di seguito si riporta:

“1. F.M.L. conveniva in giudizio dinanzi al Pretore di Giulianova G.E. chiedendo che venisse accertato il diritto di proprietà dalla medesima acquistato per usucapione su una piccola porzione della particella 1569 intestata al convenuto con la condanna di quest’ultimo al suo rilascio.

Il convenuto resisteva.

Declinata dal Pretore la propria competenza, il Tribunale, dinanzi al quale era riassunta la causa, rigettava la domanda con sentenza che era confermata in sede di gravame.

Hanno proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo F.M.L. e la CIVI s.r.l, successore a titolo particolare nel diritto controverso, per acquisto dall’attrice del bene in questione avvenuto nelle more del giudizio di merito.

Ha resistito l’intimato.

2. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., essendo manifestamente infondato.

L’unico motivo, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), deduce che non era dato comprendere in base a quale ragionamento la sentenza impugnata, nell’escludere l’acquisto per usucapione, aveva ritenuto l’indeterminatezza del bene e l’insufficienza della prova, non avendo esaminato le circostanze di fatto, i documenti offerti e le prove testimoniali dai quali era emerso – in relazione a quelli che sono i requisiti prescritti per l’acquisto per usucapione – l’esistenza di un possesso che da oltre quaranta anni l’attrice aveva goduto della porzione della particella che aveva goduto unitamente a quella n. 108 di sua proprietà delimitandola ed individuandola con una recinzione che aveva inglobato l’intera area in oggetto. Il motivo va disatteso.

La sentenza ha indicato con motivazione immune da vizi logici o giuridici le ragioni che avevano portato al rigetto della domanda proposta dall’attrice: nell’escludere l’invocata usucapione ha evidenziato che non solo non era stata provata ma neppure allegata, nella prospettazione della domanda, l’esatta determinazione dell’ubicazione e della misura della porzione di terreno rivendicata che aveva ad oggetto non l’intera particella 1569 intestata al convenuto ma solo una parte di essa, osservando che la prospettazione della domanda, già di per sè approssimativa (si faceva riferimento a una zona oscillante fra i 10 e i 20 mq.) contrastava con le risultanze della planimetria allegata al titolo di acquisto del G. seppure tale considerazione era di per sè assorbente di ogni altra (e quindi da sola idonea a sorreggere la motivazione), i Giudici rilevavano, altresì, l’insufficienza della prova circa gli atti di esercizio del possesso, osservando al riguardo non idoneo il riferimento a una recinzione esistente in loco da tempo senza la benchè minima indicazione nè dei soggetti nè degli atti concreti di esercizio del possesso.

Orbene, le critiche formulate dalle ricorrenti non sono idonee a scalfire la correttezza e la congruità dell’iter logico-giuridico seguito dalla sentenza: le censure lamentate, in realtà, non denunciano un vizio logico della motivazione ma si concretano in argomentazioni volte a dimostrare – attraverso la disamina e la discussione delle prove raccolte – l’erroneo apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dai giudici laddove, in contrasto con quanto sarebbe emerso, era stata esclusa l’esistenza di un possesso utile ad usucapionem. Al riguardo, va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art. 360, n. 5 citato, la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo (solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto).

In particolare, in relazione al vizio di motivazione per omesso esame di un documento decisivo, va rilevato che il ricorrente ha l’onere, a pena di inammissibilità del motivo di censura, di riprodurre nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo, il documento nella sua integrità in modo da consentire alla Corte, che – come si è detto – non ha accesso diretto agli atti del giudizio di merito, di verificarne la decisività (Cass. 14973/2006;

12984/2006; 7610/2006; 10576/2003), tenuto conto che in proposito occorre dimostrare la certezza e non la probabilità che, ove esso fosse stato preso in considerazione, la decisione sarebbe stata diversa: tale onere nella specie non è stato ottemperato dalle ricorrenti”.

Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.

In considerazione di quanto si è detto a proposito del controricorso, non va adottata alcuna statuizione relativamente al regolamento delle spese della presente fase.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2011

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