Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 106 del 07/01/2020

Cassazione civile sez. I, 07/01/2020, (ud. 27/06/2019, dep. 07/01/2020), n.106

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30932/2018 proposto da:

O.I., elettivamente domiciliato in Campobasso, via Mazzini

112, presso lo studio dell’avvocato Ennio Cerio, che lo rappresenta

e difende in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

24/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/06/2019 dal Consigliere Dott.ssa Paola GHINOY.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Campobasso rigettava la domanda proposta da O.I. volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale.

2. Riferiva che il richiedente aveva dichiarato alla Commissione di aver militato prima di scappare dalla Nigeria nel partito politico APGA occupandosi, nello specifico, di proteggere e svolgere campagna elettorale per il candidato appoggiato dal partito alle elezioni Ot.Al.. Aveva raccontato inoltre di aver ucciso involontariamente (con un’arma da fuoco fornitagli dal partito) un avversario politico, nel corso di uno scontro a fuoco con gli opposti sostenitori. Per tale omicidio era ricercato dalla polizia e, temendo per la propria incolumità, anche e soprattutto in ragione della sua fede cristiana, aveva deciso di scappare dal paese di origine.

3. Il Tribunale condivideva la valutazione della Commissione in ordine alla non credibilità del racconto per la sua genericità e mancanza di coerenza e plausibilità, desunta da plurimi elementi quali in particolare il fatto che neppure il richiedente avesse saputo riferire sull’attività politica espletata dal partito e l’assenza di ogni elemento ricostruttivo in ordine all’episodio dell’omicidio asseritamente commesso; il racconto era altresì privo di adeguati riferimenti temporali e mancava una concatenazione logica plausibile degli accadimenti narrati. Nè il richiedente aveva chiarito o spiegato gli aspetti e le contraddizioni posti in evidenza dalla Commissione.

4. Escludeva per tale motivo la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), mentre in relazione alla lett. c) argomentava che non risultava nell’Abia State l’esistenza di un conflitto armato a causa di una situazione di violenza indiscriminata, non essendo ivi attuale la possibilità di attacchi terroristici del gruppo armato di (OMISSIS), che opera nel nord est del Paese, secondo quanto riferito dall’UNHCR.

5. Neppure ravvisava i presupposti per la protezione umanitaria, mancando qualsiasi elemento anche a livello di allegazione idoneo ad individuare una situazione di vulnerabilità.

6. Per la cassazione del decreto O.I. ha proposto ricorso, affidato a due motivi, cui il Ministero dell’Interno non ha opposto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

7. Come primo motivo il richiedente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione al mancato adeguato approfondimento della situazione esistente in Nigeria quale riferita anche dal sito (OMISSIS) e dal rapporto EASO che ritengono attuale la minaccia terroristica dei (OMISSIS) e denotano una situazione di grave preoccupazione per la sicurezza nella Nigeria.

8. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e della circolare n. 3716 del 2015 della commissione nazionale per il diritto di asilo e lamenta che il Tribunale abbia omesso di valutare la sussistenza dei requisiti per la protezione umanitaria effettuando una valutazione comparativa tra la vita privata sociale familiare in Italia con quella che troverebbe si è esposto al rimpatrio del paese di origine.

9. Il ricorso non è fondato.

In relazione al primo motivo, va premesso che la nozione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), dev’ essere interpretata in conformità della fonte Eurounitaria di cui è attuazione (direttive 2004/83/CE e 2011/95/UE), in coerenza con le indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di Giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014, C-542/13, par. 36), secondo cui i rischi a cui è esposta in generale la popolazione di un paese o di una parte di essa di norma non costituiscono di per sè una minaccia individuale da definirsi come danno grave (v. 26 Considerando della direttiva n. 2011/95/UE), sicchè “l’esistenza di un conflitto armato interno potrà portare alla concessione della protezione sussidiaria solamente nella misura in cui si ritenga eccezionalmente che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, ai sensi dell’art. 15, direttiva, lett. c), a motivo del fatto che il grado di violenza indiscriminata che li caratterizza raggiunge un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (v., in questo senso, Corte Giustizia UE 17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07, e 30 gennaio 2014, Diakitè, C285/12; vedi pure Cass. n. 13858 del 2018 e Cass. n. 30105 del 2018).

10. Il giudice di merito ha escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), sulla base delle risultanze di siti internazionali accreditati ed aggiornati. Il motivo si sostanzia in una censura di merito all’accertamento di fatto compiuto ed in tal senso risulta inammissibile, considerato che il vizio di motivazione rappresentato dal travisamento di fatti decisivi non è riconducibile al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, mentre le fonti richiamate dal richiedente si limitano a ribadire il pericolo rappresentato dalla presenza del gruppo dei (OMISSIS), già valutato dal giudice territoriale come situazione che non appare di tale gravità da poter rientrare nella previsione normativa di riferimento.

11. In relazione al secondo motivo, che attiene alla protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (nel testo operante ratione temporis), occorre rilevare che in assenza della rituale deduzione di una situazione di vulnerabilità, la valutazione del Tribunale va confermata, avendo questa Corte chiarito (v. Cass. 23/02/2018, n. 4455 e successive conformi) che non può essere riconosciuto il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente ed astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza, atteso che il rispetto del diritto alla vita privata di cui all’art. 8 CEDU, può soffrire ingerenze legittime da parte di pubblici poteri finalizzate al raggiungimento d’interessi pubblici contrapposti quali quelli relativi al rispetto delle leggi sull’immigrazione, particolarmente nel caso in cui lo straniero non possieda uno stabile titolo di soggiorno nello Stato di accoglienza, ma vi risieda in attesa che sia definita la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale (Cass. 28/06/2018, n. 17072).

12. Segue coerente il rigetto del ricorso.

13. Non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo il Ministero intimato svolto attività difensiva.

14. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, non risultando il richiedente ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2020

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