Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10599 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/04/2021, (ud. 18/02/2021, dep. 22/04/2021), n.10599

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 151-2019 proposto da:

ACQUE MADONNA DEL CARMINE SPA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO

107, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO TORINO, rappresentata

e difesa dall’avvocato GIAMPIERO D’AGATA;

– ricorrente –

contro

ASEC TRADE SRL AZIENDA SERVIZI ENERGETICI CATANIA, in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE LA ROSA MONACO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 943/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2010 la società ASEC Trade chiese ed ottenne un decreto ingiuntivo nei confronti della società Acque Madonna del Carmine s.p.a. per l’importo di 228.549,03 Euro, rappresentato da un credito vantato a titolo di corrispettivo per la fornitura di energia elettrica.

La Acque Madonna del Carmine s.p.a. propose opposizione al suddetto decreto, deducendo non esservi prova che i costi addebitati corrispondessero ai consumi effettivi.

2. Con sentenza 3696/12 il Tribunale di Catania revocò il decreto ingiuntivo e condannò la società opponente al pagamento in favore della società somministrante del minor importo di Euro 183.266,02. La sentenza fu impugnata dalla ASEC Trade.

3. Con sentenza 24 aprile 2018 n. 943 la Corte d’appello di Catania accolse solo in parte il gravame, condannando la Acque Madonna del Carmine al pagamento, in favore della ASEC Trade degli interessi moratori sull’importo di Euro 183.266,02, dalla scadenza delle singole fatture fino all’effettivo pagamento.

4. La sentenza d’appello è impugnata per cassazione dalla Acque Madonna del Carmine con ricorso fondato su due motivi.

Ha resistito con controricorso la Asec Trade.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Deve preliminarmente rilevarsi come nel sistema informatico della cancelleria sia stato inserito, quale nominativo del difensore della società controricorrente, quello dell’avvocato “Alessandro La Rosa”. La società controricorrente, tuttavia, risulta avere conferito il mandato difensivo all’avvocato Giuseppe La Rosa Monaco, il quale in tale veste ha notificato e depositato il controricorso.

Tale qui pro quo ha fatto sì che al difensore della società controricorrente non risulti essere stato notificato l’avviso di fissazione dell’adunanza camerale del 18 febbraio 2021.

Ritiene tuttavia il collegio che tale oggettiva nullità non imponga il rinvio della causa a nuovo ruolo.

Infatti, per quanto si dirà, il ricorso appare manifestamente infondato: ed avendo la società controricorrente comunque svolto le proprie difese e notificato il controricorso, nessun nocumento quest’ultima potrebbe subire in conseguenza della perduta possibilità di depositare la memoria di cui all’art. 380 bis c.p.c..

2. Col primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 1218,1219 e 1224 c.c.; D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, artt. 3 e 4. Deduce di essere stata erroneamente condannata al pagamento degli interessi moratori al saggio previsto dal D.Lgs. n. 231 del 2002, così come previsto dall’art. 7 del contratto di fornitura.

Nella illustrazione del motivo si sostiene che la condanna al pagamento degli interessi moratori presuppone un ritardo colpevole, e che il credito sia determinato o determinabile.

Nel caso di specie, invece, il credito vantato dalla ASEC ed indicato nelle fatture poste a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo non era nè determinato nè determinabile, ed anzi per poterlo quantificare fu necessario ricorrere ad una consulenza tecnica d’ufficio. Questa impossibilità di quantificare ab origine l’esatta misura del credito “esime da colpa la società ricorrente”; e se mancava la colpa, non potevano decorrere gli interessi moratori.

1.1. Il motivo è infondato.

Nè la il liquidità del credito, nè la contestazione di esso da parte del cliente, potevano impedire il decorso degli interessi di mora: nel nostro ordinamento, infatti, non vige il principio romanistico in illiquidis non fit mora, con la conseguenza che, in caso di contestazione dell’entità del credito, l’atto di costituzione in mora produrrà i suoi effetti tipici limitatamente alla parte del credito che risulterà in concreto dovuta (così già Sez. 2, Sentenza n. 11736 del 20/11/1998, Rv. 520887 – 01). Aggiungasi che il contratto di somministrazione esonerava il creditore dalla costituzione in mora, e prevedeva la decorrenza degli interessi (secondo l’interpretazione data al contratto dalla Corte d’appello e non impugnata) “dalla data di scadenza delle singole fatture”, data che la Corte d’appello ha reputato “incontestata”.

Pertanto, nel caso di specie:

-) il credito produceva interessi senza necessità di costituzione in mora per patto contrattuale;

-) la contestazione della entità del credito non impediva tale effetto;

-) gli interessi sarebbero dovuti decorrere dalla data dell’atto ritenuto dalla Corte d’appello equivalente alla mora (la data di scadenza delle singole fatture inevase).

La ricorrente, quindi, ha torto sia quando invoca la propria assenza di colpa (giuridicamente irrilevante alla luce del patto contrattuale); sia quando invoca l’inesistente principio in illiquidis non fit mora.

2. Col secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c..

Deduce che non poteva essere condannata alla rifusione dei due terzi delle spese in favore della controparte, come statuito dalla Corte d’appello, in quanto non poteva ritenersi soccombente in senso tecnico, dal momento che il decreto ingiuntivo era stato comunque revocato.

2.1. Il motivo è infondato, dal momento che la soccombenza va valutata in base all’esito complessivo della lite, ed all’esito del giudizio è stata accertata la effettiva sussistenza del credito azionato in via monitoria dalla ASEC Trade.

3. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

PQM

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna Acque Madonna del Carmine s.p.a. alla rifusione in favore di ASEC Trade s.r.l. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 4.300, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 18 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

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