Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10596 del 13/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 13/05/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 13/05/2011), n.10596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

DI MASCIO GOLD SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA FERDINANDO DI SAVOIA 3 presso

lo studio dell’avvocato NICOLO’ CARLO, rappresentato e difeso

dall’avvocato DI LORETO EDOARDO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

sul ricorso 4382-2007 proposto da:

D.M.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA

FERDINANDO DI SAVOIA 3 presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ CARLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DI LORETO EDOARDO, giusta delega

a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

sul ricorso 4384-2007 proposto da:

D.M.V., elettivamente domiciliato in ROMA VIA

FERDINANDO DI SAVOIA 3 presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ CARLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DI LORETO EDOARDO, giusta delega

a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

sul ricorso 4386-2007 proposto da:

DI MASCIO GOLD SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA FERDINANDO DI SAVOIA 3 presso

lo studio dell’avvocato NICOLO’ CARLO, rappresentato e difeso

dall’avvocato DI LORETO EDOARDO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso le sentenze n. 31-59-60-61/2006 della COMM. TRIB. REG. di

L’AQUILA, depositata il 04/07/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato MARIA GLORIA DI LORETO per delega

Avv. EDOARDO DI LORETO, che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Durante la verifica svolta nel novembre 2005 dal N.P.T. di Arezzo presso la società Oro Diffusion erano rinvenuti appunti extra contabili relativi a rapporti commerciali intercorsi con varie ditte e in particolare con la s.n.c. Di Mascio Gold di (OMISSIS). La circostanza era segnalata al competente comando della G.d.F. che, con p.v.c. del 30 giugno 1997, rideterminava i ricavi di quest’ultima società; indi, l’amministrazione finanziaria procedeva a notificare, per l’anno 1995, separati avvisi di rettifica e di accertamento, rispettivamente a fini IVA e ILOR, nei confronti della s.n.c. Di Mascio Gold, nonchè conseguenti avvisi di accertamento, a fini IRPEF, nei confronti dei soci D.M.F. e V. e della moglie di quest’ultimo L.F..

I contribuenti (la soc. Di Mascio Gold, D.M.F. e congiuntamente i coniugi D.M. – L.) proponevano separate impugnazioni in relazione a ciascun tributo imputato.

I quattro ricorsi, accolti in prime cure, sono stati rigettati dalla commissione tributaria regionale de L’Aquila che, con separate sentenze depositate il 4 luglio 2006, ha accolto gli appelli proposti dall’ufficio e respinto in gravami incidentali dei contribuenti.

Ha motivato le tre decisioni, sull’ILOR societaria (61/1/06) e sull’IRPEF da partecipazione sociale (59/1/06, 60/1/06), ritenendo che il D.P.R. n. 600, art. 39 legittimava il procedimento accertativo, atteso che gli elementi extra contabili, acquisiti presso la soc. Oro Diffusion circa i rapporti con la soc. Di Mascio Gold, erano idonei a fondare prova presuntiva di maggiori redditi d’impresa, secondo criteri di normalità, ragionevolezza e verosimiglianza (anche in caso di omessa dimostrazione dello scarico di magazzino e/o di comportamento antieconomico), spettando alla parte contribuente l’onere di offrire allegazioni contrarie. Ha aggiunto, inoltre, che il procedimento aveva rispettato il D.P.R. n. 600, art. 42 e il D.P.R. n. 633, artt. 54 e 56, atteso che i rinvii per relazionem contenuti negli atti impositivi erano riferiti a documento noto alla parte contribuente e tale da consentire adeguata comprensione degli addebiti mossi.

Infine, la CTR, con la quarta decisione relativa all’evasione IVA (61/1/06), ha confermato le tesi svolte nelle altre decisioni, sia sulla motivazione per relationem dell’atto impositivo, sia sull’utilizzabilità contro la soc. Di Mascio Gold degli elementi extra contabili acquisiti nella procedura di accertamento riguardante la soc. Oro Diffusion (D.P.R. n. 633, art. 63, comma 1, e art. 54, commi 2 e 4). Con separati atti, tempestivamente notificati all’Agenzia delle entrate, in sede centrale e periferica, i contribuenti hanno proposto autonomi ricorsi per cassazione avverso ciascuna sentenza, avanzando o-gnuno quattro similari motivi di doglianza. L’Agenzia delle entrate non si è costituita. I ricorsi sono stati riuniti con separate ordinanze.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

01. Preliminarmente, con opportuna riunione dei ricorsi n. 4381-4382- 4384 del 2007 (v. odierne ordinanze), si da ulteriore continuità all’orientamento inaugurato da questa sezione con la sentenza n. 3830 del 2010, in base alla quale devono essere ribaditi i seguenti principi di diritto: “Nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: (1) identità oggettiva quanto a “causa petendi” dei ricorsi; (2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; (3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; (4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici. In tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111 Cost., comma 2, e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità superflue, perchè non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio”.

02. Nel caso in esame ricorrono tutti i sopra enunciati requisiti d’identità e simultaneità in relazione ai contestati maggiori redditi d’impresa ai fini dell’ILOR societaria e dell’IRPEF dei soci.

03. Quanto al quarto ricorso (n. 4386/2007, v. odierna ordinanza), sul contestato maggior imponibile IVA a carico della società, manca un meccanismo analogo a quello previsto dal combinato disposto di cui al D.P.R. 600, art. 40, comma 2, e D.P.R. n. 917, art. 5. Tuttavia, dalla particolarità del caso di specie, emerge che l’amministrazione finanziaria ha parallelamente proceduto, in base ad unico p.v.c. della G.d.F., ad accertamenti ILOR e IVA fondati su elementi comuni a carico della s.n.c. Di Mascio Gold. Il profilo dell’accertamento impugnato, concernente l’imponibile IVA e in particolare il rilievo attribuito agli elementi extra contabili acquisiti presso la società Oro Diffusion, non è suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti a esso specifici come emerge dal tenore delle quattro sentenze d’appello e dal contenuto dei relativi ricorsi per cassazione. Gli evidenti margini d’interferenza tra le vertenze sull’IRPEF da partecipazione sociale e le vertenze separatamente promosse avverso gli accertamenti ILOR e IVA a carico della società inducono al complessivo “simultaneus processus” di legittimità, attesa la concreta e peculiare sovrapponibilità delle due ultime situazioni (cfr. Cass. n. 12236 del 2010, sull’accertamento contestuale di ILOR e IVA; v. anche n. 6883 del 2001).

04. In ogni caso, l’istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall’art. 274 cod. proc. civ., in quanto volto a garantire l’economia ed il minor costo dei giudizi, oltre alla certezza del diritto, risulta comunque applicabile anche in sede di legittimità, in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi, in ossequio al precetto costituzionale della ragionevole durata del processo, cui è funzionale ogni opzione semplificatoria ed acceleratoria delle situazioni processuali che conducono alla risposta finale sulla domanda di giustizia, ed in conformità dal ruolo istituzionale della Corte di cassazione, che, quale organo supremo di giustizia, è preposta proprio ad assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonchè l’unità del diritto oggettivo nazionale (cfr., in generale, Sez. Un, n. 18125 del 2005 e n. 18050 del 2010; v., sul processo tributario, Cass. n. 3830 del 2010).

05. Con il 1^ motivo dei tre ricorsi sulle imposte dirette e del quarto ricorso sull’IVA, i contribuenti denunciano rispettivamente “violazione falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e dell’art. 2727 c.c.” e “violazione falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, e dell’art. 2727 c.c.”.

06. In estrema sintesi, i contribuenti lamentano che i giudici d’appello avrebbero dato credito a inesistenti “presunzioni gravi, precise e concordanti riguardo all’omessa contabilizzazione dei ricavi”, atteso che l’unico dato certo è rappresentato da “bigliettini” extra contabili acquisiti presso la società Oro Diffusion – mai riprodotti, esibiti o comunque messi disposizione dall’amministrazione – e dai quali sarebbero emerse presunte cessioni di merce, vendite non fatturate e percentuali di ricarico. Il che darebbe luogo a un’inammissibile “praesumptio de presumpto”, in assenza di elementi e verificabili.

07. Le doglianze non sono fondate. Giova osservare che dottrina e giurisprudenza di legittimità escludono la sussistenza di alcuna violazione dei diritti del contribuente o del contraddittorio con l’Erario laddove l’accertamento sia fondato sugli elementi desunti da documenti extra contabili rinvenuti presso terzi (e relativi a rapporti di clientela), la cui valenza probatoria è assunta a rango d’indizio grave, preciso e concordante sufficiente per fondare presunzione di conseguimento dei ricavi non dichiarati. Infatti, il D.P.R. n. 633, art. 63, comma 1, dispone espressamente che, nell’ambito dei doveri di cooperazione con gli uffici, la G.d.F. trasmette agli Uffici tutte le notizie acquisite, anche indirettamente, nell’esercizio dei suoi poteri e che il D.P.R. n. 633, art. 54, comma 2, (così come il D.P.R. n. 600, art. 39) dispone che gli Uffici, a loro volta, possono procedere alla rettifica sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, tratte da atti e documenti in loro possesso, anche quando si tratti di verbali relativi a ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti (Cass. n. 23585 del 2009, Diritto & Giustizia 2009; cfr. anche n. 9100 del 2001).

08. Quanto agli appunti informali dell’imprenditore, essi – in tesi generale – sono ritenuti validi elementi indiziari dotati dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti anche dal D.P.R. n. 600, art. 39 (Cass. n. 17627 del 2008, n. 1987 del 2006, n. 11459 del 2001). Indi, spetta al contribuente fornire prove in senso contrario (Cass. n. 25610 e n. 19329 del 2006, cfr. anche n. 19598 del 2003).

09. A tali principi si sono attenuti i giudici d’appello. Si rammenti, del resto, che – per gli accertamenti tributari relativi sia all’imposizione diretta sia all’IVA – la rispettiva normativa (D.P.R. n. 600, artt. 39 e 40; D.P.R. n. 633, art. 54) dispone che l’amministrazione può operare anche sulla base di presunzioni semplici, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove “certe” (Cass. n. 9784 del 2010). Pertanto, nella specie, i giudici tributari d’appello, investiti delle controversie sulla legittimità e fondatezza degli atti impositivi contro società e soci, hanno valutato, gli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione, dando atto dei propri positivi giudizi, a loro volta impugnabili in cassazione non per il merito, ma solo per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che li sorreggono.

10. Di contro, nessuna prova a discarico è stata offerta dai contribuenti, che ne erano onerati ai sensi degli artt. 2727 e ss. e art. 2697 cod. civ., comma 2. Nè vale la circostanza dell’assenza di rilievi contabili, poichè il ricorso al metodo induttivo per l’accertamento dell’IVA e delle imposte dirette è pacificamente ammissibile anche in presenza di una contabilità formalmente regolare, a mente del D.P.R. n. 633, art. 54 e del D.P.R. n. 600, artt. 38 e 39 (Cass. n. 26341 del 2009 e n. 26130 del 2007).

11. Con il 2^ motivo dei tre ricorsi relativi alle imposte dirette, i contribuenti denunciano “violazione e falsa applicazione del D.P.R. 600 del 1973, art. 42”. I ricorrenti censurano le sentenze d’appello sotto due profili: a) gli avvisi di accertamento, contrariamente all’assunto delle CTR, sarebbero nulli, atteso che il rinvio per relationem al p.v.c. della G.d.F. non sarebbe sufficiente non risultando essere stati allegati, ne altrimenti esibiti o riprodotti, gli appunti extra contabili rinvenuti presso ditta terza; b) gli avvisi, in relazione anche all’art. 39, sarebbero nulli non essendo indicato il metodo, sintetico o induttivo, adoperato per l’accertamento. Le doglianze non sono fondate.

12. In primo luogo, come si è già detto, nell’esame del primo motivo dei ricorsi, quello che legittima gli Uffici sono verbali relativi a ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, per cui resta sufficiente che, come specificato negli stessi ricorsi, il p.v.c. della G.d.F., ben conosciuto dai contribuenti, abbia ritrascritto la segnalazione, inviata dal N.P.T. di Arezzo, in cui vengono indicate operazioni “in nero” tra la società Oro Diffusion e la società Di Mascio Gold desunte dai bigliettini extra contabili rinvenuti presso la prima società. Nè la normativa fiscale impone di allegare e/o trascrivere tutte le fonti probatorie rinvenute in occasione di ispezioni, verifiche, accessi, etc..

13. Sulla seconda censura, si osserva che nessuna nullità può essersi verificata, poichè quando il processo verbale venga portato, anche “per relationem”, a conoscenza del contribuente, questi è posto in grado di difendersi, a prescindere dal metodo – analitico o induttivo – adottato in sede di verifica, non essendo l’esistenza del potere di accertamento condizionata dal metodo adottato (Cass. n. 19258 del 2005). Peraltro la censura è mal posta, atteso che nel quesito si pone l’alternativa tra “accertamento sintetico e accertamento induttivo”, mentre l’alternativa legale è tra metodo induttivo oppure analitico, ovvero misto.

14. Con il 2^ motivo del quarto ricorso sull’IVA, la società contribuente formula tre censure per “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972”.

15. La prima è identica all’omologa censura contenuta nei tre ricorsi sulle imposte dirette e va disattesa per le stesse ragioni.

16. Le altre due sono inammissibili, perchè articolate su altrettanti quesiti che mirano all’affermazione della nullità dell’avviso di rettifica, sia perchè non contiene “l’analitica indicazione degli errori, delle omissioni e delle false o inesatte indicazioni asseritamente esistenti nella dichiarazione presentata dal contribuente”, sia perchè, “per le omissioni ed inesattezze desunte in via presuntiva”, non contiene “l’analitica indicazione dei fatti certi che danno luogo a presunzione”. Sul punto va osservato il quesito di diritto deve comprendere l’indicazione sia della “regula iuris” adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. La mancanza, evidente nella specie, anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. n. 24339 del 2008). Invero il quesito, contrariamente alle odierne formulazioni, deve investire in pieno la “ratio decidendi” della sentenza impugnata e proporre un’alternativa di segno opposto (Cass. n. 4044 del 2009), altrimenti risolvendosi in una tautologia o in un interrogativo circolare (Sez. Un., n. 28536 del 2008), se non addirittura in una proposizione puramente assertiva.

17. Con il 3^ motivo dei tre ricorsi sulle imposte dirette, i contribuenti denunciano “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, “; inoltre, con l’omologo 3 motivo del quarto ricorso sull’IVA, la società contribuente denuncia la stessa violazione di legge “in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52,”. Sostengono i ricorrenti che sarebbero nulli per difetto di motivazione, comportante violazione del diritto di difesa, gli avvisi di accertamento e di rettifica che recepiscono il contenuto del p.v.c. della G.d.F., essendo stato quest’ultimo redatto in base a documenti rinvenuti presso terzi su cui non è stato instaurato il contraddittorio con i contribuenti, perchè mai esibiti, prodotti o riprodotti.

18. La doglianza non è fondata, dovendosi ribadire quando già esposto sulla prima censura del secondo motivo, e cioè che la normativa fiscale non impone di allegare e/o trascrivere tutte le fonti probatorie rinvenute in occasione di ispezioni, verifiche, accessi, etc. Peraltro, l’obbligo di allegazione all’atto impositivo, o di riproduzione al suo interno, di ogni altro atto dal primo richiamato, non si applica agli avvisi di accertamento emessi in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 11, comma 2 bis, introdotto dal D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, non avendo tali disposizioni efficacia retroattiva (Cass. n. 19066 del 2005).

19. Con il 4^ motivo di tutti i ricorsi, i contribuenti denunciano il vizio di cui all’art. 360 c.p.c.,, comma 1, n. 5, per “omessa ed insufficiente motivazione”. I motivi sono inammissibili. Le censure trascurano che, nel vigore dell’art. 366 bis c.p.c., il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere accompagnato da un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità;

il motivo, cioè, deve contenere – a pena d’inammissibilità un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Sez. Un. n. 12339 del 2010, Guida al diritto 2010,29,58). Nulla di tutto ciò è leggibile nel caso di specie.

20. I ricorsi riuniti devono, dunque, essere rigettati, senza alcuna statuizione sulle spese in assenza di costituzione della controparte.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi riuniti.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2011

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