Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10591 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/04/2021, (ud. 18/02/2021, dep. 22/04/2021), n.10591

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34747-2018 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE BELLOPEDE;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO 32, presso lo

studio dell’avvocato MATTEO MUNGARI che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

D.V.A., C.F., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA SAN GIROLAMO DA CARPI, 6, presso lo studio dell’avvocato

ANDREA PIETROPAOLI, rappresentati e difesi dall’avvocato ROSA

TAGLIAFERRI;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 4826/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2005 P.A. convenne dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere D.V.A. e la società Caserta Ricambi s.r.l., esponendo che:

-) nel 2000 aveva concesso in locazione alla società Caserta Ricambi un locale commerciale;

-) D.V.A. aveva prestato una garanzia personale a favore della Caserta Ricambi e per l’ipotesi di eventuali danni all’immobile, ed a tal fine aveva stipulato un’assicurazione contro il rischio di incendio;

-) il 22 aprile 2003 il locale era stato danneggiato da un incendio.

Chiese pertanto la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni in conseguenza del suddetto incendio.

2. Essendo rimasti contumaci ambedue i convenuti, l’attore chiese ed ottenne dal giudice l’autorizzazione a chiamare in causa la società assicuratrice con cui D.V.A. aveva stipulato una polizza a copertura del rischio di incendio, e cioè la società Fondiaria-Sai s.p.a. (oggi UnipolSai s.p.a., e come tale d’ora innanzi indicata).

La società UnipolSai si costituì negando che l’attore potesse avanzare pretese direttamente nei propri confronti, e comunque eccependo la non operatività della polizza e la prescrizione del credito.

3. Con sentenza 20 giugno 2011 n. 1768 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere accolse la domanda nei confronti di D.V.A. e della Caserta Ricambi, condannandoli al pagamento in favore dell’attore della somma di 80.000 Euro; rigettò invece la domanda nei confronti della UnipolSai.

4. La sentenza venne appellata da P.A. in via principale, e da D.V.A. in via incidentale.

Il primo chiese che anche la società assicuratrice fosse condannata a pagargli l’indennizzo dovuto in virtù della polizza stipulata da D.V.A.; quest’ultimo chiese il rigetto della domanda attorea e, in subordine, di essere tenuto indenne dalla società assicuratrice.

5. La Corte d’appello di Napoli, preliminarmente, accertato che la società Caserta Ricambi era stata cancellata dal registro delle imprese sin dal 2007, con ordinanza 21 luglio 2016 ordinò l’integrazione del contraddittorio nei confronti di D.V.A. e C.F., nella qualità di soci della società estinta.

Ambedue si costituirono eccependo di non poter essere chiamati a rispondere dei debiti della Caserta Ricambi, in quanto la liquidazione della suddetta società era stata chiusa senza distribuzioni di utili.

6. Si costituì altresì la UnipolSai chiedendo il rigetto degli appelli contro di essa proposta.

7. Con sentenza 23 novembre 2017 n. 4826 la Corte d’appello di Napoli:

-) rigettò l’appello principale proposto da P.A. nei confronti della UnipolSai;

-) parzialmente accogliendo l’appello proposto da D.V.A., ridusse la liquidazione del risarcimento alla minor somma di Euro 60.000;

-) rigettò tutte le altre eccezioni od impugnazioni proposte da D.V.A. e C.F..

8. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione in via principale da P.A. con ricorso fondato su tre motivi; ed in via incidentale da D.V.A. e C.F., con ricorso congiunto fondato su quattro motivi.

La UnipolSai ha resistito con due separati controricorsi, illustrata da memoria, sia all’impugnazione principale, sia a quella incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo del ricorso principale P.A. denuncia, formalmente, la violazione degli artt. 112,113,114,115 e 345 c.p.c.. Il motivo investe la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto di procedere ad una nuova liquidazione del danno, riduttiva rispetto a quella compiuta dal giudice di primo grado.

Tale statuizione secondo il ricorrente sarebbe erronea per più ragioni, così riassumibili:

-) la Corte d’appello avrebbe fondato la prova decisione sul rilievo che in primo grado l’attore avesse invocato una pronuncia “secondo equità”, rilievo erroneo in quanto tale richiesta non sarebbe mai stata formulata dall’attore;

-) la società UnipolSai, in primo grado, non aveva contestato la perizia depositata dall’attore a dimostrazione della entità dei danni, in base alla quale il pregiudizio sofferto dall’attore doveva stimarsi in circa 99.000 Euro;

-) la Corte d’appello aveva commesso l’errore di stimare il danno ritenendo che esso fosse stato già in parte indennizzato dall’assicuratore, mentre in realtà l’assicuratore aveva indennizzato non già i danni all’immobile, ma solo i danni alle merci in esso contenute;

-) la Corte d’appello per la stima del danno aveva utilizzato documenti prodotti da D.V.A. solo in grado di appello, in violazione dell’art. 345 c.p.c..

1.1. Tutte le censure appena riassunte sono inammissibili od infondate.

1.1.1. La prima censura è infondata in quanto si fonda su una evidente confusione tra il concetto di “giudizio di equità”, di cui all’art. 114 c.p.c., e il concetto di “liquidazione equitativa” ex art. 1226 c.c.. Il primo è una regola di giudizio, è utilizzabile solo su istanza di parte, condiziona l’impugnabilità della sentenza che la applica.

Il secondo è un criterio di liquidazione del danno, è applicabile ex officio, non ha effetti sul regime di impugnabilità della decisione che lo applica.

Ciò posto in astratto, rileva questa Corte che nel caso di specie la Corte d’appello ha ritenuto eccessiva la liquidazione compiuta dal Tribunale per una serie di ragioni analiticamente indicate, ed in particolare a causa dello iato tra la quantità dei materiali di ripristino ed i costi evidenziati nella perizia depositata dall’attore, e quelli indicati nella perizia eseguita da un collegio peritale ai fini della liquidazione dell’indennizzo assicurativo.

Dunque la Corte d’appello non ha compiuto nessuna liquidazione “secondo equità” ex art. 114 c.p.c., ma si è limitata a rilevare che la liquidazione del Tribunale doveva ritenersi eccesiva alla luce degli elementi raccolti, come era suo potere e dovere, e con valutazione di fatto insindacabile nella presente sede di legittimità.

1.2. Anche la seconda censura è infondata.

Va premesso come, ai fini dell’applicabilità del principio di non contestazione, nulla rileva che il presente giudizio sia iniziato nel 2005, e quindi prima che quel principio venisse espressamente formulato nell’art. 115 c.p.c., per effetto della novella introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69.

Ed infatti, ben prima della suddetta legge, la regola per cui i fatti non contestati devono ritenersi come ammessi, e non abbisognano prova, era stata già affermata in via interpretativa dalle Sezioni Unite di questa Corte: dapprima con riferimento al rito del lavoro (Sez. U, Sentenza n. 761 del 23/01/2002; Sez. U, Sentenza n. 11353 del 17/06/2004), quindi con riferimento al rito ordinario (ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 2299 del 06/02/2004; Sez. 1, Sentenza n. 6936 del 08/04/2004; Sez. 3, Sentenza n. 18202 del 03/07/2008; Sez. 3, Sentenza n. 13079 del 21/05/2008; Sez. 3, Sentenza n. 5356 del 05/03/2009; Sez. 1, Sentenza n. 25516 del 16/12/2010; Sez. 3, Sentenza n. 10860 del 18/05/2011; Sez. 3, Sentenza n. 3727 del 09/03/2012; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 20870 del 11/09/2013; Sez. 3, Sentenza n. 19896 del 06/10/2015; Sez. 2, Ordinanza n. 22701 del 28/09/2017).

E tuttavia sia nella formulazione che la giurisprudenza diede in via pretoria di quel principio, sia nella formulazione che la legge gli conferì successivamente (art. 115 c.p.c.), è sempre stato pacifico che esso operi unicamente nei confronti della parte costituita. La contumacia, per contro, non è un comportamento di acquiescenza o di “non contestazione”, con la conseguenza che nessuna rilevanza poteva avere, ai fini dell’esito del presente giudizio, la circostanza che D.V.A. e la società Caserta Ricambi rimase contumace nel primo grado del giudizio.

Nè, infine, il principio di non contestazione del quantum debeatur poteva essere dall’originario attore utilmente invocato nei confronti della società UnipolSai. La domanda proposta dall’attore nei confronti di quest’ultima, infatti, venne rigettata per inesistenza dell’obbligazione, con la conseguenza che diveniva irrilevante stabilire se la società assicuratrice avesse o non avesse contestato il quantum debeatur.

1.3. La terza censura è inammissibile perchè travisa l’effettivo contenuto della sentenza impugnata.

La Corte d’appello, spiegando per quali ragioni la liquidazione compiuta dal Tribunale doveva ritenersi eccessiva, ha così ragionato:

a) la UnipolSai ha liquidato alla società Caserta Ricambi, a titolo di indennizzo assicurativo per i costi di ricostruzione e demolizione, la somma di Euro 35.000;

b) a tale importo aveva fatto “espresso riferimento il Tribunalè;

c) la circostanza che i costi di ricostruzione e demolizione stimati nella perizia assicurativa fossero pari ad Euro 35.000 era un indizio dal quale desumere che il danno non poteva ascendere alla maggiore somma di 80.000 Euro, liquidata dal Tribunale.

Questo essendo l’effettivo contenuto della sentenza impugnata, ne discendono due conseguenze.

La prima è che la Corte d’appello non ha affatto utilizzato documenti inammissibilmente prodotto in grado d’appello, ma si è richiamata alle medesime prove cui aveva “fatto espresso riferimento il tribunale”.

La seconda conseguenza è che, ove l’appellante avesse inteso contestare che il suddetto documento fosse stato depositato già in primo grado, ovvero avesse inteso contestare il travisamento della prova documentale, avrebbe dovuto trascrivere o riassumere in modo sufficientemente chiaro ed esaustivo il contenuto dei documenti che si assumeva travisati, secondo quanto imposto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., n. 6, così come costantemente interpretato da questa corte.

1.4. Con l’ultima censura il ricorrente deduce che la Corte d’appello è pervenuta alla conclusione che la liquidazione del danno compiuta dal Tribunale fosse eccessiva, sulla base di una “computo metrico” depositato per la prima volta in grado di appello da D.V.A..

Anche questa censura è infondata, dal momento che il giudizio di appello è stato introdotto con atto notificato il 1 giugno 2012, e dunque prima dell’entrata in vigore del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, D.L. cit., solo ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del suddetto decreto), il quale, modificando l’art. 345 c.p.c., ha escluso la possibilità per il giudice d’appello di utilizzare documenti anche tardivamente prodotti, se ritenuti indispensabili ai fini del decidere.

2. Col secondo motivo del ricorso principale P.A. lamenta che erroneamente la Corte d’appello avrebbe qualificato il contratto di assicurazione stipulato tra la UnipolSai e la Caserta Ricambi s.r.l. come assicurazione per conto proprio (ex art. 1882 c.c.), invece che per conto di altrui (ex art. 1891 c.c.), e segnatamente per conto del proprietario dell’immobile.

2.1. Il motivo è inammissibile in quanto il ricorrente, in violazione dell’onere impostogli dall’art. 366 c.p.c., n. 6, non trascrive nè riassume nulla del contratto che si assume malamente qualificato. In particolare, non riferisce come in quel contratto venne descritto e delimitato il rischio assicurato, descrizione che costituisce l’elemento primo per la qualificazione dei contratti assicurativi, ed in difetto della quale è impossibile per questa Corte di stabilire se il giudice di merito abbia fatto corretta applicazione dei canoni legali di interpretazione dei contratti.

3. Col terzo motivo il ricorrente principale lamenta la violazione dell’art. 2495 c.c., comma 2.

Secondo l’unica interpretazione che questa Corte ritiene plausibile della ermetica illustrazione del motivo, l’errore ascritto dal ricorrente alla Corte d’appello sarebbe consistito in ciò: nell’avere escluso dalla condanna al risarcimento gli ex soci della società Caserta ricambi. I soci di una società disciolta, infatti, secondo il ricorrente restano tenuti a rispondere delle obbligazioni di quest’ultima, con l’unica peculiarità che la loro obbligazione sarà limitata od illimitata a seconda dell’assetto societario.

3.1. Il motivo è manifestamente inammissibile, avendo la Corte d’appello accertato, con valutazione di fatto non sindacabile in questa sede, che ai due soci della disciolta Caserta Ricambi s.r.l. non è stata distribuita alcuna somma di denaro in conseguenza dell’approvazione del bilancio finale di liquidazione della suddetta società, con conseguente difetto di interesse ex art. 100 c.p.c. dell’odierno ricorrente principale ad ottenere una sentenza di condanna nei loro confronti.

4. Col primo motivo del loro ricorso, i ricorrenti incidentali censurano la stima del danno compiuta dalla Corte d’appello.

4.1. Il motivo è inammissibile, dal momento che investe la valutazione delle prove, e trascura di considerare che la Corte d’appello ha compiuto la suddetta valutazione sulla scorta dei documenti prodotti dagli stessi appellati (p. 11 della sentenza impugnata), i quali non possono dunque in questa sede dolersi che siano stati presi in esame ai fini della decisione documenti da essi stessi prodotti.

5. Col secondo motivo i ricorrenti incidentali lamentano che la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il gravame nei confronti della società Caserta Ricambi s.r.l. (in quanto notificatole cinque anni dopo lo scioglimento della società) e non già ordinare, come invece fece, la rinnovazione della notifica da eseguirsi personalmente nei confronti dei soci della disciolta società.

5.1. Il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.

La Corte d’appello infatti ha ordinato “l’integrazione del contraddittorio” nei confronti dei soci della Caserta Ricambi s.r.l. (così la sentenza, p. 5), mostrando in tal modo di ritenere la ricorrenza nel caso di specie di un’ipotesi di litisconsorzio necessario processuale, con conseguente ineludibilità dell’ordine di rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 331 c.p.c., ed ammissibilità dell’appello in virtù del principio secondo cui, nei giudizi litisconsortili, la rituale notifica del gravame anche ad uno solo degli appellati è sufficiente per rispettare il termine di cui all’art. 325 c.p.c. o art. 327 c.p.c..

Il motivo di ricorso prescinde del tutto da tale valutazione della Corte d’appello, e trascura sia di censurare la suddetta affermazione, sia di esporre le ragioni per le quali nel caso di specie la società Caserta Ricambi si sarebbe dovuta ritenere un litisconsorte facoltativo, e non già necessario.

6. Col terzo motivo i ricorrenti incidentali lamentano che erroneamente la Corte d’appello avrebbe escluso che P.A., chiamando in causa la società UnipolSai, abbia voluto con tale domanda esercitare in via surrogatoria, ex art. 2900 c.c., il diritto di credito spettante all’assicurato nei confronti del proprio assicuratore. Sostengono, in particolare, che nel caso di specie sussisteva il requisito dell’inerzia dell’assicurato (la società Caserta Ricambi), requisito invece escluso dalla Corte d’appello.

6.1. Il motivo è inammissibile.

Nel presente giudizio P.A., e cioè il soggetto che in primo grado chiamò in causa la UnipolSai, chiese la condanna diretta di tale società al pagamento dell’indennizzo in proprio favore, sul presupposto che questa avesse stipulato con la Caserta Ricambi un contratto di assicurazione per conto altrui (art. 1891 c.c.), in virtù del quale “assicurato” era esso P.A., e la Caserta Ricambi era solo il contraente.

Ora, se è consentito al giudice qualificare ex officio la domanda attorea, la qualificazione non potrebbe mai compiersi sulla base di fatti diversi da quelli posti a fondamento della domanda.

A fondamento della propria domanda nei confronti della UnipolSai P.A., dedusse di essere beneficiario dell’indennizzo ex contractu, ai sensi dell’art. 1891 c.c., e non già quale creditor creditoris ai sensi dell’art. 2900 c.c..

Sicchè, sussistesse o non sussistesse l’inerzia dell’assicurato, in nessun caso la domanda di P.A. si sarebbe potuta qualificare come domanda surrogatoria ex art. 2900 c.c..

7. Col quarto motivo del ricorso incidentale si lamenta che la Corte d’appello avrebbe trascurato di prendere in esame il motivo di appello incidentale col quale D.V.A. e C.F. avevano impugnato la statuizione del Tribunale, con cui era stata esclusa l’efficacia della copertura assicurativa, sul presupposto che la polizza coprisse soltanto i danni causati da incendi di natura dolosa.

7.1. Il motivo è manifestamente inammissibile in quanto la Corte d’appello, avendo escluso che il terzo danneggiato avesse azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile, e non avendo quest’ultimo (rimasto contumace in primo grado) formulato domanda alcuna di garanzia nei confronti del proprio assicuratore, non poteva nè doveva esaminare la questione dell’efficacia della polizza, in quanto priva di rilevanza rispetto al thema disputandum.

8. Nei rapporti tra il ricorrente principale ed i due ricorrenti incidentali le spese del presente giudizio di legittimità vanno interamente compensate, per effetto della soccombenza reciproca.

Nei rapporti fra il ricorrente principale ed i ricorrenti incidentali da un lato, e la UnipolSai dall’altro, le spese seguono la soccombenza vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

(-) dichiara inammissibile il ricorso principale;

(-) dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

(-) compensa integralmente tra P.A., D.V.A. e C.F. le spese del presente giudizio di legittimità;

(-) condanna P.A. alla rifusione in favore di UnipolSai s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) condanna D.V.A. e C.F., in solido, alla rifusione in favore di UnipolSai s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei due ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 18 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

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