Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10590 del 04/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 04/06/2020), n.10590

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 35086/2018 R.G. proposto da:

M.N., rappresentata e difesa, per procura speciale a

margine del ricorso, dall’avv. SERA Giuseppe ed elettivamente

domiciliata in Roma, alla via Ottaviano, n. 42, presso lo studio

legale dell’avv. LO GIUDICE Bruno;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (C.F. (OMISSIS)), in persona del

Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla

via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4313/21/2018 della Commissione tributaria

regionale della CAMPANIA, depositata il 27/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. In controversia relativa ad impugnazione di un’intimazione di pagamento delle somme portate da diverse cartelle di pagamento, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR rigettava l’appello proposto dalla contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado rilevando, con riferimento alla eccepita duplicazione della pretesa tributaria, “la genericità della doglianza, posto che parte ricorrente si è limitata a sostenere che l’atto di intimazione impugnato era sostanzialmente identico ad altro senza meglio e più dedurre” e che “Si fa riferimento ad una sentenza della CTP di Napoli ma non se ne deduce la irrevocabilità della stessa”.

2. Avverso tale statuizione la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l’intimata con controricorso.

3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. La ricorrente con il primo motivo di ricorso deduce la nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione, sub specie di motivazione apparente.

2. Il motivo è infondato e va rigettato.

3. E’ noto che la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo – quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017).

3.1. Nel caso di specie la CTR ha rigettato l’appello della contribuente con riferimento alla eccepita duplicazione della pretesa tributaria, rilevando “la genericità della doglianza, posto che parte ricorrente si è limitata a sostenere che l’atto di intimazione impugnato era sostanzialmente identico ad altro senza meglio e più dedurre” e che la stessa aveva fatto riferimento ad una sentenza della CTP di Napoli senza dedurne l’irrevocabilità. Pertanto, a prescindere dalla correttezza o meno della decisione assunta, la CTR ha espresso una ben identificabile ratio decidendi. Non si rileva, quindi, l’imperscrutabilità della ratio che rende nulla la sentenza per apparenza motivazionale (Cass. SU 22232/2016 Rv. 641526).

4. Infondato è anche il secondo motivo con cui la ricorrente deduce un vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per avere la CTR omesso l’esame “di quanto lamentato nel ricorso in appello”, ovvero del “motivo relativo alla duplicazione della pretesa contenuta nelle due intimazioni”.

4.1. L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nell’attuale testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicchè sono inammissibili le censure che, come quelle dedotte dalla ricorrente nel motivo di ricorso in esame, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019, Rv. 655413; in termini anche Cass. n. 21152 del 08/10/2014, n. 14802 del 14/06/2017, n. 26305 del 18/10/2018).

5. Conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 9.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2020

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