Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1059 del 18/01/2011

Cassazione civile sez. VI, 18/01/2011, (ud. 28/10/2010, dep. 18/01/2011), n.1059

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1645-2010 proposto da:

P.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE LIEGI 42, presso lo studio dell’avvocato ALOISIO ROBERTO

GIOVANNI, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale ad

litera per atto notaio Remigio Perchinunno di Bari del 5/01/2010,

rep. n. 40376, allegata in atti;

– ricorrente –

contro

IMPRESA INDIVIDUALE M.F., in concordato preventivo, in

persona del titolare pro tempore, O.G., nella sua

qualità di Liquidatore Giudiziale elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DI PORTA MAGGIORE 23, presso lo studio dell’avvocato CHIAIA NOYA

GIUSEPPE, che li rappresenta e difende giusta mandati a margine ed in

calce al controricorso, A.F., AN.CA.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI PORTA MAGGIORE N. 23,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CHIAIA NOYA, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ADRIANO GAROFALO,

giusta mandato a margine della terza pagina del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

A.E.A., A.R., A.M.

T., L.R., A.M.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1027/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI del

9/10/09, depositata il 19/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

è presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che

nulla osserva.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Avverso la decisione indicata in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione P.M. sulla base di tre motivi. Hanno resistito M.F., quale titolare dell’omonima impresa in concordato preventivo, A.F. e An.Ca., depositando memoria illustrativa.

Nominato, ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ., il consigliere relatore ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., ritenendo che il ricorso fosse da rigettare per manifesta infondatezza Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni conformi a quelle di cui alla relazione.

OSSERVA:

Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità del controricorso, atteso che la notificazione deve ritenersi inesistente mancando agli atti l’avviso di ricevimento, che è il documento necessario per il perfezionamento della notifica a mezzo posta.

Vanno condivise le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. che di seguito si riporta: “1. M.F., An.Ca. e A.F. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari P.M., A. e L.P. e altri, chiedendo l’attribuzione di quote di terreni di loro spettanza nell’ambito di un progetto di lottizzazione relativo a zone di espansione del Comune di Cellamare.

A. e L.P. eccepivano il difetto di legittimazione passiva di essi convenuti; il P. deduceva l’inammissibilità della domanda, sul rilievo che spettava al Comune ogni potere in ordine all’individuazione della zona di pertinenza degli attori.

Con sentenza non definitiva il Tribunale rigettava la domanda proposta nei confronti dei L. e respingeva l’eccezione di inammissibilità della domanda sollevata dal P.; quindi, con sentenza definitiva, venivano attribuite la aree di spettanza rispettivamente degli attori e dei convenuti.

La Corte di appello di Bari respingeva l’impugnazione principale proposta dal P., accogliendo quella incidentale spiegata dai L. relativamente al regolamento delle spese. Ha proposto ricorso per cassazione il P. affidato a tre motivi.

Hanno resistito M.F. in concordato preventivo, A. F. e An.Ca..

2. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., essendo manifestamente infondato.

Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione delle norme in materia di giudicato (art. 324 cod. proc. civ. e art. 2909 cod. civ.), censura la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto che l’esame della questione di giurisdizione era ormai preclusa sul rilievo che la stessa era stata decisa dalla sentenza non definitiva la quale non era stata oggetto di gravame: in realtà, tale questione non aveva formato oggetto nè del dispositivo nè della motivazione, avendo i giudici deciso l’eccezione di carenza di legittimazione passiva e la questione circa l’inammissibilità della domanda attrice formulata dal P.. La decisione sulla legittimazione attiva e passiva così come il problema dell’ammissibilità della domanda (in chiave di interesse all’azione) non comportava la risoluzione neppure implicita della questione di giurisdizione; d’altra parte, il giudicato implicito non è configurabile in relazione alle questioni pregiudiziali ovvero a quelle concernenti la proponibilità dell’azione.

Il secondo motivo lamenta la violazione del principio della rilevabilità d’ufficio della giurisdizione art. 37 cod. proc. civ.:

ove la sentenza impugnata avesse affrontato la questione non avrebbe potuto non rilevare la competenza del giudice amministrativo anche alla luce della normativa in vigore.

I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente stante la loro connessione, vanno disattesi. Occorre premettere che le doglianze, pur facendo riferimento alla questione di giurisdizione che non costituisce oggetto diretto del sindacato di cui è investita la Suprema Corte, nella sostanza censurano la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto l’esistenza di un giudicato su detta questione, preclusivo del relativo esame ovvero l’interpretazione del giudicato di cui alla sentenza non definitiva del Tribunale compiuta dai Giudici di appello.

Tenuto conto che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato, dall’esame della sentenza non definitiva è emerso che, dopo avere accolto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dei L., il Tribunale esaminò ex professo la questione di giurisdizione sollevata dal P. con riferimento ai poteri autoritativi del Comune interessato, avendo ritenuto alla luce della normativa di cui alla L.R. Puglia n. 6 del 1979, art. 5, e della L. n. 56 del 1980, art. 27, che nella specie le posizioni soggettive dei singoli proprietari non erano configurabili come interessi legittimi tutelabili dinanzi al giudice amministrativo, in quanto con delibera del Comune del 28-2- 1994 era stato adottato il piano di lottizzazione mentre l’adozione dello strumento urbanistico del comparto non pregiudicava l’assetto dei rapporti interni fra proprietari.

Orbene, premesso che la natura precettiva della sentenza va determinata in base alla motivazione a stregua della quale va letto il dispositivo, il rilievo che neppure nella motivazione si faccia riferimento alla giurisdizione appare del tutto infondato posto che, in considerazione del riferimento alla natura della posizione soggettiva degli attori e alla tutela giurisdizionale esperibile – per l’appunto in base al criterio discriminante diritti soggettivi – interesse legittimi – nessun ragionevole dubbio può nutrirsi che il Tribunale aveva verificato e ritenuto la sussistenza dei presupposti per la proposizione dell’azione dinanzi al giudice ordinario, escludendo la giurisdizione del giudice amministrativo.

Se le considerazioni che precedono sono assorbenti di ogni altra, rendendo perciò ininfluente la questione circa l’esistenza di un giudicato implicito (evidentemente formulata dalla sentenza impugnata ad abundantiam e, come tale, priva di valore decisorio), la mancata impugnazione della sentenza non definitiva precludeva il riesame o la rilevabilità d’ufficio della questione relativa alla giurisdizione, su cui si era evidentemente formato il giudicato, tenuto conto che le nullità, anche quelle relative alla giurisdizione, si convertono ex art. 161 cod. proc. civ. in motivi di impugnazione (S. U. 14889/2009): correttamente, pertanto, la Corte di appello ha ritenuto di non potere esaminare le censure denunciate avverso la predetta statuizione.

Il terzo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione delle norme in materia di scioglimento della comunione e omessa applicazione di quella sui comparti artt. 1111 e 870 cod. civ.), denuncia la mancanza di interesse degli attori i quali avevano ritenuto di procedere allo scioglimento della comunione pur essendo il P. mero lottizzatore e non comproprietario: il rilievo critico formulato con l’appello era ancor più decisivo considerando che il Tribunale aveva omesso di regolare la aree destinate a cessione gratuita in favore del Comune per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione.

Il motivo è infondato.

Come è stato correttamente ritenuto dai Giudici di appello, la questione circa l’interesse degli attori ad agire per ottenere lo scioglimento della comunione era stata già decisa dal Tribunale con la sentenza non definitiva passata in cosa giudicata: la decisione qui impugnata ha esattamente ritenuto comunque la proponibilità della domanda nei confronti del P., in quanto proprietario dei lotti oggetto della divisione. In effetti, con il motivo il ricorrente riporta le critiche che con l’appello aveva formulato avverso la predetta sentenza non definitiva, critiche il cui esame, come sì è ripetutamente detto, era ormai precluso dalla formazione del giudicato conseguente alla mancata impugnazione di detta decisione”.

Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.

Non va adottata alcuna statuizione in ordine al regolamento delle spese relative alla presente fase, in considerazione di quanto sopra rilevato a proposito della notificazione del controricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2011

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