Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10589 del 13/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 13/05/2011, (ud. 24/03/2011, dep. 13/05/2011), n.10589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.L., M.M.C., elettivamente

domiciliati in ROMA VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato

TRICERRI LAURA, rappresentati e difesi dall’avvocato DISO CORRADO,

giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE GENERALE DI ROMA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 25/2005 della COMM. TRIB. REG. di TRIESTE,

depositata il 10/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/03/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO, che in via

preliminare fa presente che manca cartolina verde di ricevimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il 22.4.2006 è stato notificato all’Agenzia delle Entrate un ricorso di R.L. e M.M.C. per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata il 10.3.2005), che ha respinto l’appello degli anzidetti contribuenti contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Trieste n. 207/04/1999, che aveva respinto il ricorso dei contribuenti medesimi avverso due analoghi avvisi di liquidazione e irrogazione delle sanzioni.

L’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 24.3.2011, in cui il PG ha concluso per il rigetto del ricorso.

2. I fatti di causa.

Con i menzionati avvisi di liquidazione (notificati il 21 ed il 27.5.1998) l’Agenzia ha revocato l’agevolazione concessa agli odierni ricorrenti al momento della registrazione (effettuata il 29.10.1992) del contratto di compravendita di un immobile adibito a prima casa di abitazione per avere gli stessi rivenduto (con atto registrato il 17.7.1995) detto immobile prima de termine di cinque anni dalla data dell’acquisto. L’obbligazione tributaria (del complessivo importo di L. 41.948.000) era composta da L. 25.500.000 per penalità pari alla differenza tra l’aliquota IVA applicata al 4% e l’aliquota ordinaria ammontante al 19%; da L. 7.650.000 a titolo di sanzione di importo pari al 30% della predetta penalità; da L. 8.798.000 a titolo di interessi per la tardiva riscossione della penalità. L’impugnazione del provvedimento in questione -sostenuta anche in ragione dell’avvenuto pagamento della somma di L. 10.487.000 pari al 25% del complessivo ammontare liquidato, a titolo di definizione agevolata ed in applicazione del disposto del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17 – è stata rigettata dalla CTP di Trieste sulla premessa che l’oggetto dell’obbligazione tributaria non fosse una “penalità” ma il vero e proprio tributo conseguente alla revoca dell’agevolazione, perciò non passibile di definizione agevolata. L’appello interposto dai contribuenti avverso detta pronuncia è stato disatteso dalla CTR di Trieste, che ha condiviso le ragioni della pronuncia del giudice di primo grado.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che il termine “penalità” che è utilizzato nell’art. 1 nota 2-bis comma 4 della tariffa allegato A al D.P.R. n. 131 del 1986 è in realtà destinato a riferirsi all’imposta che viene recuperata a seguito della revoca dell’agevolazione concessa in applicazione dell’anzidetta disposizione di legge e che viene appunto recuperata nell’esatta differenza tra l’imposta calcolata nell’aliquota normale e quella in concreto corrisposta all’atto della cessione agevolata, sicchè poi è su detto ammontare che si applica la sanzione amministrativa (oltre agli interessi) computata in cifra percentuale.

La conferma di tale interpretazione -secondo il giudice di secondo grado- si desume anche dal fatto che la più recente disciplina del D.L. n. 269 del 2003 ha modificato la predetta norma di legge, proprio sostituendo l’imprecisa formulazione originaria e stabilendo che l’Ufficio recuperi la differenza tra l’ammontare dell’imposta dovuta in via ordinaria e quanto effettivamente pagato.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con unico motivo d’impugnazione e si conclude – previa indicazione del valore della lite nella somma di Euro 21.664,33 – con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale statuizione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Rilievi preliminari.

Preliminarmente necessita rilevare che in una con il ricorso introduttivo di questo grado la parte ricorrente non ha provveduto a depositare in giudizio la cartolina di ricezione della notifica nè è stata sanata detta omissione entro il termine dell’udienza di discussione, alla quale nessuna delle parti è comparsa.

Non resta che concludere per l’inammissibilità del ricorso introduttivo di questo grado, in difetto della prova dell’avvenuta notifica dello stesso.

Nulla sulle spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2011

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