Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10583 del 30/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/04/2010, (ud. 10/03/2010, dep. 30/04/2010), n.10583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1821-2008 proposto da:

AGENZIA GEMINI DI ENZO FERLITO & C. SAS in persona del

legale

rappresentante pro tempore, F.L., G.V.,

elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la

Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato VIAGGIO SALVATORE, giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE GENERALE DI ROMA, AGENZIA DELLE

ENTRATE FISCALI UFFICIO PERIFERICO DI GIARRE;

– intimati –

sul ricorso 6177-2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA GEMINI DI LORENZO FERLITO SAS, F.L., G.

V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 212/2006 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANIA, depositata il 28/11/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/0.3/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, l’accoglimento del ricorso incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.a.s. Agenzia Gemini di Enzo Ferito & C. nonchè i soci F. L. e G.V., impugnavano innanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Catania l’avviso di accertamento con il quale la Agenzia delle Entrate di Giarre elevava il reddito della società a fini ILOR, e correlativamente quello dei soci a fini IRPEF, relativamente all’anno 1995, considerando imponibili ai fini delle imposte dirette i movimenti bancari attivi e passivi di quell’anno, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2.

Sostenevano i contribuenti che trattandosi di agenzia di pratiche automobilistiche la presunzione di cui a tale disposizione di legge non trova applicazione, in quanto i ricavi della attività sono soltanto le provvigioni, determinate dalla autorità di P.S. nella misura del 10% dell’importo della provvista fornita dai clienti di cui all’art. 1719 c.c., per cui per il 90% i movimenti bancari costituivano maneggio di denaro altrui peraltro regolarmente documentati, e quindi esclusi dalla imposizione.

La Commissione accoglieva il ricorso.

Avverso la sentenza proponeva appello la Agenzia, sostenendo che non era stata fornita prova idonea a superare la presunzione di legge.

La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia con sentenza n. 212/18/06 in data 14-2-06 depositata in data 28-11-06, in accoglimento parziale del gravame determinava il reddito imponibile ai sensi della presunzione di legge nei limiti della differenza tra i versamenti ed i prelevamenti bancari.

Avverso la sentenza ricorrono per cassazione i contribuenti, con due motivi.

Resiste la Agenzia con controricorso e formula ricorso incidentale, con tre motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente i ricorsi principale ed incidentale devono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale, i contribuenti deducono violazione o falsa applicazione di norme di diritto.

Sostengono che la presunzione di imponibilità ai fini delle imposte dirette di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2 non opera laddove come nel caso in esame tutti i dati delle provvista di cui all’art. 1719 c.c. e gli oneri sostenuti in nome e per conto della clientela sono transitati nelle scritture contabili dell’imprenditore e gli importi registrati nel registro delle fatture.

Formula il seguente motivo di diritto:

“Ai fini della rettifica delle dichiarazioni dei redditi, i dati della anticipazioni fatte in nome e per conto della clientela se oggetto di distinta contabilizzazione non possono essere utilizzati ai fini della ricostruzione presuntiva di operazioni soggette alla imposta IVA e imposte dirette, per cui, in tal caso, non opera alcuna presunzione legale di imponibilità a favore del Fisco, valida genericamente per i c.d. ricavi”.

Con il secondo motivo, deduce insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo, sotto un duplice profilo:

1) la Commissione non ha motivato sul fatto eccepito dalla contribuente che in una agenzia di pratiche automobilistiche non sono imponibili le provviste di cui all’art. 1719 c.c. nè gli oneri sostenuti in nome e per conto della clientela, ma soltanto le provvigioni;

2) la sentenza assume una inesatta registrazione dei movimenti bancari, contrariamente alle emergenze di causa, da cui emergerebbe che tali registrazioni furono effettuate, e conclude per un utilizzo degli stessi ai fini dell’aumento del volume di affari in misura pari alla differenza tra i versamenti ed i prelevamenti, sulla base della presunzione legale, in modo contraddittorio ed illogico.

Con il primo motivo di ricorso incidentale, la Agenzia deduce nullità della sentenza per vizio di motivazione apparente, con violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Sostiene che la motivazione della sentenza è apodittica e non consente di cogliere la “ratio decidendi” alla base della pronuncia, concretando così la violazione di legge.

Formula il seguente motivo di diritto:

“dica la Corte se incorra nel vizio di motivazione apparente la sentenza di merito che in una fattispecie in cui la rettifica dell’imponibile risulti fondata sulla operatività della presunzione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32 si limiti ad escludere la legittimità della rettifica medesima sulla base di argomentazioni solo generiche, al di fuori del necessario approfondimento della circostanza se gli elementi di prova offerti dal contribuente consentano di ritenere estranee all’attività imponibile IVA (rectius per le imposte sui redditi) le movimentazioni risultanti dai conti correnti bancari a lui intestati”.

Con il secondo motivo deduce omessa motivazione su un fatto controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Sostiene che la Commissione ha asserito che il contribuente ha assolto all’onere probatorio che gli competeva in ordine alla estraneità delle movimentazioni bancarie ad operazioni imponibili senza alcuna motivazione in ordine al fondamento di tali convincimenti.

Con il terzo, articolato motivo, la Agenzia deduce omessa motivazione su fatto controverso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 15 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Espone che l’avere affermato la inosservanza da parte della contribuente degli obblighi di documentazione delle anticipazioni non imponibili, ai sensi dell’art. 15, n. 3 citato, avrebbe dovuto condurre la Commissione a considerare la imponibilità delle somme in questione, per mancanza di prova atta a vincere la presunzione posta a carico della medesima dall’art. 32 di cui sopra, concretando così sia il vizio di motivazione che la violazione di legge.

Formula il seguente principio di diritto:

“dica la Corte se violi l’art. 15 il giudice di merito che in una fattispecie come la presente ritenga non imponibili in quanto anticipazioni, le movimentazioni in dare ed in avere desunte dall’esame dei conti correnti bancari del contribuente pur ove non risulti osservato l’obbligo di documentazione dello stesso, indispensabile ai fini della loro sottrazione alla imposizione, e se ciò ridondi altresì nella violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32”.

Occorre prendere in considerazione in via preliminare, per motivi di carattere logico, il primo motivo della Agenzia.

Il mezzo non è fondato.

La motivazione, sia pur soggetta a censura, ut infra, esiste ed è comprensibile, e consiste, previa constatazione che la società non aveva “del tutto osservato” gli adempimenti di registrazione, nell’assunto che il ricavo della agenzia emergente dai conti bancari ai sensi della presunzione di legge non deve essere computato per intero, ma unicamente per differenza tra le poste attive e passive.

Il secondo motivo di ricorso della Agenzia, che riprende il primo e lo sviluppa sotto altro profilo, non è fondato.

Non corrisponde al vero che la Commissione abbia ritenuto raggiunta la prova da parte dei contribuenti della estraneità delle operazioni bancarie rispetto alla materia imponibile.

Ha infatti ritenuto in ordine all’onere di registrazione di detta movimentazione, reputato dalla stessa necessario a vincere la presunzione, che la prova offerta dalla società era parziale, concludendo che “non sembra che questi adempimenti siano stati del tutto osservati dalla parte contribuente” e quindi respingendo, e non accogliendo, l’assunto delle parti private.

Il primo motivo del ricorso della società ed il secondo del ricorso della Agenzia possono essere trattati congiuntamente, in quanto aventi lo stesso oggetto, considerato da opposti punti di vista e su diversi presupposti di fatto.

Occorre infatti procedere dalla constatazione sopra esposta che la Commissione, con valutazione pur soggetta alle censure di cui infra, ha ritenuto che la società non avesse ottemperato all’obbligo di registrazione nelle scritture contabili delle somme attive e passive transitate nei conti bancari.

Ciò porta a ritenere la inammissibilità del motivo di ricorso della società, in quanto la violazione di legge contestata, ed il relativo quesito di diritto, si fondano su un dato di fatto escluso dal giudice di merito, ovvero che i dati dei conti correnti bancari siano tutti “transitati nelle scritture dell’imprenditore”.

E’ ovvio che in questa sede non è possibile alcuna correzione del fatto come accertato dal giudice di appello.

Su tale ricostruzione fattuale è invece fondato il motivo di ricorso della Agenzia.

E’ infatti principio assodato di questa Corte che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, pone a favore dell’Ufficio la presunzione che le movimentazioni di denaro, sia attive che passive, non regolarmente registrate in contabilità, siano conseguenza di operazioni imponibili ai fini delle imposte sui redditi.

Tale presunzione ammette la prova contraria, ma questa non può essere parziale o generica, dovendo invece essere specifica, e riguardare analiticamente i singoli movimenti bancari, essendo in grado di dimostrare che ciascuna delle operazioni effettuate è estranea a fatti imponibili. (v. Cass. n. 12108 del 2009, n. 20858 del 2007).

Non è quindi consentito il ricorso a presunzioni semplici di carattere generale, o a valutazioni di ordine equitativo, del tutto inidonee a fondare la prova liberatoria.

La Commissione di appello ha invece fondato la decisione su un assunto di carattere generale, ovvero presumendo che il ricavo tassabile della Agenzia tratto dalla presunzione concernente i conti bancari non regolarmente documentati si determini per differenza tra i prelevamenti ed i versamenti ed i prelevamenti, senza idonea argomentazione di supporto ed anzi in modo del tutto apodittico.

Al quesito di diritto deve quindi darsi risposta affermativa.

Il secondo motivo del ricorso della società risulta in parte inammissibile perchè in parte generico (concernendo valutazioni di ordine generale concernenti la Agenzie di pratiche automobilistiche svincolate dal caso concreto) in parte per mancanza di autosufficienza, in quanto assume una errata valutazione dei fatti concernenti la avvenuta registrazione dei movimenti bancari da parte della società, negata dalla Commissione e che invece si assume avvenuta, senza specificare o trascrivere i documenti da cui emergerebbe la ritualità e completezza di detta registrazione; ed in parte assorbito da quanto sopra esposto, per la palese erroneità in diritto del sistema di presunzioni di natura induttiva ed equitativa adottato dalla Commissione per individuare e calcolare la materia imponibile sottratta al Fisco, di cui i contribuenti, per motivi opposti, si dolgono.

La sentenza deve quindi essere cassata e rinviata per nuovo esame a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che provvederà anche sulle spese di questa fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale della Agenzia delle Entrate, rigetta gli altri; respinge il ricorso principale; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2010

 

 

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