Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1058 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. I, 17/01/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 17/01/2020), n.1058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 30882/2018 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.

Emanuele Giudice del foro di Roma che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– intimato –

avverso il decreto n. 4872 del 2/10/2018 del Tribunale di Torino;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 19/12/2019 dal Consigliere relatore Dott. Giovanni

Ariolli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.S., cittadino del Mali, ricorre per cassazione avverso il Decreto n. 4872/2018 con cui il Tribunale di Torino ha rigettato l’opposizione avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Torino che ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale ed umanitaria; svolgendo tre motivi ne chiede l’annullamento.

2. Il Ministero dell’Interno non si è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il primo motivo, con cui si denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 3, è inammissibile.

Invero, dalla lettura del provvedimento impugnato risulta, per un verso, che il Tribunale ha esaminato la domanda sulla scorta di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine del richiedente e, per altro, che la doglianza mossa si fonda su documentazione che non attiene specificamente alla zona di provenienza dell’interessato ((OMISSIS), situato in quella sud-occidentale), della quale peraltro non si è dato prova che sia stata sottoposto alla cognizione del giudice del merito. La censura, pertanto, finisce sia per sollecitare un esame di merito sia per essere aspecifica.

4. Il secondo motivo, con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 3, è manifestamente infondato.

Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, la nozione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza della Corte di Giustizia del 30.1.2014 – causa C-285/12 – Diakitè) dev’essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato o uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel paese o regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass., n. 13858/2018). Nel caso di specie, la Corte, sulla base di fonti internazionali attendibili, specificamente indicate in motivazione, ha accertato la sussistenza di situazioni di instabilità e criticità in alcune zone, ormai residuali del Mali, tra le quali non rientra la città di (OMISSIS) di provenienza del richiedente. Neppure in tali aree, peraltro, sussiste una situazione di violenza indiscriminata nei termini richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed i rischi cui è esposta una parte della popolazione non integrano la ben più grave situazione richiesta dalla citata disposizione (in termini proprio con riferimento alla zona di origine del richiedente, vedi Cass., 28189/2019).

5. Il terzo motivo, con cui si deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 3, è inammissibile.

Il Tribunale ha, infatti, escluso, con apprezzamento adeguato, che sia ravvisabile una specifica situazione di vulnerabilità del richiedente tale da giustificare il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. Tale valutazione risulta condotta tenendo conto dei principi dettati da questa Corte in materia (Cass., n. 4455/2018), avendo il giudice del merito svolto una valutazione comparativa tra la situazione relativa al richiedente – i cui presupposti di fatto risultano essere stati considerati anche ai fini dell’esclusione di un radicato processo di integrazione in Italia – e quella del Paese di provenienza, ove risultano ancora presenti i suoi familiari (vedi pag. 6 del provvedimento impugnato), in relazione alla sua personale vicenda. Con la conseguenza che le doglianze mosse finiscono per censurare l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine all’insussistenza della particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente, non ammissibili in sede di legittimità.

6. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

6.1. Nulla per le spese, in difetto di attività difensiva svolta dal Ministero dell’Interno intimato nel presente giudizio di legittimità.

6.2. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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