Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10579 del 30/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/04/2010, (ud. 09/03/2010, dep. 30/04/2010), n.10579

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI DOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici e’ domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

F.G., elettivamente domiciliato in Roma via Faleria 37

presso lo studio dell’avv. Mazzeo Assunta e rappresentato e difeso

giusta procura speciale a margine dei ricorso dall’avv. De Pietro

Gino;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 93.17.06, depositata in data 28.4.06, della

Commissione tributaria regionale della Campania;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

9.3.10 dal Consigliere Dott. CARLEO Giovanni;

sentita la difesa svolta per conto di parte ricorrente, che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza

impugnata con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle

spese processuali;

Udito il P.G. in persona del Dott. DE NUNZIO Wladimiro, che ha

concluso per l’accoglimento dei primo motivo del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.G., premesso di svolgere l’attivita’ di medico convenzionato con il SSN in uno studio medico definito presidio del SSN, di aver presentato istanza volta ad ottenere il rimborso delle somme versate a titolo di Irap per gli anni dal 1998 al 2002 in data 4.12.2002, presentava ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Benevento avverso il relativo silenzio – rifiuto serbato dall’Amministrazione.

La Commissione adita accoglieva il ricorso.

Proponeva appello l’Agenzia delle Entrate.

La Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l’impugnazione.

Avverso detta sentenza l’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per Cassazione articolato in due motivi.

Il contribuente resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La prima doglianza dell’Agenzia, articolata sotto il profilo della omessa motivazione su un fatto controverso decisivo per il giudizio, si fonda sulla considerazione che la CTR non avrebbe “dato conto di come abbia ritenuto l’istanza di rimborso tempestivamente indirizzata alla agenzia delle entrate di Benevento a fronte del fatto controverso costituito dall’eccezione di tardivita’ sollevata dall’Ufficio D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38 con riferimento all’istanza di rimborso prodotta in data 4.12.2002 rispetto ai versamenti inerenti l’anno 1999”.

La doglianza e’ inammissibile per un duplice ordine di considerazioni: in primo luogo, perche’ la censura non e’ in relazione con la ratio decidendi, fondata sulla pretesa inammissibilita’ di un’eccezione formulata per la prima volta in secondo grado, benche’ rilevabile d’ufficio, senza che il ricorrente lamentasse il vizio di violazione di legge; in secondo luogo, perche’ il motivo di impugnazione non e’ stato accompagnato dal momento di sintesi, prescritto dall’art. 366 bis c.p.c. introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, secondo cui la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, oltre a richiedere sia l’indicazione del fatto controverso, riguardo al quale si assuma l’omissione, la contraddittorieta’ o l’insufficienza della motivazione sia l’indicazione delle ragioni di fatto e di diritto per cui la motivazione sarebbe inidonea a sorreggere la decisione.

La seconda doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione di legge (L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 144, D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 8, 27 e 36) viene conclusa con il seguente quesito di diritto “dica la Suprema Corte se il possesso di beni strumentali propri, anche esigui, necessari all’attivita’ di lavoratore autonomo non occasionale, nonche’ l’esposizione di compensi a lavoratore subordinato, integri ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 il presupposto di imposta IRAP dell’attivita’ organizzata”.

A riguardo, si deve sottolineare innanzitutto l’inammissibilita’ di un quesito che nella sostanza delle cose contiene una mera petizione di principio senza porsi peraltro in relazione con le ragioni della decisione, fondata sul rilievo che nella specie il professionista aveva svolto la propria attivita’ di medico convenzionato senza l’ausilio di personale dipendente e senza attrezzature ed arredi di ufficio di rilevante valore.

Giova aggiungere che il presupposto dell’imposta in esame deve essere individuato nella capacita’ produttiva “impersonale ed aggiuntiva” rispetto a quella propria dei professionista, cioe’ in quella struttura organizzativa che – al di la’ dei mezzi indispensabili al mestiere – risulti in grado di realizzare un “incremento potenziale” della produttivita’ derivante dalla mera “auto organizzazione” del lavoro personale (Cass. 7899/07).

Questa Corte con indirizzo ormai consolidato ha avuto modo di affermare il principio secondo cui, “il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:

a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interesse;

b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni. (Sez. Un. n. 12111/09, n. 12108/09, n. 8177/07, n. 3677/07).

Cio’ premesso, giova sottolineare che nella vicenda in esame il giudice di merito ha escluso la ricorrenza delle condizioni in parola con accertamento congruamente motivato, fondato non solo sull’assenza di collaboratori e dipendenti ma anche sulla mancanza di attrezzature ed arredi d’ufficio di rilevante valore.

Ora, attenendo la valutazione degli elementi di prova e l’apprezzamento dei fatti al libero convincimento del giudice di merito, deve ritenersi preclusa ogni possibilita’ per questa Corte di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa.

Con la conseguenza ulteriore che il ricorso per Cassazione, proposto dall’Agenzia, siccome manifestamente infondato, deve essere rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di questo giudizio in quanto l’orientamento giurisprudenziale riportato si e’ consolidato solo dopo l’introduzione della lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimita’.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2010

 

 

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