Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10579 del 13/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 13/05/2011, (ud. 09/03/2011, dep. 13/05/2011), n.10579

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

AEPER COOP SOCIALE SRL;

– intimato –

sul ricorso 23044-2006 proposto da:

COOPERATIVA SOCIALE AEPER, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA NAZIONALE 75 presso lo

studio dell’avvocato GEROSA ROBERTO, rappresentato e difeso

dall’avvocato TRIFONI PATRIZIO, giusta delega a margine;

– controricorrente e ricorrente inc. –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 134/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 09/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2011 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato FIORENTINO SERGIO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato SCIUNE’ PAOLO per delega Avv.

TRIFONI, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

il rigetto del ricorso principale, assorbito l’incidentale in

subordine il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Sulla base di un accertamento svolto dalla Guardia di Finanza nel 1999, nel 2000 l’ufficio delle imposte dirette di Bergamo notificava alla cooperativa sociale A.E.P.E.R. sette avvisi di accertamento, tre per recupero imposte IRPEG ed ILOR per gli anni 1995, 1996, 1997, due concernenti la imposta patrimoniale per gli anni 1996 e 1997, tre riguardanti le ritenute alla fonte operate negli stessi anni 1995, 1996, 1997. Gli avvisi erano impugnati dalla Cooperativa, e la Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo li annullava sul rilievo, ritenuto assorbente, che erano stati emessi senza avere richiesto ed ottenuto il parere del Ministero del Lavoro previsto dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 14. L’Ufficio proponeva appello e la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia pur ritenendo non necessario il parere del Ministero del Lavoro confermava la decisione di primo grado per motivi di merito, ritenendo insussistenti i fatti contestati.

Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione, con un motivo, il Ministero della Economia e delle Finanze e la Agenzia della Entrate. Resiste la cooperativa con controricorso e formula ricorso incidentale condizionato con un motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, i ricorsi principale ed incidentale devono essere riuniti ex art. 335 c.p.c..

Va quindi rilevata la inammissibilità del ricorso principale proposto dal Ministero della Economia e della Finanze: nel caso di specie al giudizio innanzi la Commissione Regionale ha partecipato l’ufficio periferico di Bergamo della Agenzia delle Entrate, successore a titolo particolare del Ministero, ed il contraddittorio è stato accettato dal contribuente senza sollevare alcuna eccezione sulla mancata partecipazione del Ministero, che così risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte, (ex plurimis v. Cass. n. 3557/2005) estromesso implicitamente dal giudizio, con la conseguenza che la legittimazione a proporre ricorso per cassazione sussisteva unicamente in capo alla Agenzia. Le spese devono essere compensate tra le parti, in relazione alla incertezza giurisprudenziale esistente all’epoca.

Con l’unico motivo la Agenzia deduce difetto di motivazione, ex art 360 c.p.c., n. 5, sostenendo che la Commissione aveva espresso una motivazione che richiamava in modo acritico una sentenza penale, senza alcuna valutazione propria, e ciò solo in relazione alla asserita distribuzione di utili, laddove gli accertamenti, come riconosciuto dalle stessa sentenza impugnata, concernevano anche altre irregolarità, (mancata contabilizzazione di ricavi, mancata dichiarazione di interessi attivi, esposizione di ammortamenti eccessivi, mancata effettuazione di ritenute su compensi erogati), di cui nulla era detto.

La Cooperativa contesta la fondatezza delle asserzioni dell’Ufficio, e formula un motivo di ricorso incidentale condizionato, fondato su due distinti rilievi.

Con il primo deduce insufficiente motivazione della sentenza in ordine alla eccezione svolta in appello, in relazione alla inammissibilità del gravame dell’Ufficio D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53, comma 1, per omessa specificazione dei motivi, essendo stata riprodotta nell’atto di appello la stessa narrativa delle controdeduzioni in primo grado. Con il secondo, deduce insufficiente motivazione, in ordine alla necessità del preventivo parere da parte del Ministero del Lavoro, di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 14, ai fini della validità dell’avviso di accertamento, semplicemente negata dal giudice di appello.

Il motivo del ricorso principale è fondato.

E’ infatti “ius receptum” che la efficacia vincolante del giudicato penale (peraltro in sentenza nemmeno indicato) ai sensi dell’art 654 c.p.c. non opera nel processo tributano, perchè in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova, (come il divieto di prova testimoniale) e, dall’altro, possono valere anche presunzioni di per sè inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna (v. per tutte Cass. n. 3724 del 2010).E ciò anche in relazione alla ricostruzione del fatto. Per cui, appare carente la motivazione della commissione di appello che si limita a recepire l’esito di una sentenza penale dando valore di giudicato alla asserzione del giudice penale che non vi era stata distribuzione di utili (asserzione dichiaratamente condivisa dalla Commissione, che afferma trattarsi di rimborsi spese in modo apodittico e come ” obiter dictum” senza alcun riferimento ai fatti di causa) tralasciando del tutto la trattazione degli altri motivi di illecito contestati dall’Ufficio, di cui la stessa sentenza impugnata da atto.

Il motivo di ricorso incidentale è infondato sotto il primo profilo ed inammissibile per il secondo.

Per il primo, la asserzione della Commissione che l’Ufficio aveva specificamente contestato in appello l’unica ragione fondante la sentenza di primo grado ovvero la necessità, ritenuta dal primo giudice, della previa acquisizione del parere del Ministero del Lavoro, ex art. 14 cit, e che pertanto la eccezione di mancanza di specificità dei motivi era infondata, non è stata contestata nel merito dal mezzo di impugnazione, che si limita a far leva sulla asserita trascrizione nell’atto di appello della deduzioni di primo grado, fatto in sè consentito. E’ infatti assodato che i fini della specificità dei motivi richiesta dall’art. 342 cod. proc. civ., (e dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53) l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno dell’appello, possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purchè ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. n. 28057 del 2008, Cass. n. 22123/09). La motivazione del giudice di appello è pertanto conforme a tale principio.

Il secondo è inammissibile sia in quanto nella forma di difetto di motivazione si contesta in realtà un punto di diritto, ovvero la obbligatorietà o meno del preventivo parere del Ministero del Lavoro per la validità dell’avviso di accertamento, di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 14, ove si controverta sulla esistenza dei requisiti di mutualità della Cooperativa (necessità peraltro esclusa da Cass. n. 4605/02, che rileva come il parere non sia richiesto a pena di nullità, e ritenuta esistente solo in fase di costituzione della Cooperativa da Cass. n. 5373 del 2004) ed inoltre appare carente di autosufficienza, in quanto per sostenere la carenza motiva della asserzione della commissione che la questione non verteva sui requisiti di mutualità ma su attività non rientranti in tali scopi, si limita a citare asserzioni svolte in appello dall’Ufficio senza spiegare i motivi concreti per cui la controversia dovesse interessare la stessa sussistenza del requisito di mutualità in capo alla Cooperativa.

Il ricorso principale deve quindi essere accolto e quello incidentale rigettato.

La sentenza deve quindi essere cassata in relazione al motivo accolto e rinviata per nuovo esame a diversa sezione della CTR della Lombardia, che provvederà anche sulle spese di questa fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso del Ministero e compensa le relative spese; accoglie il ricorso principale della Agenzia e respinge quello incidentale del contribuente; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2011

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