Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10579 del 04/06/2020

Cassazione civile sez. un., 04/06/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 04/06/2020), n.10579

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21963/2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in qualità di successore a

titolo universale di Equitalia Sud s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA BARBERINI 12, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO MARIA

PAPA MALATESTA, rappresentata e difesa dall’avvocato GIANFRANCO

IVANCICH;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO presso la

Corte dei Conti, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

e contro

PROCURA PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA CAMPANIA DELLA CORTE

DEI CONTI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 123/2018 della CORTE DEI CONTI – I SEZIONE

GIURISDIZIONALE CENTRALE – ROMA, depositata il 19/03/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/01/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’avvocato Francesca Marchetti per delega dell’avvocato

Gianfranco Ivanchich.

Fatto

FATTI DI CAUSA

All’esito di azione contabile promossa dalla Procura regionale della Corte dei Conti della Campania la Società Equitalia Sud S.p.a. veniva condannata, con sentenza n. 1154/2015 dalla locale adita Sezione giurisdizionale, al risarcimento di danno erariale con pagamento della somma di Euro 8.495.789,00 in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Detto risarcimento traeva la sua origine dell’avvenuto accertato non dovuto rimborso di imposte dirette (concernenti, più in particolare, quaranta pratiche relative agli anni di imposta 1996 e 1997, con rimborsi indebitamente erogati nel 1998 nel distretto di Benevento).

La società condannata interponeva appello avverso la succitata sentenza, deducendo preliminarmente (e per quanto ancora rileva oggi) l’improponibilità della azione di responsabilità e, quindi, la carenza di giurisdizione contabile.

Tanto in ragione di addotto precedente giudicato formatosi, secondo parte appellante, sul medesimo rapporto controverso con sentenza del Giudice amministrativo (T.A.R. Lazio n. 2987/2003).

Con sentenza n. 123/2018, la Sezione Giurisdizionale Centrale della Corte dei Conti disattendeva la suddetta preliminare deduzione e rigettava l’interposto gravame.

L’Agenzia delle entrate – Riscossione, quale successore universale della società dapprima evocata in giudizio, ricorre oggi con atto affidato ad un unico motivo, per la cassazione della detta sentenza di appello insistendo, ai sensi dell’art. 111 Cost. e dell’art. 362 c.p.c., nel difetto di giurisdizione della Corte dei Conti.

Resiste con controricorso la Procura Generale della Corte dei Conti. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- L’unico articolato motivo del ricorso si fonda, in sostanza, sulla pretesa esistenza di un pregresso giudicato ostativo alla ipotizzabilità di giurisdizione contabile.

Tanto per effetto della citata precedente sentenza del T.A.R. Lazio. Il motivo è del tutto infondato.

E’ nota la differenza, per funzioni e scopi, della giurisdizione amministrativa rispetto a quella contabile.

L’autonomia strutturale che l’ordinamento assegna, in particolare, alla giurisdizione contabile preclude ogni possibilità di rinvenire, come si pretenderebbe col ricorso in esame, un intervenuto giudicato amministrativo per effetto di decisione del Giudice amministrativo. Quest’ultimo, infatti, giudica sulla legittimità di atti amministrativi e non sulla dannosità e la ricorrenza di ipotesi di danno erariale.

In proposito vanno riaffermati i condivisi principi già enunciati da questa Corte e secondo i quali, anche per gli stessi fatti, vi è totale autonomia – in virtù del noto principio ordinamentale e generale di autonomia delle giurisdizioni – fra il giudizio contabile ed altri giudizi di diversa natura e funzione (ex plurimis: Cass. S.U. n.ri 15046/2009, 20701/2013, 10774/2018).

In particolare la sussistenza della giurisdizione del Giudice contabile nell’ipotesi di danno erariale cagionato da concessionario per la riscossione di tributi (già affermata con la nota pronuncia di Cass. S.U. n.ri 10667/2009) è stata, più di recente, ribadita ulteriormente da altra pronuncia, secondo la quale “la società concessionaria del servizio di riscossione delle imposte, in quanto incaricata, in virtù di una concessione contratto, di riscuotere denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici, del quale la stessa ha il maneggio nel periodo compreso tra la riscossione ed il versamento, riveste la qualifica di agente contabile, ed ogni controversia tra essa e l’ente impositore, che abbia ad oggetto la verifica dei rapporti di dare e avere e il risultato finale di tali rapporti, dà luogo ad un “giudizio di conto” (Cass. S.U. 18 giugno 2018, n. 16014).

2.- Il motivo va, dunque, respinto.

3.- Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

4.- Nulla deve statuirsi quanto alle spese del giudizio stante la natura di parte solo in senso formale dell’intimata Procura Generale della Cote dei Conti.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 28 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2020

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