Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10577 del 30/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/04/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 30/04/2010), n.10577

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 638-2007 proposto da:

S.R., E.V., elettivamente domiciliati in

ROMA VIA CRESCENZIO 54 presso lo studio dell’avvocato SFERRA CARINI

ANTONIO, che li rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CERVETERI, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA SESTIO CALVINO 33 presso lo

studio dell’avvocato CANNAS LUCIANA, che lo rappresenta e difende

giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 51/2006 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 12/06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/02/2010 dal Consigliere Dott. GIACALONE Giovanni;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO WLADIMIRO, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La controversia ha ad oggetto l’impugnativa proposta dai contribuenti sopra indicati avverso l’avviso di liquidazione dell’ICI relativo al 1998.

La C.T.P. respingeva il ricorso e la C.T.R., riunito all’originario anche il procedimento relativo al ricorso del coniuge del contribuente, confermava la sentenza di primo grado, ribadendo – per quanto ancora rileva – che la pretesa non si basava su una nuova rendita, bensi’ sul recupero da parte del Comune del parziale versamento dell’imposta effettuato dal contribuente per il 1998.

Avverso tale decisione, i contribuenti propongono ricorso per cassazione, con sedici motivi;

il Comune resiste con controricorso, chiedendo il rigetto del ricorso.

I difensori non sono intervenuti all’odierna udienza, nonostante siano stati ritualmente avvisati (quello del ricorrente a norma dell’art. 140 c.p.c., con mancato ritiro del plico per compiuta giacenza).

Con il primo motivo, deducendo violazione di numerose norme di legge, i contribuenti chiedono alla Corte di verificare se, in ipotesi di presentazione al Comune dell’atto con cui essi comunicavano la variazione della consistenza immobiliare “estintiva”, in base alla lettera dell’atto secondo la formulazione del modello comunale prestampato, l’interpretazione dello stesso da parte della CTR avrebbe dovuto essere di comunicazione di avvenuta cessione in conformita’ degli artt. 1324, 1362 e 1366 c.c., D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 4, D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. l).

Con l’undicesimo motivo, la questione viene proposta anche sotto il profilo dell’omessa motivazione su fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5).

Con il secondo motivo, deducendo violazione degli artt. 116, 276, e 277 c.p.c, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 35, comma 3 e art. 36, comma 2, n. 4 lamentano che la CTR avrebbe apoditticamente respinto il motivo di gravame relativo all’interpretazione della comunicazione di variazione e degli altri atti richiamati, senza vagliare adeguatamente gli stessi.

Con il terzo motivo, deducendo violazione degli artt. 116, 276, e 277 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 35, comma 3 e art. 36, comma 2, n. 4, e L. n. 342 del 2000, art. 74, commi 1 e 3, lamentano che la C.T.R. non avrebbe valutato adeguatamente il materiale probatorio indicato – non sussistendo l’atto presupposto (da adottarsi entro il 31.12.99) di modifica della rendita da parte dell’Agenzia del territorio, con conseguente impossibilita’ di emanazione dell’atto impositivo da parte del Comune – ne’ avendo la Commissione congruamente motivato sul punto.

Col dodicesimo motivo, la questione viene proposta anche sotto il profilo dell’omessa motivazione su fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5).

Col quarto motivo, deducendo violazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, commi 1 e 3, D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 35, comma 3, art. 36, comma 2, n. 4, artt. 276 e 277 c.p.c., lamentano che la C.T.R. avrebbe erroneamente ed immotivatamente ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento (e non di semplice liquidazione) nonostante fossero stai emessi senza previo recepimento dell’inesistente atto di attribuzione di nuova rendita.

Col quinto motivo, deducendo violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, commi 2 e 2 bis, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 35, comma 3, art. 36, comma 2, n. 4, art. 277 c.p.c., lamentano che la C.T.R. non avrebbe pronunciato circa l’assoluta carenza di motivazione degli avvisi di liquidazione.

Col sesto motivo, deducendo violazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, commi 1 e 3, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 35, comma 3, art. 36, comma 2, n. 4, art. 277 c.p.c., lamentano che la C.T.R. non avrebbe motivato sull’eccezione, spiegata nei motivi di appello, d’incompetenza e carenza di potere del Comune nell’emanazione dell’atto impositivo in mancanza di attribuzione di nuova rendita da parte dell’Agenzia.

Col tredicesimo motivo, la questione viene proposta anche sotto il profilo dell’omessa motivazione su fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5).

Col settimo motivo, deducendo violazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 3, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 35, comma 3, art. 36, comma 2, n. 4, art. 277 c.p.c., lamentano che la C.T.R. non avrebbe pronunciato sull’eccezione, proposta in appello, secondo cui il mancato recepimento negli avvisi del provvedimento di attribuzione della nuova rendita catastale ostava a che gli avvisi costituissero atti di notifica della nuova rendita agli interessati, non potendo assolvere a detta funzione.

Col quattordicesimo motivo, la questione viene proposta anche sotto il profilo dell’omessa motivazione su fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5).

Con l’ottavo motivo, deducono violazione dell’art. 2946 c.c., D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, per non avere la CTR pronunciato in ordine sull’eccezione, proposta in appello, circa la prescrizione o decadenza del Comune dalla possibilita’ di richiedere l’esibizione del modello 740/93, formulata dall’ente locale all’atto della costituzione in primo grado il 5.2.04.

Con il nono motivo, deducendo violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23 e art. 36, comma 2, n. 4, lamentano che la CTR avrebbe omesso di pronunciare sulla tardivita’ della costituzione del Comune in appello, avvenuta il 27.12.05, anziche’ entro il 14.11.2005, con conseguente impossibilita’ di tenere conto delle eccezioni, richieste e documentazione prodotta irritualmente.

Con il quindicesimo motivo, la stesse questioni di cui a questi due ultimi motivi viene proposta sotto il profilo dell’omessa motivazione su fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5.).

Con il decimo motivo, deducendo “violazione e falsa applicazione della giurisprudenza delle Commissioni tributarie in materia di ICI” ex art. 360 c.p.c., n. 3, lamentano che la sentenza impugnata non indica i motivi di assenso o dissenso rispetto alla giurisprudenza richiamata negli atti degli allora appellanti.

Col il sedicesimo motivo, analoga doglianza viene proposta sotto il profilo dell’omessa motivazione su fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5).

Il ricorso si rivela privo di pregio sotto ogni profilo.

Gli ultimi sei motivi – che denunciano vizi motivazionali – sono inammissibili, per violazione dell’art. 366 bis, non contenendo la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa, ovvero delle ragioni per le quali l’insufficienza della motivazione rende la sentenza inidonea a giustificare la decisione, in quanto manca in essi una parte specificamente e riassuntivamente destinata a detto fine (Cass. 16002/07; S.U. 20603/07; 4961/08; 8897/08; 4556/09).

In ordine alle altre censure, la C.T.R., ribadendo quanto affermato dai primi giudici, riteneva che l’avviso di liquidazione non si riferiva ad attribuzione di nuova rendita, ma al recupero da parte del Comune del parziale versamento dell’ICI effettuato dal contribuente per il 1998.

Secondo il Comune, il ricalcolo del dovuto era conseguente a dichiarazione di variazione ICI presentata dai contribuenti.

Rispetto a tale ricostruzione della fattispecie – sia pure sinteticamente espressa – le censure di cui ai motivi dal 1^ al 4^, nonche’ 11^ e 12^ (gia’ ex se inammissibili, come si e’ visto) si limitano a riproporre un’inammissibile diversa lettura delle risultanze di causa.

Invero, deve ribadirsi che l’accertamento della volonta’ dei soggetti in relazione al contenuto di una dichiarazione costituisce indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito; ne consegue che detto accertamento e’ censurabile in sede di legittimita’ solo nel caso in cui la motivazione non consenta la ricostruzione dell’iter logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire alla dichiarazione un determinato significato, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche stabilite dagli artt. 1362 c.c. ss.; quest’ultima violazione deve dedursi – diversamente da quanto avvenuto nella specie – con la specifica indicazione nel ricorso per Cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia da esse discostato, perche’ altrimenti la ricostruzione del contenuto della volonta’ delle parti si traduce nella proposta di una diversa interpretazione, inammissibile in sede di legittimita’ (Cass. 20593/04; 12468/04; 12518/01; 8846/87; 2872/87.

Del resto, anche ove fosse stato ritualmente dedotto, il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 non conferisce a questa Corte il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa ma solo quello di controllare sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica – in relazione ad un punto decisivo della controversia – le argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale esclusivamente spetta individuare le fonti del proprio convincimento, esaminare le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute piu’ idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare la prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvi i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 16955/07; 15675/04; 5806/00).

Lo stesso dicasi per il quinto, il sesto, il settimo, tredicesimo ed il quattordicesimo motivo, con i quali vengono, in sostanza, inammissibilmente dedotte delle omesse pronunzie – senza denunciare peraltro la violazione dell’art. 142 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 4 – rispetto a questioni non dedotte in primo grado (stando al testo del ricorso introduttivo riprodotto in quello per cassazione e, quanto alla settima censura, per ammissione degli stessi ricorrenti) quali l’assoluta carenza di motivazione degli avvisi si liquidazione e l’incompetenza del Comune e, comunque, tutte basate su una ricostruzione della fattispecie (asserita applicazione di nuova rendita senza previo intervento dell’Agenzia del territorio) smentita dai giudici di merito e non adeguatamente censurata in questa sede.

D’altra parte, la denuncia di “travisamento del fatto”, prospettata dai contribuenti in appello (p. 7 dell’odierno ricorso) – e che, pur non esplicitamente menzionata, e’ sostanzialmente alla base delle censure fin qui esaminate – costituisce motivo di revocazione (art. 395 c.p.c.) non di ricorso per cassazione ed e’ incompatibile con il giudizio di legittimita’, perche’ implica la valutazione di un complesso di circostanze che comportano il rischio di una rivalutazione del fatto non consentita in questa sede (Cass. n. 12362/06; 5251/06).

Anche l’ottavo, il nono (come il quindicesimo) motivo non colgono nel segno, essendo formulati in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non avendo i ricorrenti nulla dedotto in ordine alla decisivita’ dei fatti oggetto degli asseriti vizi.

Infatti, la richiesta di esibire la dichiarazione dei redditi era stata formulata dal Comune solo ai fine di eventuale componimento della vertenza in punto sanzioni e non influenzava, quindi, l’oggetto principale della pretesa; e non e’ neanche prospettabile, cosi’, una violazione delle norme sulla prescrizione.

Quanto alla tardivita’ della costituzione dell’ente impositore in appello, la parte privata non ha dedotto quale concreto pregiudizio ne sarebbe derivato al proprio diritto di difesa, senza contare che, in quella fase, se ne era genericamente doluta, affinche’ non fossero prese in considerazione “ne’ la difesa, ne’ le deduzioni, ne’ le eccezioni, ne’ la documentazione dedotta e prodotta”, consistente, quest’ultima, nelle copie di alcune sentenze tributarie di merito.

E’ inammissibile l’atipica censura di cui ai motivi decimo e sedicesimo, non essendo prospettabile come motivo di ricorso, sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., ne’ il n. 3 ne’ il n. 5 l’asserita violazione di non meglio precisati orientamenti giurisprudenziali.

La censura di omessa indicazione delle conclusioni delle parti nella sentenza impugnata, formulata in rapporto agli ultimi sei motivi, e’ infondata, dovendosi ribadire che L’omessa trascrizione delle richieste delle parti in sentenza ne importa la nullita’ soltanto quando le suddette richieste non siano state esaminate, di modo che sia mancata in concreto una decisione sulle domande ed eccezioni ritualmente proposte, mentre quando dalla motivazione risulti – come nella specie – che le conclusioni sono state esaminate, il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della validita’ della sentenza (Cass. 20469/05; 4079/05; 13785/04;

1170/04; 14095/02; 5024/02; 4240/99; 6143/96).

S’impone, pertanto, il rigetto del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 600,00 di cui Euro 400,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2010

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