Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10576 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. III, 21/04/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 21/04/2021), n.10576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29829-2019 proposto da:

U.S., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio

dell’avv. MASSIMO GOTI, che lo rappresenta e difende per procura

speciale in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO

PROTEZIONE INTERNAZIONALE;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il

13/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2020 dal Consigliere Dott. RUBINO LINA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

U.S., cittadino del Bangladesh, propone ricorso nei confronti del Ministero dell’Interno, notificato il 2.8.2019, articolato in due motivi, avverso il decreto n. 3210/2019 del Tribunale di Bologna, pubblicato in data 13.7.2019, con il quale il tribunale gli ha negato lo status di rifugiato e ha ritenuto non sussistere il suo diritto nè alla protezione sussidiaria nè alla protezione umanitaria. Della propria vicenda personale e processuale, nella parte del ricorso dedicata alla esposizione sommaria, non riferisce alcunchè, passa direttamente ad esporre i motivi di ricorso.

Il Ministero ha depositato tardivamente una comunicazione con la quale si dichiara disponibile alla partecipazione alla discussione orale.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. B) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo, consistente nella situazione del suo paese di provenienza. Sostiene che il tribunale avrebbe sottovalutato la riferita circostanza che il ricorrente contraeva un prestito con un usuraio per poter partire, in quanto avrebbe sottovalutato che l’usura costituisce una piaga sociale in Bangladesh e che gli usurai utilizzano diversi strumenti di prevaricazione, anche a danno delle famiglie dei debitori, per ottenere la restituzione dei prestiti concessi. Quindi, sostiene che, provata la contrazione del debito e allegata l’impossibilità di restituirlo, il tribunale avrebbe dovuto indagare sul fatto che il ricorrente potesse essere esposto ad un grave danno in caso di rientro in patria, non limitandosi a considerare la vicenda come privata, in quanto è noto che le autorità non sono in grado di contrastare adeguatamente il fenomeno offrendo protezione alla popolazione.

Il motivo è inammissibile, perchè non si confronta affatto con la sentenza impugnata e con le affermazioni in essa contenute, limitandosi a contrapporre una propria, diversa, diversa valutazione degli elementi di fatto.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione alla mancata concessione della richiesta protezione umanitaria.

Il motivo è inammissibile.

Il giudizio di comparazione è stato effettuato e all’esito di esso il tribunale non lo ha ritenuto vulnerabile, considerata l’età, il permanente radicamento in patria, il rapporto tuttora esistente con la famiglia di origine e dall’altra parte, il lavoro in Italia, che denota un inserimento ma non attesta di per sè una situazione di particolare vulnerabilità in caso di rimpatrio: è una valutazione compiuta secondo i criteri di legge, all’esito del giudizio di comparazione, a conclusione della quale il tribunale ritiene che il ricorrente abbia lasciato il suo paese non per una grave compromissione dei suoi diritti umani ma per mere ragioni economiche: il ricorrente non fa che contrapporre ad essa una propria diversa valutazione.

Nulla sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e il ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravato dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater e comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

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