Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10574 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. III, 21/04/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 21/04/2021), n.10574

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29653-2019 proposto da:

K.B., elettivamente domiciliato in Napoli, centro

direzionale is. F12, presso lo studio dell’avv. CLEMENTINA DI ROSA,

che lo rappresenta e difende come da procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO

PROTEZIONE INTERNAZIONALE SALERNO SEZ I NAPOLI;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 17/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2020 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

K.B., cittadina della (OMISSIS), propone ricorso nei confronti del Ministero dell’Interno, notificato il 10.10.2019, articolato in quattro motivi, avverso il decreto n. 6603/2019 del Tribunale di Napoli, pubblicato in data 17.9.2019, con il quale il tribunale le ha negato lo status di rifugiato e ha ritenuto non sussistere il suo diritto nè alla protezione sussidiaria nè alla protezione umanitaria.

Evidenzia che la sua grave situazione sanitaria, in quanto ipovedente ed affetta da un importante episodio ischemico, sia stata sottovalutata.

Della propria vicenda personale e processuale, nella parte del ricorso dedicata alla esposizione sommaria, narra di essere stata sposata con un marito musulmano che la maltrattava, di essere fuggita col suo ex fidanzato (OMISSIS) in Libia, ove i due riuscivano a sposarsi, ma venivano poi imprigionati e torturati, cosicchè decidevano di fuggire nuovamente, alla volta dell’Italia. La vicenda personale della ricorrente è stata ritenuta non credibile circa i motivi che l’hanno determinata all’espatrio. Il tribunale, del quale è riportato l’intero provvedimento, ha ritenuto non sussistessero i presupposti per la concessione di nessuna delle misure di protezione richieste.

Il Ministero ha depositato tardivamente una comunicazione con la quale si dichiara disponibile alla partecipazione alla discussione orale.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.

Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,14 e 17 laddove non le è stato riconosciuto lo status di rifugiato, avendo il tribunale negato che le sue vicende personali fossero inquadrabili nell’ambito delle persecuzioni.

Il motivo è inammissibile, in quanto si limita ad una ricostruzione meramente teorica del tipo di protezione richiesta, che prescinde da una critica ai passi del decreto impugnato e da una concretizzazione delle censure di violazione di legge in relazione a quanto effettivamente affermato nel provvedimento.

Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione alla mancata concessione della richiesta protezione umanitaria.

Anche questo motivo è inammissibile, totalmente generico, si limita ad asserire che il tribunale non avrebbe tenuto conto della situazione effettiva del paese di origine nè delle violenze patite nei paesi di transito, senza alcun riferimento nè alla decisione e neppure alla sua stessa vicenda personale.

Con il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis. Riporta la normativa di riferimento, indica alcuni precedenti giurisprudenziali quindi sostiene che il decreto impugnato non contenga un’esatta e compiuta disamina del quadro socio politico di riferimento, in violazione della richiamata normativa. Afferma che non avrebbe individuato la situazione effettiva della (OMISSIS), la condizione precaria di sicurezza, la diffusione di arresti arbitrari, la presenza di forze irregolari e bande armate, quali emergerebbero dalle Coi (Country of Origin Informations) più aggiornate. Vengono citati e trascritti per pagine e pagine report internazionali relativi alla situazione sanitaria, all’emergenza carceraria, al sistema giudiziario, alla situazione delle persone LGBT, ma la ricorrente non cala le sue affermazioni alla critica concreta di questo provvedimento impugnato e alla sua motivazione, in relazione alla personale vicenda e condizione della ricorrente e ai fatti da essa stessa raccontati. Non è neppure chiarito, in effetti, se con il motivo si denunci la mancata concessione della protezione sussidiaria a causa delle persecuzioni subite, o a causa delle condizioni di violenza generalizzata ed indiscriminata esistenti nel paese, ipotesi differenti, soggette a diverse regole di accertamento.

Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in quanto il tribunale, nel decreto impugnato, avrebbe omesso ogni tipo di pronuncia sugli elementi di vulnerabilità soggettiva e oggettiva offerti dalla ricorrente alla sua considerazione, consistenti nel pericolo jihadista, nella particolare situazione storico politica, del rischio di divenire oggetto di violenze private, della mancata considerazione della sua volontà di evolvere in meglio le sue condizioni di vita.

Anche in riferimento a questo motivo, le argomentazioni sono assolutamente generiche, del tutto scisse dalla sua vicenda personale e da alcun confronto con i passi della motivazione impugnata.

A ciò si aggiunga che il ricorso contiene numerose imprecisioni e riporta elementi della vicenda personale contraddittori rispetto alle stesse argomentazioni svolte: numerose volte nel corso del testo del ricorso, troppe per esser frutto di un mero errore materiale, si parla della situazione “del” ricorrente anzichè “della” ricorrente, si fa riferimento a circostanze non attinenti al suo narrato (la giovane età), si dice che ha una infermità personale, e poi che è esposta al pericolo (OMISSIS), sicchè, in aggiunta alla genericità delle contestazioni, si ha l’impressione di essere davanti non alla difesa di una singola situazione processuale, ma di una difesa generica ed astratta, utilizzata come modello da calare in tutte le varie situazioni, ovvero alla fusione di diversi ricorsi, relativi a persone diverse con profili di vulnerabilità anch’essi differenti.

Nulla sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater e comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

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